martedì 02 Dicembre 2025
Home Blog Pagina 704

Ecco la storia del gelato, dolce tra i più amati al mondo

0
buvette gelati montecitorio
Una varietà di gelati (immagine: Pixabay)

Con l’inizio della bella stagione i consumi di gelato registrano, come ogni anno, un’aumento esponenziale nel Bel Paese (ne abbiamo parlato qui). La storia dell’alimento prediletto per l’estate ha origini che affondano nella leggenda. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, l’origine del gelato risalirebbe all’antica Cina, quando sorbetti di ghiaccio e frutta erano popolari durante la dinastia Tang. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno.

La storia del gelato

MILANO – È una vera star gastronomica, e non di certo per la celebre canzone interpretata da Pupo. Insieme alla pizza e al sushi, nell’elenco dei cibi più fotografati e condivisi sui social c’è proprio sua maestà il gelato.

Fra i prodotti alimentari più amati al mondo, e non solo in estate, il suo sapore fresco e cremoso lo rende un piacere per il palato in ogni stagione. E poi c’è da ammetterlo: assaporare un gelato equivale a concedersi un momento di gratificazione personale, una pausa fresca e pratica e, non meno importante, a motivare spesso un dignitoso strappo alla dieta.

Difficile immaginarlo, ma l’origine del gelato risalirebbe all’antica Cina, quando sorbetti di ghiaccio e frutta erano popolari durante la dinastia Tang. Tuttavia, si dice che il primo esemplare della storia sia stato creato dall’imperatore romano Nerone, che ordinò ai suoi servi di portare la neve dai monti che circondavano Napoli per mescolarla con frutta e miele. Da allora in poi, il gelato ha attraversato secoli e continenti, evolvendosi con il passare del tempo.

Nel Medioevo, le preparazioni venivano fatte nei monasteri e nei conventi, utilizzando latte, crema, uova e zucchero.

Nel XVII secolo, il gelato arrivò in Francia, grazie all’italiano Francesco Procopio dei Coltelli, che aprì la prima gelateria a Parigi. Pare che fosse anche il dessert preferito della regina d’Inghilterra Elisabetta II per oltre 70 anni. La sovrana ne mangiava ogni giorno, spesso scegliendo gusti classici come la vaniglia o il cioccolato. Un’ altra curiosità divertente è legata all’invenzione del cono.

Quest’ultimo, infatti, è stato inventato nel 1904 da un immigrato italiano di nome Italo Marchiony, che aveva inizialmente pensato di utilizzare il cannolo come contenitore per il gelato. Incontrando però delle difficoltà a produrre cannoli abbastanza resistenti, ha quindi sviluppato una macchina per produrre i primi coni di wafer.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Autogrill: la Food Hall nell’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo introduce il concept di casual dining dello chef Ciccio Sultano

0
Spinnato Palermo Autogrill
Spinnato nell’aeroporto Falcone Borsellino (immagine concessa)

MILANO – Autogrill consolida la propria presenza in uno dei principali scali aeroportuali meridionali, l’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo, inaugurando un nuovo format di casual dining e street food all’interno della sua Food Hall in area air side.

Si tratta del ristorante I Banchi, ideato dallo chef stellato Ciccio Sultano, che si ispira alla cucina tradizionale siciliana e che arricchisce l’offerta gastronomica di Autogrill, già presente nello scalo palermitano con Spinnato, punto di riferimento per la pasticceria palermitana, e con Wascoffee Lab, format di caffetteria moderna ideato da Autogrill e caratterizzato da design e arredi realizzati con “Wascoffee”, materiale 100% naturale
ottenuto da fondi di caffè riciclati.

Autogrill inaugura il nuovo format di casual dining all’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo

“Consolidiamo ulteriormente la nostra presenza all’interno dell’aeroporto di Palermo, rispondendo a un’esigenza ben precisa, quella di coniugare la vocazione internazionale dell’aeroporto con la nostra attenzione al territorio e alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico locale”, ha commentato Luca D’Alba, general manager di Autogrill Italia. “Abbiamo infatti selezionato brand locali di grande notorietà ed eccellenze culinarie siciliane per offrire ai passeggeri in transito una grande varietà di piatti tipici della tradizione”.

La Food Hall verrà ampliata ulteriormente con altri format che inaugureranno verso la fine dell’anno.

I nuovi concept

I Banchi

“Cucina educata”, così il celebre chef Ciccio Sultano, due stelle Michelin con il suo ristorante “Duomo” a Ragusa Ibla, definisce la proposta gastronomica de I Banchi. Nel punto vendita i piatti della tradizione sono rivisitati in chiave moderna ed eseguiti con cura, con materie prime di alta qualità: i viaggiatori potranno godere di un mix di street food, fine dining e grandi classici della cucina siciliana, da gustare in un ambiente ricercato e moderno.

i banchi
I Banchi (immagine concessa)

Wascoffee Lab

Wascoffee Lab è il format di caffetteria moderna ideato da Autogrill che si fonda su tre pilastri: sostenibilità, innovazione e amore per il caffè. Il punto vendita, che offre ai viaggiatori un’ampia scelta di prodotti da forno, modern bakery e club sandwich, è un vero e proprio laboratorio dell’innovazione: design e arredi sono infatti realizzati con “Wascoffee”, materiale 100% naturale creato da Autogrill, ottenuto da fondi di caffè riciclati.

autogrill
Wascoffee Lab (immagine concessa)

Spinnato

Spinnato, dal 1860, è un luogo d’incontro entrato a far parte negli anni del patrimonio della tradizione gastronomica palermitana. Al Politeama, nel cuore del capoluogo, il caffè offre le migliori specialità della pasticceria siciliana: dai cannoli alle cassate, dai dolci di mandorla ai biscotti, fino alle inconfondibili specialità della rosticceria che invitano i viaggiatori a fermarsi per un pranzo leggero e veloce, per una ricca colazione o un aperitivo. Un concept che celebra il territorio siciliano dove i viaggiatori che lasciano la Sicilia possono trovare un dolce ricordo da portare con sé.

