martedì 02 Dicembre 2025
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La conciliazione vita-lavoro al centro del Comitato impresa donna al Mimit Picca Bianchi, Fipe: necessari nuovi strumenti per sostenere la maternità

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fipe Comitato Impresa Donna
Il Comitato impresa donna (immagine concessa)

ROMA – “Supportare e incoraggiare la maternità nell’ambito imprenditoriale significa abbracciare l’empowerment femminile e promuovere un futuro di uguaglianza di genere. L’equilibrio tra la gestione di un’azienda e la cura dei figli, infatti, richiede una pianificazione e una flessibilità costanti che, senza un supporto adeguato, rischiano di far diventare queste attività un’impresa titanica. Per questi motivi intendiamo lavorare fianco a fianco con il Governo al fine di individuare gli strumenti opportuni per dare un’identità precisa all’impresa femminile e per permettere alle migliaia di imprenditrici presenti in Italia di poter guidare e amministrare le proprie attività senza dover necessariamente rinunciare alla famiglia, e viceversa”.

Lo ha dichiarato Valentina Picca Bianchi, Presidente del Gruppo donne imprenditrici di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana pubblici esercizi, in occasione della riunione del Comitato impresa donna che si è tenuta mercoledì 12 luglio, presso la sede del Ministero delle imprese e del Made in Italy.

Fipe al Comitato impresa donna

Un tavolo inclusivo, in cui erano presenti anche Unioncamere e Invitalia, al quale per la prima volta hanno partecipato tutte le insegne per raggiungere l’obiettivo di riconoscere la parità di diritti e trattamenti sia per le imprenditrici che per le dipendenti che si trovino in maternità e in gravidanza.

“Oggi è quanto mai necessario – ha continuato Picca Bianchi – rilanciare l’impresa al femminile e portata al passo coi tempi. Le attività guidate da donne, d’altronde, possono rappresentare un grande punto a favore per lo sviluppo e la crescita dell’economia del nostro Paese”, ha concluso.

Il Comitato impresa donna è gruppo di lavoro istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico – oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy – con l’obiettivo di favorire la partecipazione attiva all’esecuzione e al monitoraggio dei provvedimenti a sostegno dell’imprenditoria femminile mirati a incentivare, anche attraverso le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, le donne ad avviare nuove attività nel mondo delle imprese.

Istituto del gelato italiano: quello industriale a +4,7% nel 2022 con oltre 3,8 mld di porzioni

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Un gelato confezionato (immagine: Pixabay)

MILANO – Continua il trend positivo di crescita del settore dei gelati industriali. Secondo i dati raccolti dall’IGI – Istituto del gelato italiano nel periodo gennaio-dicembre 2022 le vendite di gelato industriale nel nostro Paese si sono attestate oltre i 3,8 miliardi di porzioni con un rialzo del 4,7%** sullo stesso periodo del 2021.

Spacchettando il dato aggregato fornito dall’IGI, Istituto cui aderiscono le più importanti aziende gelatiere italiane allo scopo di promuovere la conoscenza delle caratteristiche qualitative e del valore nutritivo del gelato confezionato, emergono in tutta evidenza la forte ripresa dei volumi di vendita nell’out of home, dove si registra un aumento del +20%* e un discreto incremento anche del canale Retail +3%*.

Il trend positivo di crescita del settore dei gelati industriali

Per i consumi fuori casa si tratta di una conferma del trend iniziato nel 2021 dopo la brusca contrazione avvenuta nel 2020 a seguito delle restrizioni alla socialità e alle attività del settore horeca imposte con il lockdown nazionale e le successive misure di contenimento della pandemia. Stabili e con un lieve rialzo anche le vendite nella GDO che confermano la costanza di acquisto nel canale.

Le dinamiche di mercato del gelato confezionato sono ancora più chiare analizzando nel dettaglio l’andamento di alcune tipologie chiave. Nell’Out of Home hanno fatto la parte del leone lo sfuso (+37,4%*), le specialità da tavola in confezione singola (+28,5%*) e gelati da passeggio in confezioni singole (11,3%*). Nel canale Retail si conferma l’andamento positivo del segmento trainate dei multipack (+4,1%*), la buona ripresa di vaschette e secchielli (+1,6%*).

I numeri del gelato confezionato in Italia

A completare il quadro positivo per l’anno 2022 i dati di produzione a livello nazionale si attestano sulle 177.560 t.** per un valore di 1.867 milioni di euro**, con un +10,3% rispetto all’anno precedente, per un consumo pro-capite 2,18 kg**.

Ottimo anche l’export che registra un volume di 89.906 t.** per un valore di 357 milioni di euro** con una crescita del 14,6% rispetto al 2021. I dati sull’export testimoniamo il grande successo dei gelati italiani e confermano che l’Italia è in Europa e nel Mondo l’unico paese considerato “Patria del Gelato”.

“Siamo soddisfatti che i dati confermino l’andamento positivo del comparto, ci auguriamo che l’andamento positivo prosegua e si consolidi anche per il 2023, andando a completare il recupero dei volumi di vendita pre- Covid” – dichiara Michelangelo Giampietro, presidente Igi, medico dello sport e specialista in Scienza dell’Alimentazione. ”Non sottovalutiamo, ovviamente, le incognite legate all’andamento dell’economia nazionale, tuttavia confidiamo che gli eventuali fattori di instabilità saranno gestiti e superati senza discostarci dai binari di una ripresa duratura.”

(*) Dati Circana (Totale Italia + Discount) – Fonte Unione Italiana Food

(**) Fonte: Unione Italiana Food – anno 2022

La scheda sintetica dell’Istituto del gelato italiano

L’Istituto del gelato italiano nasce nel 1991 su iniziativa delle più importanti industrie gelatiere italiane con lo scopo di promuovere e diffondere la conoscenza delle caratteristiche di qualità, bontà e valore nutritivo dei prodotti della gelateria industriale prodotta e commercializzata in Italia.

Nel 1993 l’IGI mette a punto un Codice di Autodisciplina Produttiva che fissa dettagliatamente le regole di produzione della gelateria industriale in Italia garantendo un elevato standard qualitativo a tutti i prodotti. Il Codice IGI – periodicamente aggiornato per adeguarsi all’evoluzione delle normative e alle variate esigenze del consumatore – rappresenta ancora oggi in Italia, dopo quasi 30 anni dalla sua emanazione, l’unico esempio di Codice di Regolamentazione nel settore della gelateria.