Marmellata di caffè: ecco come prepararla e gustarla

0
mercati del caffè dazi prezzi futures del caffè Rabobank StoneX
Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

La marmellata ha un nuovo protagonista: il caffè. Dolce e corposa, semplice da preparare, la marmellata al caffè richiede solo un po’ di pazienza prima di essere gustata perché deve rassodarsi e solidificarsi, raffreddandosi. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale di DonnaUp.

La marmellata di caffè

MILANO – Non tutti sanno che è possibile preparare la marmellata anche con il caffè. Solitamente, la confettura viene fatta con frutta o ortaggi (pensiamo alla zucca, alla cipolla, et…), cuocendola per ore e ore. Acqua, zucchero, pectina o addensanti, dei barattoli sterilizzati e il gioco è fatto. Sono perfette a colazione, per arricchire il pane tostato o le fette biscottate, su torte, crostate o biscotti. Ma c’è chi preferisce gustare qualcosa di più cremoso, avvolgente e c’è chi ama tanto il caffè e l’energia che ne deriva da desiderarlo in ogni sua variazione a tema. Ed ecco allora che questa ricetta farà la gioia di molti e di molte!

Una doppia carica: non soltanto da assaporare in una tazzina, anche da spalmare ovunque si desideri.

Dolce e corposa, facilissima da preparare, richiede solo un po’ di pazienza prima di essere gustata perché deve rassodarsi e solidificarsi, raffreddandosi.

Ingredienti e preparazione

Per questa ricetta procuratevi:

  • 4 cucchiai di caffè
  • 200 ml di acqua calda
  • 300 ml di panna montata
  • 100 g di zucchero a scelta

Sciogliete il caffè solubile in 200 ml di acqua calda. Mescolate con cura per dissolvere ogni granello e ottenere un liquido uniforme.

Lasciate un attimo in disparte. Versate la panna in un tegamino, aggiungete lo zucchero e rigirate con un frullino a mano.

Per leggere la ricetta completa basta cliccare qui

Il caffè green nella ricerca Altis Advisory SB, Paolo Molinaroli, Musetti: “Oggi sono sinonimi la sostenibilità e la managerialità“

0
altis sostenibilità
Sostenibilità in chicchi: quali opportunità per la filiera del caffè? (immagine concessa)

MILANO – Altis Advisory SB, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con l’aiuto di Opera, Osservatorio europeo per l’agricoltura green, pubblica il settimo report di settore dedicato completamente all’analisi della sostenibilità nella filiera del caffè (ne abbiamo parlato qui), dal punto di vista delle torrefazioni italiane.

Protagonisti della giornata sulla sostenibilità sono stati: Stella Gubelli, amministratore delegato di Altis Advisory, il professor Ettore Capri, professore in chimica agraria e Direttore osservatorio europeo per l’agricoltura sostenibile (Opera) – Dipartimento di scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile, Università Cattolica Del Sacro Cuore, Valentina Bramanti, responsabile reporting di sostenibilità di Altis Advisory, Sara Triachini, dottoranda Agrisystem all’Università Cattolica,  Gianpaolo Braceschi, general manager Iei (Istituto espresso italiano), Stefano Gardi, chief sustainability officer Italmobiliare-Caffè Borbone, Davide Licchelli, presidente di Altoga (Associazione nazionale torrefattori, importatori di caffè e grossisti alimentari), Paolo Molinaroli, direttore generale di Caffè Musetti e Francesco Sanapo, founder di Ditta Artigianale.

Il settimo report di settore di Altis Advisory

Il professor Ettore Capri prende la parola: “Oggi parliamo della filiera del caffè sotto la lente della sostenibilità. Il settimo report di settore è stato frutto di un lavoro lungo e complesso: un’attività resa possibile grazie all’impegno dei ricercatori, degli stakeholder e delle imprese che vivono l’argomento della sostenibilità ogni giorno come protagonisti. Partecipazione e coinvolgimento diretto offrono la modalità più efficace per raggiungere obiettivi concreti”.

Valentina Bramanti, responsabile reporting di sostenibilità, Altis Advisory: “Prima di addentrarci nei particolari del lavoro di ricerca capiamo il motivo che ci ha portato allo studio sulla sostenibilità all’interno della filiera del caffè in Italia. Crediamo fermamente che in questa industria ci sia una gran complessità legata ai Paesi di origine geografica diversa: abbiamo l’espresso prodotto in Italia e, dall’altro lato, ci sono i Paesi produttori che si trovano al di fuori dell’Europa”.

La sostenibilità nella filiera del caffè

“La filiera del caffè ci consente di abbracciare a 360 gradi le sfide proposte dal tema della sostenibilità. Da una parte abbiamo gli impatti energetici, attenenti al processo produttivo delle torrefazioni, e dall’altra abbiamo gli impatti legati all’origine del caffè (diritti dei lavoratori, parità di genere, lavoro forzato e minorile ed eco-remunerazione). La filiera del caffè ci permette perciò di parlare di sostenibilità uscendo dai confini strettamente aziendali”.

altis metodologia
Metodologia e campione della ricerca (dati concessi)

“Questo è in linea con le spinte all’impegno ecologico che vediamo oggi. I cittadini sono consumatori sempre più attenti: la sostenibilità sta diventando un fattore di vitale importanza che influenza l’acquisto di un prodotto. I clienti però hanno bisogno di informazioni basati su dati tangibili e una maggiore sensibilizzazione sule tema. Le imprese sono sempre più sollecitate nel perseguire la sostenibilità dall’Unione Europea che, grazie al Green Deal, spinge sempre di più la questa pratica virtuosa al di là dei confini aziendali. Cosa significa questo? Le aziende saranno chiamate in un prossimo futuro ad essere trasparenti e a comunicare i propri risultati sulla sfera sociale ed economica anche nel campo della sostenibilità”.

La ricerca

“Per questa ricerca siamo partiti da un campione totale di 977 aziende rappresentative del settore costituito da gran parte da micro-imprese. A questa indagine hanno risposto effettivamente 49 imprese tramite un questionario. Il 61% delle risposte è arrivato da piccole aziende con un fatturato sotto la soglia dei 2 milioni di euro. A queste imprese è stato chiesto di rispondere a diverse domande relative alla sostenibilità. Abbiamo cercato altresì di dare un punteggio alle aziende tramite una valutazione qualitativa del loro impegno nei confronti di una filiera più green. Il modello utilizzato è quello del professor Molteni.

Gli ambiti indagati sono otto:

  • Governance: etica ed integrità dell’azienda
  • Comunità: sostegno alla comunità locale
  • Filiera: acquisto di caffè certificato, tracciabilità e trasparenza
  • Persone: salute e sicurezza dei lavoratori
  • Prodotti e consumatori: consumo consapevole e sicurezza alimentare
  • Ambiente: packaging, emissioni di gas serra, consumi energetici, rifiuti ed economia circolare
  • Reporting e strategia: un aspetto basato sull’approccio strategico alla sostenibilità (obiettivi ecologici, monitoraggio risultati)

L’analisi esplora quindi diversi ambiti. Come già evidenziato, abbiamo utilizzato il modello Molteni che permette di evidenziare come la sostenibilità sia un percorso in cui tutte le aziende possono e devono migliorarsi con il tempo. Dalla ricerca si riscontra ancora una scarsa formalizzazione degli obiettivi e una limitata comunicazione dei risultati all’esterno dell’azienda. Abbiamo infatti avuto bisogno di interrogare direttamente le torrefazioni per saperne di più sul loro approccio ecologico”.

Un maggiore focus sull’informazione

“La gran maggioranza delle aziende pubblicano molte poche informazioni sulla sostenibilità su canali accessibili dall’esterno come siti internet. Abbiamo diviso l’impegno delle aziende nella sostenibilità in cinque fasi: informale, corrente, sistematica, innovativa e dominante. L’84% delle aziende da noi interrogate è ancora ai primi passi nell’impegno sostenibile e si colloca tra la fase informale e quella corrente nonostante si possa già notare un’alta qualità nell’approccio green. Il 12% delle aziende, d’altro canto, ricade sotto la definizione di sistematica, caratterizzate da una sostenibilità in tutte le fasi aziendali. Solo il 4% delle aziende si può definire invece innovativa in campo ecologico”.

sostenibilità
Una sostenibilità ai primi passi (dati: concessi)

Sara Triachini, dottoranda Agrisystem Università Cattolica, presenta i risultati dello studio: “L’ambito analizzato nella categoria prodotti e consumatori raggiunge il 44% del massimo del punteggio: questo settore è fortemente strategico nel business e include indicatori che sono obbligatori per legge. Abbiamo raccolto diverse informazioni come la sicurezza alimentare, le formazioni organolettiche delle miscele di caffè e la percentuale Arabica e Robusta. Le certificazioni hanno altresì un discreto successo considerando che sono state adottate dal 39% delle aziende”.

I risultati della ricerca

“È emersa dalla nostra ricerca una buona gestione nel campo della strategia con cui intendiamo la formalizzazione di tutti i documenti che ricadono nella famiglia delle politiche aziendali come salute e sicurezza dei lavoratori o per l’acquisto delle materie prime. Al terzo posto la categoria delle persone: le torrefazioni si impegnano a rispettare gli obblighi legislativi con la valutazione dei rischi sulla sicurezza nel posto di lavoro ma solo il 25% si dedica ad iniziative di welfare aggiuntive come possono essere i check-up medici gratuiti per i dipendenti. Per quanto riguarda la sostenibilità abbiamo esplorato tre macro-aree come la riduzione dei consumi energetici con l’acquisto di energia da fonti rinnovabili e il pre-riscaldamento del caffè in ingresso con il calore della tostata precedente”.

altis consumatori sostenibilità
Prodotto e rapporto con i consumatori al centro (immagine concessa)

“Per quanto riguarda il packaging, il 37% delle aziende dichiara di avere una linea di prodotti caratterizzati da un imballaggio totalmente riciclabile. Più ostico è stato il calcolo delle emissioni del gas serra: solo il 26% delle aziende dichiara di riuscire a monitore Scope 1 (emissioni dirette generate dall’azienda) e Scope 2 (emissioni indirette generate dall’energia acquistata e consumata dalla società), l’acquisto di energia e l’utilizzo dei combustibili fossili.”