Aeropress XL fa il suo debutto negli Stati Uniti con la caraffa multiuso in Tritan

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AeroPress XL
AeroPress XL (immagine concessa)

PALO ALTO, California (Usa) – AeroPress, il produttore dell’iconica caffettiera con oltre 45.000 recensioni a cinque stelle in più di 60 Paesi, annuncia il lancio ufficiale del suo prodotto più ambizioso di sempre: AeroPress XL. La nuova caffettiera ha una capacità doppia rispetto alle versioni AeroPress Original e Clear ed è caratterizzata con la stessa rivoluzionaria tecnologia di erogazione brevettata che ha reso AeroPress un brand a livello internazionale tra i baristi e i bevitori di caffè più esigenti.

Le funzionalità di AeroPress Xl

Il nuovo prodotto viene fornito con una caraffa multiuso realizzata in Tritan cristallino e infrangibile (con un valore di 19,95 dollari) e può preparare fino a sei tazzine d’espresso o fino a due tazze di caffè in una sola pressione.

Essendo l’unica caffettiera sul mercato che combina il meglio di tre tecniche di erogazione in un’unica pressa semplice da usare, i consumatori possono ottenere un’erogazione fresca e personalizzata in circa un minuto.

AeroPress XL si unisce ad AeroPress Original, AeroPress Go e AeroPress Clear come le uniche caffettiere progettate con cura per offrire un’esperienza di caffè unica e personalizzabile con il controllo completo su dimensione di macinatura, temperatura e tempo di immersione. Con un design portatile brevettato e un processo di erogazione incredibilmente veloce, le caffettiere AeroPress consentono agli utenti di creare caffè americano, latte, cold brew ed espresso in modo unico e delizioso, sempre e ovunque.

“Abbiamo ascoltato le richieste della nostra comunità per una caffettiera AeroPress con una maggiore capacità di erogazione e siamo entusiasti di soddisfare le loro esigenze con il debutto di AeroPress XL”, afferma il ceo Gerard Meyer. “Era fondamentale mantenere lo standard AeroPress per la preparazione di tazze di caffè impareggiabili con questo nuovo modello e siamo entusiasti di portare questo prodotto tanto atteso ai consumatori. È la soluzione perfetta per famiglie amanti del caffè, coinquilini e colleghi che vogliono preparare più tazze alla volta.”

AeroPress XL è ora disponibile negli Stati Uniti su REI e aeropress.com per 79,95 dollari e verrà lanciato su Amazon, rivenditori statunitensi selezionati e distributori internazionali nei prossimi mesi.

Brita presenta la nuova caraffa filtrante in vetro e i filtri Maxtra Pro

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La nuova caraffa filtrante in vetro Brita e il filtro Maxtra Pro (immagine concessa)

MILANO – Con l’obiettivo di continuare a fare cultura dell’acqua e avvicinare le persone sempre di più a scelte più rispettose dell’ambiente, Brita, azienda specializzata in sistemi di filtrazione dell’acqua, lancia la nuova caraffa in vetro con una capacità di 2,5 litri insieme all’evoluzione dei filtri Maxtra Pro.

Brita lancia la nuova caraffa filtrante in vetro con Maxtra Pro

Brita, avendo la sostenibilità nel proprio dna, è un brand attento alle esigenze del mercato e del Pianeta, orientato a consumatori sempre più consapevoli. I comportamenti dei consumatori, e in particolare il modo di consumare acqua, necessitano un cambiamento. In Italia, infatti, si stima un consumo di bottiglie di plastica monouso di circa 220 litri a testa l’anno, per una produzione totale di 250mila tonnellate di rifiuti l’anno.

L’uso di acqua del rubinetto con Brita diviene la soluzione per un comportamento consapevole, che offre anche un’occasione di risparmio: la spesa media di acqua in bottiglia in Italia è tra i 300 e i 700 € all’anno, oltre ai costi di trasporto e smaltimento. La maggior parte dei nostri comuni è in grado di offrire acqua potabile e controllata tutto l’anno, che può diventare perfetta anche a livello di durezza, sapore e quantità di cloro dopo un semplice filtraggio, oltre a ridurre impurità e metalli che possono arrivare ai nostri rubinetti.

La nuova caraffa in vetro di Brita è realizzata con il 60% di vetro borosilicato riciclato e l’imbuto è composto da plastica al 100% di origine biologica.

Il vetro riciclato della caraffa è leggero, resistente al calore, non assorbe odori o sapori e non scolorisce. Con questa caraffa filtrante Brita presenta un nuovo design elegante e moderno disponibile in due diversi colori: grigio chiaro e azzurro. Tutte le parti della caraffa, ad eccezione del coperchio, sono lavabili in lavastoviglie fino a 60°C.

La caraffa filtrante in vetro è equipaggiata con il filtro Maxtra Pro All-in-1, appartenente alla nuova generazione di filtri Brita. Grazie alla nuova maglia filtrante, i filtri Maxtra Pro sono 4 volte più efficaci nella riduzione delle microparticelle rispetto ai precedenti Maxtra+ e le materie prime di eccellenza permettono di filtrare fino a 150 litri di acqua. Grazie al pratico sistema LED SmartLight posizionato sul coperchio, sarà la stessa caraffa in vetro ad indicare quando è necessario cambiare il filtro in base al litraggio e al tempo.

Ad arricchire la gamma dei filtri Maxtra Pro All-In-1, ideale per gustare acqua buona da bere, è la variante Maxtra Pro Limescale Expert, adatta per preparare ottime bevande calde e preservare le apparecchiature, con una protezione dal calcare 50% migliore rispetto al filtro All-In-1.

Brita, si preoccupa che tutti i dettagli siano coerenti con il suo principio di sostenibilità, pertanto, l’imballaggio della caraffa di vetro è completamente riciclabile e i filtri Maxtra Pro, dal coperchio al corpo, sono prodotti con il 50% di plastica di origine biologica e certificata ISCC+. Prezzo indicativo della caraffa filtrante in vetro Brita: 59,99 €.

La scheda sintetica del Gruppo Brita

Con un fatturato totale di 664 milioni di euro nell’anno commerciale 2022 e 2.262 dipendenti in tutto il mondo (di cui 1.221 in Germania), il gruppo Brita è una delle aziende leader nell’ottimizzazione e personalizzazione dell’acqua potabile. Il suo marchio storico BRITA è leader nel mercato globale dei filtri per l’acqua.

L’azienda a conduzione familiare con sede a Taunusstein vicino a Wiesbaden conta 30 filiali e succursali nazionali e internazionali, partecipazioni, distribuzioni e partner industriali in 70 paesi nei cinque continenti.

Ha siti di produzione in Germania, Regno Unito, Italia e Cina. Fondata nel 1966, oggi l’azienda inventrice della caraffa filtrante per l’acqua domestica sviluppa, produce e distribuisce un’ampia gamma di soluzioni innovative per l’ottimizzazione dell’acqua potabile per uso privato (caraffe filtranti per l’acqua, sistemi a rubinetto e sottolavello, gasatori e Brita Integrated Solutions per piccoli e grandi elettrodomestici di produttori rinomati) e commerciale (settore alberghiero, ristoranti, catering e vending) oltre a erogatori di acqua di rete per uffici, scuole, ristoranti e il settore dell’assistenza sensibile all’igiene (ospedali, case di cura).

Dal 2016 Brita collabora con Whale and Dolphin Conservation (WDC) per proteggere gli oceani del mondo dai rifiuti di plastica, contribuendo così a proteggere balene e delfini.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

Carlos Medina Isamit, il miglior brewers del mondo: “Dal Cile una piccola luce che può ispirare gli altri Paesi dell’America Latina”

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Carlos Horacio Medina Isamit con il suo trofeo (foto concessa)
Carlos Horacio Medina Isamit con il suo trofeo (foto concessa)
MILANO – Abbiamo parlato con il nuovo campione mondiale della World Brewers Championship Carlos Horacio Medina Isamit: micro torrefattore nella sua Colibri Coffee Roasters Santiago del Cile, e ora esempio per tutti i futuri concorrenti dell’America Latina.

Isamit, lei ha iniziato a gareggiare nel 2018, questo è stato il secondo campionato mondiale che ha vissuto? Cosa è cambiato rispetto agli altri tentativi?

“La prima volta che ho gareggiato è stato per la gara baristi, ma siccome sono un concorrente indipendente e per i baristi c’è bisogno di un team enorme, più attrezzature e soldi, è stato difficile riprovarci. Per me, questa volta il brewer rappresentava un’opzione migliore. Naturalmente, amo il caffè preparato con questo metodo di estrazione ed è stata un’esperienza migliore, quindi sono felice della mia decisione.
È stato più interessante: forse hai meno spazio per giocare, ma puoi agire su aspetti diversi come l’acqua o la texture. Si può andare molto più a fondo nella preparazione del caffè filtro. Per me è stato più facile da provare”.

Ci parli del caffè che ha portato in gara e quale messaggio ha presentato alla giuria?

“Ho scelto un caffè dalla Colombia, una varietà Sidra della Finca Potosì del Café Granja La Eperanza, perché non volevo competere direttamente con gli altri fantastici Geisha. Il concetto della mia routine si è infatti basato su quel determinato caffè, su come può cambiare la tua vita per sempre e sul modo in cui servirlo a molte persone potrebbe modificare il mercato. Ho scelto una varietà diversa, un profilo di gusto insolito.
Carlos con i suoi sostenitori (foto concessa)

È stato un rischio, ma fondamentalmente i Geisha sono adatti a vincere con la loro grande acidità e i loro sapori puliti. Ma per quello che volevo condividere con i giudici e con il mondo, il Sidra era perfetto. È stata un’esperienza diversa, con un grande caffè e non è stata sicura: tutti gli altri hanno usato dei Geisha, mentre il Sidra rappresentava il mio percorso.

Ho avuto la possibilità di provare qui in Cile il caffè Granja Esperanza. Qui c’è un altro torrefattore che lavora con loro e quindi ho potuto provare altre varietà. Avevo comprato da loro un Geisha per Melbourne e poi ho iniziato a pensare di passare ad altro, così ho parlato direttamente con loro e mi hanno mandato il loro catalogo. Per fortuna un mio amico mi ha fatto assaggiare 20 grammi di Sidra: era qualcosa di differente da quello che cercavo e mi è piaciuto molto. Ne ho comprato 3 chili e così sono arrivato al mio caffè per le gare.
Questo Sidra presenta note rosse, viola, floreali e di frutta tropicale. L’ho tostato più scuro e ho cercato di estrarre un po’ meno. Questo perché la tostatura più leggera mi ha dato una maggiore acidità, ma non in modo positivo. Così ho tostato un po’ più scuro e ho abbassato l’estrazione al 18%, ottenendo una tazza molto equilibrata, con un’acidità ben integrata. La dolcezza di questo caffè è fruttata, non caramellata. È stato divertente perché non è il mio solito approccio. In questa particolare tazza ho scoperto che sviluppandola un po’ di più potevo ottenere note davvero interessanti, come la violetta per i fiori dolci”.

“Era un caffè che volevo mostrare ed è per questo che ho abbassato la mia estrazione”

“La mia routine riguardava la crescita del mercato cileno: il Paese ha iniziato a lavorare con questo prodotto circa 5 anni fa. Prima di allora si potevano trovare solo caffè di qualità inferiore, mentre ora si possono gustare molte cose diverse e nuove. Quattro anni fa a Santiago c’erano circa 20 caffetterie che lavoravano con specialty e ora sono circa 60. È una vera e propria esplosione.
L’idea della mia routine era quella di condividere il fatto che, servire caffè diversi, può cambiare il modo in cui il nostro Paese consuma il caffè: qui in Cile circa il 95% del caffè consumato è solubile. Il messaggio era che un prodotto come il Sidra può modificare il modo in cui i consumatori bevono il caffè. Condividere esperienze come questa può cambiare tazza per tazza l’intero mercato”.

Il fatto che lei sia anche un torrefattore l’ha aiutata a vincere il campionato brewers?

“Sì. Come torrefattore hai più strumenti a disposizione. Ad esempio, se qualcun altro avesse tostato il mio caffè, avrebbe potuto farlo più chiaro o più scuro. Ho avuto la possibilità di modulare il profilo aromatico dalla tostatura all’erogazione, ho progettato la mia acqua. Ho spostato molte variabili per ottenere il risultato che cercavo”.

Quali sono le sfide più grandi che ha dovuto affrontare per prepararsi al campionato del mondo?