altis sostenibilità
Sostenibilità a confronto nei diversi stadi (dati concessi)

Il rapporto tra la dimensione aziendale e la sostenibilità

“Una delle domande che ci siamo posti è: la dimensione aziendale incide sulla performance di sostenibilità? Abbiamo diviso le aziende in due gruppi: quelle più grandi e piccole. Abbiamo notato una correlazione positiva tra fatturato e sostenibilità: le medie delle due sottoclassi hanno una significatività di punteggio dell’1%. Le aziende più grandi sono più focalizzate sul reporting e la comunicazione rispetto alle micro-imprese”-

sostenibilità aziendale
Come la dimensione aziendale incide sulla sostenibilità (dati: concessi)

“Con un’analisi parallela ci siamo chiesti: lo specialty equivale alla sostenibilità? Le aziende focalizzate nello specialty sono, in media, più sostenibile rispetto alle altre? La risposta è sì. Abbiamo diviso due gruppi: uno specializzato in specialty o con almeno una referenza ed un altro non specializzato. Tra i due campioni c’è una differenza significativa al 5%. Vendere specialty è perciò correlato al punteggio di sostenibilità”.

specialty
Specialty sinonimo di sostenibilità (dati concessi)

Un percorso di continuo miglioramento

Valentina Bramanti conclude: “Cosa possono fare perciò le torrefazioni per essere più sostenibili? Dai risultati emerge una necessità di misurare e monitorare le proprie performance per definire chiari obiettivi di miglioramento. Urge il bisogno di raccogliere queste informazioni per offrire un quadro più completo alle aziende e soprattutto ai consumatori”.

Cosa possono fare poi gli attori della filiera? Sviluppare schemi e strumenti per la condivisione di informazioni su aspetti di sostenibilità sociale e favorire la cooperazione lungo tutta la filiera.”

Paolo Molinaroli, direttore generale di Caffè Musetti, esprime la sua opinione sull’argomento: “Mi sento di dire che le dimensioni di un’azienda contano molto nella performance sulla sostenibilità come dimostrato dai dati della ricerca. L’impegno nel green deve essere, a mio avviso, visto come un investimento. Bisogna far capire all’imprenditore che fare sostenibilità è sinonimo di managerialità. Prima di tutto, il consiglio che mi sento di dare agli imprenditori è circondarsi di persone competenti che capiscano il valore della sostenibilità e lavorare non solo sul prodotto ma anche sul brand: bisogna trasmettere al consumatore la cultura del caffè per creare più sensibilità sull’argomento. Ciò è difficile perché il consumatore non è abituato a percepire la qualità: è indispensabile perciò una maggiore educazione”.

“Noi che dobbiamo vendere caffè di qualità abbiamo difficolta a vendere ad un prezzo corretto che permetta a tutta la filiera di essere sostenibile. In questi tre anni, soprattutto con il Covid e l’inflazione che ha aumentato i prezzi, abbiamo fatto di tutto tranne che perseguire la strada della sostenibilità”.

“Per le aziende con un medio fatturato mettere risorse e competenze sulla sostenibilità che aumenta il costo del prodotto è molto difficile. In conclusione, il perseguimento della sostenibilità è dovuta principalmente dal Governo che ci aiuterà in questo percorso con le nuove normative e dal mondo della finanza che dovrà dare accesso a crediti agevolati alle aziende che si impegnano a perseguire una filiera più green”.

Una visione orientata verso il futuro

Arriva poi il turno di Stefano Gardi, chief sustainability officer, Italmobiliare-Caffè Borbone che afferma: “Caffè Borbone sin dall’inizio ha avuto una fondazione sulla sostenibilità. L’azienda è stata la prima a mettere sul mercato la cialda in carta compostabile ed a comprendere che venderla in un pacchetto di plastica, forse un controsenso, poi abbiamo modificato. Il 5% della carbon footprint del caffè sta all’interno della torrefazione: tutto il resto è all’esterno ed è lì che Caffè Borbone sta lavorando di più. La sostenibilità è un percorso che non finisce mai. Nessuno di noi potrà mai dire di essere completamente sostenibile. È indispensabile avere una visione orientata al futuro. Le missioni future per l’azienda sono: lavorare sulla filiera nel suo complesso, non solo nelle certificazioni, e creare legame con i fornitori di caffè crudo, protagonisti della filiera a valle”.

L’importanza di un legame solido con i produttori locali

Francesco Sanapo si aggiunge alla tavola rotonda: “Ditta Artigianale nasce da una mia esigenza di raccontare il caffè in una maniera completamente diversa. Questo desiderio mi ha portato a viaggiare e prendere contatti diretti con i produttori locali tra Brasile, Colombia e Ecuador. I nostri rapporti durano per anni. Ciò mi ha aiutato a controllare i vari prodotti, la loro qualità e la loro provenienza. Fare sostenibilità è difficile: la nostra missione è far raccontare i vari processi del caffè al consumatore medio”.

“Un’impresa non facile. Ad esempio ho preso una multa per aver venduto un decaffeinato a 2 euro: il cliente indispettito ha chiamato la polizia. Non c’era il simbolo del decaffeinato sul board menu nonostante ci fosse sul QR Code e dalle segnaletiche. Tutto è nato da quella persona che non ha saputo giustificare un costo del genere (ne abbiamo parlato qui). Fare sostenibilità e formare il consumatore è arduo”.