“Prima di tutto, partecipare ad Atene è stato molto difficile, perché l’organizzazione qui in Cile mi ha dato i soldi per andare al mondiale in Australia, ma abbiamo quasi perso tutti i soldi tra biglietti e cambi. Così quando ho iniziato a pensare di gareggiare ad Atene avevo a disposizione circa 500 dollari.
Ho dovuto prendere la decisione di gestire da solo tutte le spese. Cercavo di svolgere il mio lavoro quotidiano, facendo anche altre attività per raccogliere più soldi e nel frattempo mi allenavo. Inoltre, viaggiavo da solo e dovevo pensare a un modo per portare tutte le mie attrezzature ad Atene in un unico viaggio. È stata dura”.

E come ha gestito l’acqua?

“Nell’open service si può portare la propria acqua, ma in quello obbligatorio si deve usare quella fornita. Ad Atene era davvero difficile trovare un’acqua con un buon TDS, tutta l’acqua minerale nei supermercati era intorno ai 200 TDS. Era tanto. Abbiamo comprato acqua distillata, ma a volte, quando non è destinata a essere consumata, ha delle note di plastica che non piacciono: quindi abbiamo acquistato 36 litri e ne abbiamo scelti solo 12 che non erano contaminati da tutti quei sapori. Eravamo solo dei pazzi che assaggiavano l’acqua”.

E ora che avete vinto, le aziende hanno deciso di sostenervi maggiormente per i vostri prossimi progetti?

“Ho molto sostegno. L’idea è di lavorare per risolvere tutti i problemi che mi sono capitati e anche di cercare altre sponsorizzazioni per il prossimo ragazzo che vorrà competere nella mia categoria. Sono molto contento. Il fatto di aver vinto mi aprirà altre porte nel prossimo futuro. Sto già programmando il resto dell’anno, viaggiando e lavorando molto di più, organizzando eventi con diversi marchi e collaborazioni.
Inoltre, ho intenzione di riavviare un progetto che avevo come torrefattore: si tratta di una piccola roastery e l’idea è quella di rilanciare il mio marchio di caffè con anche un’accademia. Ho intenzione di condividere la mia esperienza con altri in Cile, ma in generale in America Latina, con le persone che vogliono competere.
Ora mi prenderò una pausa dalle competizioni, ma mi piacerebbe partecipare alle gare di assaggio. L’anno prossimo in Cile ci sarà la prima gara di torrefazione. Ma sono curioso anche di conoscere l’aeropress”.

Secondo lei, invece, cosa l’ha portata alla vittoria?

“Il caffè era ottimo anche se non era Geisha. Il bello è che il mio caffè ha ottenuto 90 punti e ha gareggiato contro caffè da 95 punti, ma è stato soltanto una parte della mia vittoria. Ho lavorato molto duramente, ho usato una tostatrice da 100 grammi per avere più possibilità di profilare correttamente il mio caffè. Penso anche che la semplicità della routine sia stata qualcosa di veramente diverso. Ho cercato di concentrarmi sul mio messaggio e sull’esperienza del caffè per i giudici.
Hanno avuto abbastanza tempo per valutare e scrivere. Ho cercato di creare un’esperienza più divertente. Ho usato le sensory flavor cups. Ho usato tazze con un design particolare e sulla parte superiore ho usato bicchieri che aiutano a incapsulare molti più aromi e tutto questo è stato coinvolgente per i giudici, che non si sono annoiati. Piccole cose nella routine hanno portato al risultato finale.
Carlos durante la performance (foto concessa)

Il modo in cui ho progettato il mio brew bar è stato importante: era molto semplice perché volevo concentrarmi sull’esperienza dei giudici. Penso che questa competizione sia dedicata all’esperienza del cliente. Ho cercato di preparare il caffè nel modo più semplice possibile. Il caffè non era l’elemento principale, volevo spiegare quale sarebbe stato il suo impatto . Mi sono concentrato sul servizio e sull’esperienza del cliente più che sulla preparazione del caffè. Era più una conversazione sul caffè.

Mi sono allenato per circa 12 mesi. Ho avuto molto tempo a disposizione. Ho cambiato la mia routine un mese prima della gara perché stavo facendo qualcosa di diverso e a un certo punto ho capito che volevo concentrarmi solo sul Cile. Ho riscritto tutta la routine e ho ricominciato a praticare tutti i servizi.

Ho cambiato le cose fino a due settimane prima del viaggio. Per le finali, ho fatto piccole cose diverse nel primo turno. Abbiamo provato a cambiare alcune parole e i tempi , ma mi sono esercitato molto e quindi ero sicuro di sapermi muovere durante la routine. Conoscevo il discorso e sapevo come fare tutto. Quindi cambiare i dettagli non è stato troppo difficile.
Ho dovuto fare molti esercizi di meditazione. Nella mia mente ripetevo solo a me stesso: “Pensa di essere a casa tua, a preparare il caffè ai tuoi amici”.

Pensa che partecipare e naturalmente vincere questi concorsi possa cambiare qualcosa per il caffè in Cile?

“Sono nato in Venezuela, mia madre è cilena, ma ho usato il caffè della Colombia e ho anche molti amici in Messico. Questa vittoria significa molto per il Cile: ora molti marchi guardano a noi e molti produttori di caffè cercano di vendere qui. È una cosa straordinaria per il nostro mercato ed è un esempio per altri Paesi.
Quest’anno in Venezuela si è svolta la prima gara di caffè per il campionato mondiale e la prossima sarà la prima volta che potranno partecipare al campionato mondiale brewers e barista.
È davvero bello che questo abbia un impatto reale sul modo in cui le persone competono in Venezuela. È come se il Cile fosse diventato una piccola luce che ispira gli altri Paesi dell’America Latina: qui si gareggia sempre, ma non per vincere perché nessuno l’ha mai fatto prima. Così ora, dopo la mia vittoria, molti amici che gareggiano sono disposti a provare a farlo. Ora sappiamo che è possibile.
I grandi paesi consumatori e i mercati hanno molte più conoscenze e denaro per competere. Ma ora abbiamo più informazioni, più persone dall’America Latina viaggiano alle esposizioni del caffè, imparano in Europa e abbiamo piattaforme come Barista Hustle, Coffee Knowledge Hub che rendono più facile imparare a preparare e tostare meglio. La cosa positiva è che in America Latina abbiamo ottimi caffè ed è più facile reperirli. Quindi, quando questi due aspetti si uniscono, si hanno molte più possibilità di vincere.
Inoltre, non molte persone qui nel Paese produttore e anche in Cile non parlano inglese, e questo potrebbe essere un ostacolo per la presentazione durante la competizione. Usare un traduttore diventa davvero difficile e bisogna sacrificare molto tempo per la propria routine. Infine ricordo che la parte finanziaria è un altro aspetto che fa la differenza tra i concorrenti dell’America Latina e quelli degli altri Paesi”.