“Ditta Artigianale cerca di andare a fondo nel mondo del caffè anche nell’aspetto della sostenibilità. Ad esempio, ho smesso di comprare un caffè da una cooperativa in Etiopia perché la loro azienda ha deforestato gran parte dell’area verde della sua zona. Non ho voluto più esser parte di qualcosa che non rispetta il nostro Pianeta. Sono venuto a conoscenza di questo fatto solo grazie ad un viaggio che ho compiuto personalmente. Se non fossi andato di persona, non sarei mai venuto a conoscenza di questo problema. Ho cinque punti vendita in cui ho la fortuna di poter occuparmi anche di formazione sul personale e soprattutto sui clienti: ciò mi permette di esporre e condividere il valore di Ditta Artigianale e del mondo del caffè in ogni suo piccolo dettaglio”.

Una filiera sempre più green

Davide Licchelli, presidente, Altoga, parla della situazione del caffè specialty e degli investimenti per la filiera del caffè riallacciandosi al discorso di Paolo Molinaroli: “Come associazione diretta abbiamo affrontato spesso i temi legati allo specialty che rimane ancora un settore nicchia: tutte le torrefazioni associate hanno nei loro listini delle monorigini che sono di qualità alta ma che non rientrano nella categoria specialty, la quale andrebbe gestita in maniera più globale con un rapporto più diretto con i fornitori. L’idea di Altoga è quella di creare degli incontri con i torrefattori associati per diffondere lo specialty il più possibile”.

“Per quanto riguarda la sostenibilità, facendo parte della Confcommercio, abbiamo affrontato diversi aspetti tra cui quello dell’impresa sostenibile. L’utente finale non riesce ancora a capire la definizione di azienda green. Con il regolamento 852 dell’Unione Europea le definizioni verranno condivise per un maggiore chiarimento. Questo è fondamentale anche per garantire investimenti alle torrefazioni veramente interessate ad avere una politica più green: un aspetto che si rivela di grande importanza per perseguire un modello di filiera sempre più all’insegna della sostenibilità. Ci auspichiamo che quando arriverà il momento le aziende meritevoli potranno avere accesso diretto agli investimenti per poter sviluppare i propri progetti”.

Gianpaolo Braceschi, general manager Iei, conclude la giornata all’insegna della sostenibilità con una riflessione: “La ricerca mostrata mi ha fatto capire che la sostenibilità è un percorso: una volta raggiunto un obiettivo bisogna passarne ad un altro. C’è una forte correlazione tra la sostenibilità e la grandezza dell’azienda. Bisogna capire come migliorare la situazione attuale. Con le aziende cerchiamo di capire in che modo si posizionano e aiutarle a capire come essere più sostenibili per ottenere una filiera sempre più green e in linea con una vision sempre più all’insegna della sostenibilità”.

Sostenibilità lungo la filiera del chicco: che cosa significa ora per un torrefattore?

0
aziende esg sostenibilità innovazione eu ue rifiuti
Aziende più attente alla sostenibilità (immagine: Pixabay)
MILANO – Rispetto per l’ambiente, attenzione ai coltivatori alle origini, cura della qualità importata: la sostenibilità è un tema che raramente si può esaurire soltanto all’interno di una sola parola. Soprattutto quando si parla di una filiera complessa e composita come quella del caffè. Questo è il punto cardine attorno cui si è sviluppato il webinar “Sostenibilità in chicchi quali opportunità per la filiera del caffè?”  organizzato da ALTIS Advisory e Osservatorio OPERA dell’Università Cattolica.
Presenti e pronti per la tavola rotonda: Paolo Braceschidirettore generale dell’Istituto espresso italiano (IEI), Stefano Gardi, sustainability manager per Italmobiliare-Caffè Borbone, Davide Licchelli Presidente di Altoga, Francesco Sanapo, amministratore delegato di Ditta Artigianale, Paolo Moliranoli, direttore generale di Gruppo Musetti.
Il punto di vista indagato è quello della parte finale della supply chain, con i torrefattori messi sotto la lente di ingrandimento del report: capire da che punto si sta partendo per arrivare a migliori risultati nei prossimi anni, è alla base della conversazione tra ricercatori e aziende di trasformazione.
Chi si è dovuto occupare di studiare le informazioni ricavate, ha subito sottolineato come, lavorare sulla filiera del caffè non sia un compito facile. Coinvolti in questo processo gli steakholder e i grandi imprenditori che vivono in prima linea il problema della sostenibilità.

Ma perché parlare di sostenibilità e perché farlo focalizzandosi sulla filiera del chicco e delle torrefazioni italiane?

L’interesse si può trovare proprio nelle sue caratteristiche: nelle sue peculiarità, nella pluralità di attori e di paesi d’origine molto differenti che la compongono, questa specifica filiera consente di abbracciare a 360 gradi le sfide della sostenibilità del presente e del prossimo futuro.
Queste possibili evoluzioni devono fare i conti con gli impatti diretti che gli stessi torrefattori producono e quelli invece determinati alle origini. Sostenibilità in questa accezione significa tenere in considerazione i consumi energetici, le emissioni rilasciate nell’atmosfera e anche i risvolti di natura sociale ed economica (i diritti dei lavoratori, la partecipazione femminile molto nutrita tra i coltivatori, la tutela del lavoro minorile e forzato, infine il tema dell’equa remunerazione).