Il convegno sul futuro del caffè in Italia organizzato dal Consorzio promozione: i professionisti si confrontano

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Il convegno di Consorzio promozione e Simonelli Group (immagine concessa)
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – La discussione resta aperta (la prima parte è consultabile a questo link) dopo i diversi interventi (qui, qui, qui, qui, e qui) che hanno animato la prima parte della giornata del convegno organizzato dal Consorzio promozione caffè: nel campus Simonelli group, i professionisti si sono potuti confrontare ciascuno con i propri dubbi, di fronte agli esperti di comunicazione, management, horeca.

L’intervento di Paolo Borgio:

“Sono d’accordo sul fatto che il caffè al bar sia una commodity, un prodotto indifferenziato. È diverso però in grande distribuzione. Il caffè è una delle merceologie più deboli e le aziende di marca riescono a vincere la competizione meglio di quelle non di marca.
La ragione per cui il caffè è una commodity a mio parere sta nel fatto che negli ultimi 40 anni, la crescita del caffè e al bar e il loro stesso numero, è stata molto sovvenzionata dai torrefattori che non hanno parlato però tanto di qualità, ma di sconti anticipati, di finanziamenti, di comodato d’uso, di attrezzature.
Ed è sempre stata questa la leva di successo per conquistare un bar rispetto a un altro concorrente.
Negli ultimi dieci anni tanti torrefattori hanno lavorato con la qualità, ma questa cosa non è arrivata in maniera massiccia alla distribuzione e poi al barista.
Il quale ha assorbito questa filosofia e la trasmette a sua volta. Per me un torrefattore vale l’altro, dipende da quanto sconto anticipato e finanziamento mi dà e se è possibile poi fregarlo comprando il caffè al supermercato e pagarlo la metà.
Visto che siamo una platea di B2B dobbiamo cercare di fare in parte un mea culpa e trovare delle soluzioni virtuose in tal senso.”
Finzi: “Tutto vero. Personalmente credo che quel tipo di dinamica fosse necessaria per far crescere il mondo del bar e sostenerlo. Ora basta. Credo sia possibile fare quel passaggio in cui non è più soltanto una questione finanziaria ma diventa altro, a vantaggio di tutti. Chi vende adesso birra guadagna di più, perché tutto è salito e non guadagna solo l’industria che vende IPA, ma anche gli stati intermedi.
E’ stato necessario, possiamo rivedere gli stessi rapporti in modo diverso. Il cash and carry esiste purtroppo e bisogna cercare di evitarlo, ma c’è spazio per cambiare la mentalità. Qualche anno fa, nel mondo della birra non ci si credeva che si sarebbe arrivati ad un cambio del genere all’inizio e ci sono ancora passi da fare. Ma se iniziamo a crederci noi per primi, è già il primo passo.”

Il professor Gregori:

“Bisogna innanzitutto creare la torta e poi far capire come partecipare alla torta, per risolvere le problematiche. Voglio fare un esempio da consumatore e battitore autostradale. Ogni tanto quando ci si ferma, si va e si vuole qualcosa che cosa costa di più, ma chi serve butta il prezzo lì senza farci capire. Per le mie esperienze, chi ci accompagnava, non ne capiva neppure il valore. Dobbiamo formare anche chi sta a contatto con il cliente, sennò il messaggio non arriva.”
Giovanna Stucchi, dal pubblico, pone il focus sul consumatore finale che va formato. Non è l’azienda a doversi informare, perché sa già cosa fare per gli anni di esperienza alle spalle. Il consumatore deve decidere.

Come si fa ad educare il consumatore? Ci vuole la forza di chi ha capitale ed è un’industria. Ci vuole il contributo di tutti.

Dalla sala: “Parliamo di potere all’interno di canali. Mi viene in mente l’esempio delle batterie delle auto. Gli automobilisti più o meno sanno che c’è una batteria dentro l’auto, ma non sempre c’è la stessa conoscenza nell’altro genere. Detto questo, chi decide cosa farci, è l’elettrauto: il cliente porta la macchina e demanda la scelta a dei soggetti influenzatori che determina il mercato. Il problema è capire come faccio a portare dalla mia parte con la logica di consumer per migliorare la posta per tutti. Il tema della formazione è fondamentale, insieme agli obiettivi chiari e la strategia.”

Michele Cannone: un contributo prospettico alla conversazione

“Due considerazioni: lavoro nel mondo del caffè e ho lavorato anche nel mondo della birra. Ma i principi dei sistemi di finanziamenti sono stati spinti anche da parte dei birrai non soltanto in Italia ma nel mondo. Quindi il contesto da analizzare è più complicato.
Innanzitutto il caffè è una categoria giovane. Sembra paradossale ma è così. Il caffè che oggi descriviamo buoni, puliti e giusti hanno 50 anni di vita. Fino agli anni ’70 veniva classificato in base a una serie di difetti, poco si diceva sulla provenienza, sulla qualità. 50 anni nel mondo del food sono nulla, dal punto di vista culturale.
Si parla del mondo del vino e della winification: in realtà qualche secolo fa i francesi mettevano i paletti nei loro campi e noi italiani eravamo contenti quando raccoglievamo qualche grappolo d’uva.
In Italia la rivalorizzazione del food è un tema fortissimo. Tant’è che se oggi vediamo i ricavi medi sulle categorie in cui i francesi operano, sono nettamente più bravi di noi.
Dico questo perché credo che i fattori di discontinuità siano i modelli esperienziali. Non dispensiamo quelli primari, qualcosa che piace o non piace, al di là del primo caffè la mattina, siamo ormai in un contesto in cui si possono soddisfare in altro modo.
Il tema dei principi dei modelli esperienziali è semplice: la categoria si è ringiovanita quando si sono aperti i punti vendita specializzati nel fuori casa che hanno fatto vivere ai consumatori storie diverse.
Abbiamo citato la birra e io ancora dissento un po’ con il modello: ma anche questo mondo, i modelli culturali che si sono sviluppati, sono nati da quella dinamica. Negli anni ’70 c’erano le prime birrerie specializzate con seimila birre, poi sono arrivati i pub, poi sono nate le micro birrerie che sono fallite e ora stanno tornando. Ci sono stati almeno 4 momenti negli ultimi 40 anni in Italia.
Nel caffè siamo ancora nell’anno zero. Il tema dei principi educativi: oggi nascono da modelli esperienziali e quindi da retailer specializzati che raccontano qualcosa. Non so se ci sono i presupposti economici perchè questo possa accadere in Italia e dare loro continuità.
Guardando prospetticamente al futuro, condivido il fatto che in realtà non esiste la grande o la piccola azienda: i modelli culturali si diffondono attraverso soluzioni capillari di rapporto. Credo che l’Italia sia ricca di virtù, ma sicuramente la capacità di fare rete network è tra i grandi punti di opportunità.
La nostra individualità non sempre viene messa a servizio comune. Penso che una delle grande sfide, dei punti da chiarire, sia come portare avanti un modello esperienziale che può fare cultura del caffè partendo da quella che è la nostra realtà italiana. Credo che questo possa esser un ruolo giocato da una comunità allargata.”