E quindi ancora una volta, sostenibilità come discorso di filiera che quindi esce dai confini strettamente aziendali delle torrefazioni

Cambiamenti necessari quanto in linea alle spinte del mercato attuale, caratterizzato da dei consumatori sempre più consapevoli e attenti nel momento dell’acquisto. Hanno bisogno di informazioni che si basano su misurazioni. I claim e gli slogan facili non bastano più, ci vuole sostanza.
Lo stimolo alle imprese arriva anche da un’altra fonte esterna: l’Unione Europea, con la strategia di sviluppo sostenibile sta emanando e ha già emanato una serie di direttive che spingono il concetto di sostenibilità che esce dai confini di un’impresa.
Le torrefazioni, di qualsiasi dimensione, sono sempre più portate ad esser trasparenti, a prendersi la responsabilità dei loro effetti sull’ambiente e la società, a fornire dati confrontabili.

Il quadro della sostenibilità

Partiamo dai primi dati che già sono un segnale di quanto ancora manchi una partecipazione significativa da parte del comparto: in effetti, su 977 aziende contattate per costruire il report, hanno risposto per compilare al questionario soltanto in 49, che si trovano al di sotto della soglia di fatturato dei 61 milioni di euro.

Quanto e come si comportano in maniera sostenibile?

Sui diversi ambiti indagati, i concetti che compaiono ricorrenti sono quelli di tracciabilità, trasparenza, packaging sostenibile, riduzione dei consumi energetici e limitazione delle emissioni.
Dal report emerge ancora una volta come lo sostenibilità sia un percorso all’interno il quale tutte le aziende possono migliorare le proprie performance: si inizia da un livello di partenza in cui la sostenibilità risulta più sommersa, con iniziative di sostanza ma più sporadiche e meno strutturate, con scarsa formalizzazione di obiettivi e limitata comunicazione esterna.
Indagando il grado di sostenibilità a cui si è arrivati sin qui, sono tante le aziende che pubblicano poche informazioni in merito, tanto meno attraverso canali accessibili come i siti web. Ben l’84% si colloca in questi stadi iniziali.
Si è ancora lontani dall’affrontare la sostenibilità in maniera più sistematica, ovvero quando l’azienda intuisce che questo cambio green è un vantaggio competitivo e per questo si orienta su un piano strategico che va anche al di fuori dei confini aziendali, agendo su tutta la filiera.
Il punto di arrivo ideale è quando la sostenibilità diventa il tratto caratterizzante dell’impresa stessa, che riesce a comunicare attributi di sostenibilità sia attraverso i prodotti che l’immagine stessa dell’impresa. Ma ancora la strada è tutta da percorrere.
Un altro indizio sull’approccio verso la sostenibilità: a fronte del fatto che al centro delle strategie delle torrefazioni, stanno il prodotto e il rapporto con i consumatori, colpisce invece la carenza di comunicazione sulle pratiche sostenibili attivate.
Gli interventi sulla filiera risultano meno significativi, così come lo scarso acquisto di caffè certificati e la carenza di tracciabilità e trasparenza. Il 60% delle aziende è in effetti interessato alle pratiche socio-ambientali negli stati produttori, ma il 20% soltanto riesce a verificarne lo svolgimento tramite controlli in loco.

Altro elemento da indagare sulla sostenibilità: quanto la dimensione aziendale incide sulla performance?

Tra micro e piccole-medie-grandi torrefazioni, le certificazioni risultano possedute soprattutto dalle imprese più grandi.
E lo specialty è davvero sostenibile?
In effetti è evidente una differenza significativa: vendere specialty è positivamente correlato con un punteggio più alto in termini di sostenibilità.

E allora, di fronte a queste evidenze ricavate dal report, quali sono gli spunti per le torrefazioni?

Per poter parlare, ma soprattutto per poter agire sulla sostenibilità, resta fondamentale misurare e monitorare gli impatti, individuare i KPI e definire gli obiettivi futuri.
Non basta, perché si deve anche comunicare ciò che si è raggiunto, sfruttando ad esempio il sito web e gli altri punti di contatto per sensibilizzare e valorizzare non solo la qualità del prodotto, ma anche le azioni dell’aziende, supportati dai dati e da informazioni dettagliate.

Altri concetti che non possono prescindere dalla sostenibilità: cooperazione, condivisione, relazioni trasparenti

Nel quadro attuale la sostenibilità non è ancora stata sistemizzata nel mondo aziendale. L’assenza di obiettivi, la difficoltà di raccolta e di monitoraggio dei dati, sono per il momento le sfide da cogliere per migliorare.
Conta anche coinvolgere quello che spesso, soprattutto per le torrefazioni che lavorano con l’horeca, è l’interlocutore ultimo: non è il consumatore, ma il barista, che culturalmente deve cambiare e aprirsi al discorso di sostenibilità per poi poterlo trasmettere a sua volta al di là del bancone.

Sostenibilità, un termine che è strettamente legato ad un altro: investimento

L’imprenditore deve comportarsi da manager per avere un ritorno ROI di questi processi.
Sostenibilità significa anche trovare un equilibrio tra prezzo e qualità servita. Perché difficilmente si può parlare di sostenibilità lungo la filiera, se non si riesce a comunicare al consumatore finale che un costo più alto del prodotto è giustificato in quanto sostenibile e di qualità.

Così come ha riassunto bene Sanapo: “Far capire che quel prodotto genera ricchezza e non povertà”.

La sostenibilità, di cui ci si dovrebbe occupare prima di esser obbligati dalle normative. Ricordando che il 95% dei rischi e di opportunità si trovano al di fuori dalla zona di trasformazione e quindi dai torrefattori. Si deve quindi agire maggiormente alle origini della filiera, lungo tutta la logistica.
La sostenibilità è una visione.
E deve passare anche dal toccare con mano la materia prima, dal controllo delle piantagioni e delle condizioni con cui si coltiva il caffè.