La capacità di fare networking: c’è ancora da lavorare su questo?

Professor Gregori: “In generale, per esperienza, ho lavorato con le piccole imprese e le ho difese, insegnando tramite l’Università e riconosco loro l’impegno, la fatica, la dedizione, considerare il personale come la famiglia. Tutti valori che sono da riconoscere.
Dal punto di vista delle carenze, in termini di marketing, di strumenti gestionali, ce ne sono tante. Ma l’aspetto collaborativo è un altro delle forti mancanze. Raramente le metti insieme.
Cito un esempio: grazie ai finanziamenti abbiamo fatto partire dei contatti a rete, che sembravano essere una grande strategia del governo per far mettere insieme le piccole imprese sui progetti tramite finanziamenti.
Dove si vedeva una possibilità: nella filiera. Che per me rappresenta ancor più del distretto, una possibilità ulteriore. Al suo interno potrebbe esser interessante costruire delle aggregazioni, per avere più potere, più forza e poter interfacciarsi e ragionare.
Nello studio della Grande distribuzione, possiamo fare una riflessione: se noi andiamo a vedere cosa è successo in questo canale, questa è partita con il non alimentare. I grandi magazzini erano tipicamente non alimentari. Perché poi gli alimentaristi hanno creato gruppi di acquisto, si sono messi insieme in cooperative? Perché c’era un’opportunità di business.
In questo vedo una speranza. Le problematicità portano a soluzioni. Ragionare insieme su strategie interconnesse per affrontare insieme i mercati, i fornitori, potrebbe essere un’occasione. Un po’ di preoccupazione certo ci vuole. Ma il matrimonio, alla fine, si fa: uno che ti sposa, lo trovi.
Il problema non è fare il matrimonio, ma è poi gestirlo. Fare in modo che sopravviva. Come farlo? Impostandolo prima. Se c’è una strategia dell’accordo a monte. Se si cerca un partner, è importante avere in chiaro la strategia e organizzativamente come si vuole fare.”

Una dipendente di Segafredo lancia una riflessione e una domanda da parte di chi lavora all’estero e ora torna in Italia.

Sabrina Pastano: “Prendendo spunto dall’intervento di Andrej Godina: siamo schiavi del prezzo del caffè, non riusciamo ad inserire più di una miscela, a raccontarla, ad ottenere l’interesse del consumatore -. Anche quando il torrefattore riesce a trasmettere tutto questo al commercializzatore, questo poi non riesce poi a condividerlo. E infine, non siamo disposti a fare formazione.
Perché in Italia, la casa del caffè, all’estero siamo famosi per l’espresso che è nato qui, non riusciamo a fare quello che succede fuori dai nostri confini? Quali sono le strategie per allinearci al resto del mondo?
Cosimo Finzi: “Bisogna distinguere tra il perché si è creata la situazione e poi il come uscirne. Siamo andati a lungo in queste situazioni e ora si è fossilizzata, ora è difficile cambiare. Ora, dire a 10 persone che per un caffè di qualità superiore al bar si deve pagare 3 euro, vuol dire finire a botte. Quindi il problema c’è e ce lo siamo un po’ creati in un contesto che aiuta il consumatore a non dare valore a ciò che mangia e beve.
Come uscirne? Sono stati fatti dei tentativi: bisogna farne di più e collettivamente. Ad esempio, nella giornata del caffè, i bar che vogliono partecipare, devono promuovere e raccontare il loro caffè, mettere per qualche giorno una miscela in più, raccontare e organizzare eventi per strada, fare degustazioni.
In Italia ci sono tante persone che fanno chilometri per andare a bere una certa birra e un vino particolare. Questo succede: pensate al turismo legato al vino, che è impressionante. Iniziamo a raccontare, andando avanti a testa bassa. Non ha funzionato? Funzionerà.
Se non si va avanti con ancora più convinzione e unione – si deve fare tra tutti gli attori, medi, grandi, piccoli della filiera – non sarebbe possibile.

Ci dovrebbero essere una serie di giornate in cui raccontiamo il caffè. Vieni, prova, assaggia, annusa.”

Ma non c’è anche un fattore tempo nel bere il caffè? Uno lo consuma subito e in fretta

“Se dedicassimo al caffè invece che appena 7 secondi, 40, staremmo chiedendo soltanto un po’ di più del tempo al consumatore per annusare e degustare, non un investimento enorme. Anzi, stiamo offrendo qualcosa in più. Perché quando impari a bere il vino bene, sei tu il primo a goderne. Questo a patto di saper sentire meglio il caffè. Proviamo a chiedere ad un italiano com’è un caffè? Oggi il cittadino medio non riesce ad avere descrittori di gusto e olfattivi sull’espresso. Iniziamo a raccontare di più questa cosa e fare esperienze.”

Gelateria Vivoli: “Diventato virale, vendiamo 200/300 affogati al caffè al giorno, prima ne preparavamo 50”

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Un'immagine suggestiva del famoso affogato al caffè nella gelateria Vivoli (foto concessa)
Un'immagine suggestiva del famoso affogato al caffè nella gelateria Vivoli (foto concessa)

FIRENZE – La Gelateria Vivoli è un’attività che esiste da oltre 90 anni, ben conosciuta dai fiorentini e da tutto il mondo. Ora ancora di più: il motivo? Un affogato al caffè che ha fatto il giro dei social grazie all’entusiasmo del fotografo e filmmaker Sam Youkilis, il primo a pubblicare su Instagram questa specialità, che porta il nome di Gran Crema Caffè. Ne abbiamo parlato con Patrizia e Silvana, che portano avanti questa tradizione.