Il Convegno sul futuro del caffè si conclude con le parole di Michele Monzini: “Forte partecipazione, molti quesiti”

0
Michele Monzini Presidente del Consorzio Promozione Caffè presenta il convegno sul futuro del caffè in Italia
Michele Monzini Presidente del Consorzio Promozione Caffè presenta il convegno sul futuro del caffè in Italia
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Ultimo giro di quesiti e tentativi di dare delle linee guida da sfruttare nel prossimo futuro, che hanno trovato spazio nella cornice creata dal Consorzio promozione caffè nel Campus Simonelli Group. Il dibattito è talmente sentito, che si potrebbe andare potenzialmente avanti per sempre. E probabilmente questo è soltanto l’inizio di un lavoro condiviso.
Qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, e qui, si possono trovare i contenuti precedentemente pubblicati.

Convegno per fare il punto sul mercato: ci si avvia alla fine

Un appunto arriva dalla platea: “Non si può procedere come singola azienda, bisognerebbe agire a livello nazionale ed avere la possibilità sul serio di iniziare un percorso di educazione, usando delle risorse, anche pubbliche. Con una grande campagna comunicative sul caffè, sul suo valore, sulle percezioni da cambierebbe, aiuterebbe molto.”
Gruppo italiano torrefattori, Omar Zidarich: “Si parla di sfida di filiera, ma non corrispondiamo con le associazioni, che però sono importanti perché la lotta si farebbe molto più grande.
Un esempio pratico: parliamo di sostenibilità. Science Park di Trieste, Un organo di ricerca dello Stato, ha svolto uno studio scientifico sul silver skin, la pellicola scarto di rifiuto dei torrefattori, ma non si riesce ad avere i numeri perché nessuno risponde. Sono gli stessi torrefattori che parlano di ecosostenibilità, che vorrebbero il riciclo. Ho dovuto fare, da presidente del Gruppo italiano, un lavoro certosino per dire: vi prego, dateci quello che chiediamo, perché l’Organo da solo non ce la fa. Ricordiamoci delle associazioni.
Forse noi associazioni non siamo tanto accattivanti, ma vi chiedo allora dove stiamo sbagliando. Il discorso di filiera è quello di restare uniti.”

Max Fabian Demus: diversificazione, cultura sul caffè

“Sono decenni che facciamo questi discorsi, tra la Specialty Coffee Association, il Consorzio promozione caffè. Questi temi non sono novità. Allora, perché non siamo stati finora efficaci? Come lavorare insieme sul pre competitivo? 
Seconda cosa: sostenibilità. La grande difficoltà in questo momento è mettere insieme la filiera del caffè. Ci sono i paesi consumatori, ci sono poi quelli produttori, normalmente distanti – eccezion fatta per il Brasile che è sia forte consumatore che produttore -: come facciamo a ridurre questo gap, soprattutto in termini di sostenibilità e tracciabilità, che sono questioni anche di tipo normativo? “

Ultimo spunto: cercare di lavorare insieme per far crescere la cultura del caffè nel consumatore

Un commento dal pubblico di partecipanti: “Purtroppo le piantagioni di caffè non ci sono in Italia e quindi non si può toccare con mano cosa sia il caffè, cosa vuol dire produrne di qualità come per il vino. Dobbiamo fare più squadra per sollecitare la curiosità del consumatore per avvicinarsi nel capire cosa sia la qualità nel caffè.
Oggi tutte le aziende stanno facendo degli sforzi in tal senso, ma non c’è ancora grip nel consumatore nel proseguire e a considerare questo mondo con una logica staccata dalla commodity.
Avremmo anche un’opportunità per fare network: che è la candidatura del caffè espresso all’Unesco. Potrebbe essere una grandissima occasione per fare squadra e vedere questo prodotto valorizzato senza diversità. Iniziando da qui per portare la bevanda e mantenere la nostra maternità in Italia nei confronti del mondo.
Sobrero: “Bisognerebbe attivare una strategia non push, ma pull. Cioè incentivare le persone ad essere loro curiose e non spinte. Stimolare la curiosità è difficile, ma forse è l’approccio strategico più efficace.”
Finzi, sulla difficoltà del mondo associativo: “E’ una difficoltà arcinota nel fare le cose insieme. Credo che la tecnica migliore sia che dimostrare che insieme le cose cambiano. Collaborare è fondamentale e dobbiamo renderlo possibile.
Nel caso specifico dei dati che non vengono condivisi, dobbiamo capire perché: se è una questione di trust, non si vuole condividere per non fare sapere niente al competitor, dobbiamo trovare qualcuno che si occupi soltanto come cassaforte di dati.
Riceviamo da tutti le informazioni, facciamo una sintesi e delle medie e tutti gli altri dati li cancelliamo. Il punto chiave resta il capire che insieme si fanno le cose meglio. In Europa lo vediamo e dobbiamo insistere andando in questa direzione, perché funziona.”
Maurizio Mutti: “Aggiungo qualcosa in materia della sostenibilità e del comportamento del consumatore al supermercato. La sostenibilità è importante, ma ricordiamoci che i prodotti sostenibili non possono avere un prezzo troppo alti rispetto a ciò che il consumatore è disposto a pagare.
Altrimenti, il rischio è quello che non è disposto a sostenere questi prezzi. Abbiamo visto un esempio su un prodotto che è passato dalla plastica al compostabile, però aumentando il prezzo, ha preso a morire nel tempo.
Il messaggio che quindi diamo in base ai nostri dati: stiamo attenti ad assumerci la responsabilità della sostenibilità senza scaricarlo troppo sui consumatori.”
Professor Gregori: “Quello che vorrei portaste a casa di ciò che ho detto: abbiamo tanti strumenti gestionali, alcuni non costosi, che possono esser utilizzati per migliorare le performance aziendali. La riflessione è: cerchiamo di capire ciò che ci può servire. Ritorno sull’idea di un’Accademy: su questi temi sarebbe interessante fornire dei modelli gestionali, degli strumenti, utili alle vostre esigenze.”