Gelateria Vivoli: l’ingrediente segreto che non è poi tanto segreto, sono le persone dietro alla ricetta Da quando quindi preparate questa Gran Crema Caffè?

“Siamo aperti da 93 anni, prima con mio nonno, poi con nostro padre Piero, e ora con i figli di Patrizia, Lorenzo e Giulia. Prepariamo la Gran Crema Caffè dagli anni ‘70 o forse ancora prima. Il nostro affogato si differenza dagli altri in primis per il gelato di crema che è il nostro punto di forza, insieme all’espresso erogato direttamente in tazza.

La miscela illy (foto concessa)

La crema è quella classica all’uovo, latte e zucchero, semplicissima, con un pizzico di sale. Negli anni ‘70 andava di moda la coppa di crema con il liquore Strega o con il kahlua.
Il caffè che utilizziamo è quello a cui siamo affezionati da ormai 40 anni: illy 100% arabica. Il contrasto tra il dolce del gelato e l’amarognolo del caffè, così come il caldo dell’espresso che fa tuffare il gelato nella bevanda, fa il resto. “

Anche la tazzina è piuttosto scenografica

La Gran Crema Caffè che è diventata virale (foto concessa)

“L’idea di metterla nella tazzina è stata di mio padre, perché non gli piaceva vedere il gelato che navigava tristemente nel caffè, perdendo tutta la sua consistenza. Da lì ha pensato di foderare la tazza e di creare al suo interno il letto di crema da riempire con il caffè (che quando scende giù non deve ovviamente sporcare schizzando). I fiorentini ci sono tanto affezionati, è la nostra chicca. Questo a dimostrazione che trionfa alla fine la tradizione e la semplicità. È un prodotto che vende sempre, al di là della stagionalità.”

Ma quindi cosa è successo? Il fotografo è entrato nella Gelateria Vivoli e…?

“Ha chiesto di passare dietro al banco per filmare meglio la preparazione della gran crema. In realtà per noi è normale, è capitato altre volte: ci sono persone che ci chiedono di osservare il nostro lavoro da vicino per. Il filmaker è stato uno di questi e mio nipote, che per altro è esperto di caffè, gli ha mostrato anche la giusta procedura per fare un caffè perfetto. Il video che ha registrato è poi stato condiviso tantissimo. Giulia, la sorella di Lorenzo che si occupa di social, era entusiasta.”

 

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 Nella Gelateria Vivoli che macchine usate?

Vivoli negli anni 30 con La Pavoni (foto concessa)“Noi nasciamo negli anni ‘30 come bar quando facevamo solo caffè con un modello “La Pavoni “. Poi siamo passati a La Marzocco a tre gruppi: ovviamente di proprietà così come quelle del gelato, che non sono sofisticate. Il nostro gelato rimane molto pulito e semplice perché vogliamo interagire con le attrezzature e non esserne comandate. Il nostro intervento manuale, fa sì che il gelato abbia una marcia in più. Questo insieme alla nostra personalità ed esperienza.”

Ma quanti siete in totale?

“Per l’estate abbiamo assunto altre 3 persone, perché i mesi di fuoco necessitano di più risorse. In totale siamo 16. Siamo stati fortunati a trovare le persone disposte a lavorare con noi fra cui due figli di nostri collaboratori degli anni passati: questo significa che è un’azienda sana che nel tempo ha creato anche un rapporto di amicizia e stima con le persone che hanno collaborato con noi.”

E quanto costa questa famosissima Gran Crema Caffè?

“L’affogato costa 5 euro e 50, un prezzo più che equo. Altri avrebbero alzato il prezzo a dismisura: è una bella porzione di gelato, con in più l’espresso e dell’acqua a parte. Se poi consideriamo che alcuni rubano persino le tazze, che sono particolari e pensate sempre da mio padre che è stato un precursore, il prezzo è decisamente giustificato anche per gli ingredienti di qualità che vengono usati.”

Avete intenzione di modificare la ricetta storica?

“Molti hanno provato a convincerci a cambiarla magari con le bevande vegetali, o con meno zucchero: noi non cediamo, perché se esiste da così tanto tempo significa che funziona. A noi piace offrire quello che ci convince. Non vogliamo assecondare le mode.”

Quanti riuscite a prepararne?

“Consideriamo che le persone che vengono da noi chiedono tantissimo l’affogato al caffè e quindi ne vendiamo dalle 200/300 al giorno. Prima di diventare virali, ne facevamo una cinquantina. Era più che altro per una nicchia di fiorentini.

Ora la clientela si è fatta ancora più eterogenea: dalle famiglie ai signori, alcuni chiedono con il decaffeinato o chi addirittura con la cioccolata per i bimbi. Abbiamo dedicato un pastorizzatore e un mantecatore esclusivamente per realizzare la crema. Il mantecatore resta praticamente sempre acceso, una macchina della Carpigiani. La prepariamo fresca 3 chili per volta. Siamo organizzati bene. C’è affiatamento reciproco.

Abbiamo notato anche un’altra cosa positiva e che ci fa piacere: da quando l’affogato è diventato celebre, tutti quelli che lo ordinano sono clienti entusiasti, carini, gentili. Avendo visto il video su internet poi, ci ha scritto anche Ipa Porcellana che produce le nostre tazzine, perché erano molto contenti di esser partner di questa ricetta che ha spopolato.”

Fipe, ristorazione: clima di fiducia sale a quota 113,5, positivi per il 3° trimestre

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fipe fiducia fatturato
Il clima di fiducia e il fatturato (dati: Fipe)

ROMA – Il clima di fiducia si attesta a quota 113,5 (nel II trimestre 2022 era 112,0). I giudizi sulle aspettative per il terzo trimestre del 2023 sono positivi sia in termini economici che occupazionali. Leggiamo di seguito l’indagine congiunturale sulla ristorazione commerciale del secondo trimestre 2023 della Federazione italiana pubblici esercizi Fipe.

Fipe: le performance economiche1

Le valutazioni di questo secondo trimestre risentono a livello generale dello scenario caratterizzato da un’inflazione ancora elevata e dal progressivo aumento dei tassi di interesse che penalizzano l’accesso al credito fanno crescere il costo del debito. Il saldo grezzo delle risposte sull’andamento del settore è pari a zero, vale a dire che si equidistribuiscono le valutazioni positive e quelle negative.

Il saldo dei giudizi a livello di performance aziendali sale invece a +32,8%, undici punti al di sopra del livello toccato nel secondo trimestre 2022, ad indicare che quando si sta sul proprio mercato il sentiment degli imprenditori è migliore.

1 A seguito del lockdown non è stata effettuata l’analisi sul II trimestre 2020

La clientela

Anche i giudizi sull’andamento dei flussi di clientela sono positivi (+16,2%) e superiori di sei punti percentuali rispetto a quanto rilevato nello stesso periodo del 2022.

I costi

I costi di approvvigionamento registrano una lieve contrazione dei saldi (-2,2%) rispetto al secondo trimestre 2022 mentre i prezzi di vendita vengono dati in progressivo aumento, il saldo tra risposte positive e negative si attesta a +62,9%. Le tensioni inflazionistiche sia dal lato del sell in che del sell out sono evidenti.

L’occupazione

In miglioramento le valutazioni sulla dinamica dell’occupazione nel secondo trimestre dell’anno. Il saldo si attesta a +19,1% e guadagna 21 punti del confronto con il secondo trimestre del 2022.

Le aspettative

Le aspettative per il III trimestre 2023 sono caratterizzate da una buona dose di fiducia riguardo alle performance economiche. Qui si avverte l’influenza di una stagione turistica che si annuncia positiva soprattutto sul versante del turismo internazionale.

Il clima di fiducia

L’indicatore sintetico del clima di fiducia nel II trimestre sale a 113,5 in leggero aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

fipe
(Dati: Fipe)

Brasile: export dei 12 mesi in calo del 10,2% a 35,62 milioni, gli imbarchi verso l’Italia pari a quasi 3 milioni

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export brasiliano Brasile Cecafé
Il logo di Cecafé

MILANO – Meno caffè brasiliano nei commerci mondiali: secondo i dati mensili diffusi da Cecafé, l’export di caffè in tutte le forme del Brasile ha subito una flessione del 10,2% nel corso dell’annata di raccolto 2022/23 (luglio-giugno), fermandosi a 35.625.978 sacchi, minimo storico dal 2017/18.

Le esportazioni di caffè verde sono state analogamente in calo del 10,6%, a 31.804.151 sacchi, di cui 30.336.903 di arabica (-8%) e 1.467.248 di robusta (-43,8%).

Negativo anche l’andamento delle vendite all’estero di solubile, a loro volta in calo del 7,1%, a 3.821.827 sacchi, in massima parte di solubile.

BrasileGli Usa rimangono il principale paese di destinazione del caffè brasiliano, con un export pari a 6,857 sacchi, inferiore del 13,8% a quello registrato nell’annata anteriore.

Gli imbarchi alla volta della Germania subiscono un calo del 14,5%, a 5,165 sacchi. Più contenuta la flessione dei volumi esportati verso l’Italia, terzo cliente del Brasile, che sono stati pari a 2,986 milioni (-4,8%) e verso il Giappone (-4,7%), pari a 2,069 milioni.

Dietro ai mercati storici troviamo sorprendentemente la Colombia, che ha importato dal Brasile 1,738 milioni di sacchi (+38,9%), che sono andati a coprire i consumi interni compensando la minore produzione nazionale, destinata principalmente all’export.

Crescono anche gli imbarchi verso la Turchia (1,165 milioni; +18,6%), l’Olanda (1,023 milioni; (+54,8%), l’Argentina (883.854 sacchi; +14,8%) e la Corea del sud (870.446 sacchi; +12,4%).

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La polvere di cascara solubile ofi finalista ai Sustainable Food Awards 2023 nella categoria Sustainable Ingredient

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ofi
Il logo di ofi

AMSTERDAM – La polvere di cascara solubile, lanciata di recente da ofi, è stata riconosciuta come finalista nella categoria degli ingredienti sostenibili durante la cerimonia dei Sustainable Food Awards tenutasi ad Amsterdam. I finalisti sono stati scelti in base alle caratteristiche di sostenibilità, al valore etico, dell’impatto ambientale e alla loro applicazione nei prodotti alimentari o nelle bevande.

ofi alla Sustainsble Fod Awards con la polvere di cascara solubile

La polvere di cascara solubile di ofi è ottenuta dalle ciliegie del caffè lavate e recuperate: si tratta di un sottoprodotto della lavorazione a umido dei chicchi di caffè. Riconoscendo il valore finora inesplorato di questa risorsa, ofi ha sviluppato un processo di riciclo dei frutti del caffè recuperati, convertendoli in una polvere solubile pronta all’uso.

Si stima siano circa 26 miliardi di Kg di sottoprodotti derivati dai frutti del caffè che possono entrare nei flussi di scarto come parte del processo di raccolta.[1] Donando nuova vita ai frutti del caffè e trasformandoli in polvere solubile, ofi considera la cascara come un modo per aiutare i coltivatori, riducendo al contempo l’impronta del 10% dei gas serra derivanti dal processo di produzione.[2]

La polvere di cascara solubile di ofi presenta caratteristiche molto ricercate dai consumatori odierni attenti alla salute, tra cui la caffeina naturale, il potassio, i polifenoli e molte altre ancora.

L’aroma unico e il profilo organolettico, che ricordano il caramello, il miele e l’uvetta forniscono a questo ingrediente un’elevata versatilità in diverse applicazioni, tra cui bevande pronte da bere, barrette, gelati, dolciumi e pasticceria.

La polvere di cascara solubile di ofi è disponibile anche con la certificazione Upcycled Certified, una denominazione sviluppata dalla Upcycled Food Association al fine di valorizzare i prodotti recuperati e ottenuti da materiali in eccedenza e scarti di lavorazione che hanno un impatto positivo sull’ambiente.

Vivek Verma, managing director e ceo di ofi Coffee ha dichiarato: “Siamo onorati di essere stati nominati tra i finalisti dei Sustainable Ingredient Award e del riconoscimento per il nostro impegno verso ingredienti sempre più sostenibili, che possano entrare a far parte del sistema alimentare in modi innovativi. Riciclando quelli che un tempo erano scarti del frutto del caffè in un ingrediente alimentare utilizzabile, ofi riduce l’impatto ambientale aiutando allo stesso tempo i coltivatori di caffè a generare ulteriori entrate. Vi sono ulteriori progressi da compiere e siamo entusiasti di scoprire quali cambiamenti porterà questo nuovo ingrediente ai nostri clienti, agricoltori e consumatori, nonché il suo impatto sull’ambiente e sull’intera filiera”.

Note

[1] Solving Coffee’s Not So Dirty Little Secret,” RIFF Coffee + Oregon State University. Giugno 2020

[2] Studio di analisi del ciclo di vita