Conclusioni finali affidate a Michele Monzini

Abbiamo tante volte detto “insieme”. Ringrazio nuovamente tutti, mi sembra che il convegno sia piaciuto, rispetto al numero di domande e di partecipazione. Volevo ringraziare ancora Simonelli Group per l’ospitalità che ci ha dato, sono stati bravissimi ad ospitarci in questa location.
I nomi sarebbero tantissimi: Nando Ottavi, il presidente, Marco Feliziani, l’amministratore delegato, ma anche Carlo Ciamarra che ha fatto un lavoro enorme per questo incontro.
Maurizio Giuli, per il grande supporto nell’organizzazione. Ma le persone sono tantissime. Un ringraziamento particolare a Francesca Romana Eliseil, giornalista della Rai. Con la sua moderazione è riuscita a dare un valore aggiunto a degli interventi già ad un lavoro molto alto. Per questo ringrazio tutti gli interlocutori.”
convegno Campus
Il Campus Simonelli sede del convegno sul futuro del caffè in Italia

Caffetterie a marchio: l’Italia è uno dei mercati più vivaci

0
starbucks genova caffetterie
L'esterno del nuovo Starbucks a Genova (immagine concessa)

MILANO – Il mercato europeo delle caffetterie a marchio continua a tirare, nonostante il difficile contesto economico attuale, e l’Italia è tra i paesi che dimostrano maggiore dinamismo, specie nei consumatori più giovani. Secondo il report Project Café Europe 2023 di Allegra, il segmento delle caffetterie a marchio è cresciuto del 3,3% negli ultimi 12 mesi raggiungendo un totale di 42.800 locali in Europa.

Con l’emergenza Covid alle spalle, oltre i tre quarti dei competitor (76%) registrano una crescita delle vendite, pur trovandosi alle prese con le difficoltà legate al caro vita, al lievitare dei costi, nonché con le ricadute del perdurante conflitto in Ucraina.

Il sentiment è dunque buono solo a metà: il 58% dei leader dell’industria intervistati descrivono infatti la situazione come positiva, ma meno della metà si aspetta un miglioramento delle condizioni di mercato nei prossimi 12 mesi. E un ulteriore 17% prevede addirittura un peggioramento.

Ma, al di là della congiuntura, il trend di fondo appare solido, con uno zoccolo duro di consumatori che continuano a frequentare le caffetterie, nonostante gli attuali chiari di luna: il caffè al bar rimane un piccolo piacere al quale la gente fa fatica a rinunciare.

E la situazione si presenta promettente anche in Italia, paese che ha evidenziato, secondo il report, un altro anno di crescita graduale, ma solida.

Il settore delle caffetterie a marchio rimane una nicchia nel nostro paese. L’Italia è appena il nono mercato europeo, con un totale di 1.160 esercizi riconducibili a questa particolare tipologia commerciale.

Allegra sottolinea che oltre 4 italiani su 5 (84%) bevono caffè e che più di 1 su 3 consuma il caffè al bar con cadenza quotidiana.

Ma le usanze radicate e il prezzo sempre basso della tazzina al banco dei bar tradizionali fanno sì che l’Italia sia un paese nel quale i grandi brand internazionali stentano a fare breccia.

Contenuto riservato agli abbonati.

Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.

Goglio: la maggioranza della brasiliana Mega Embalagens, acquisita dall’azienda italiana

0
goglio
Il logo Goglio

Goglio ha ufficializzato l’acquisizione della quota di maggioranza (51%) di Mega Embalagens. L’operazione verrà sostenuta da Simest, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale e un finanziamento soci. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale La Stampa.

Goglio acquista la maggioranza della brasiliana Mega Embalagens

MILANO – Goglio, azienda italiana attiva nel settore del packaging flessibile, ha finalizzato l’acquisizione della quota di maggioranza (51%) di Mega Embalagens, azienda brasiliana che fornisce a livello nazionale e internazionale imballaggi flessibili destinati a diversi campi di applicazione, tra cui l’alimentare, l’igiene e, in particolare, il pet food. Fondata nel 1993, Mega Embalagens ha sede a Salvador do Sul (Brasile), impiega circa 400 dipendenti, commercializza i propri prodotti in oltre 15 paesi e registra un fatturato di circa 50 milioni di euro.

La leadership di Goglio nel settore del caffè potrà ora consolidarsi grazie all’ingresso in un mercato fondamentale come quello brasiliano, il secondo al mondo per consumi di caffè con oltre 200 milioni di consumatori e primo al mondo per la produzione di caffè verde.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Il locale storico Casa Saicaf riapre il 1° agosto a Bari, Massimo Zanetti: “Il nostro orgoglio”

0
Da sinistra: Massimo Zanetti, patron della Massimo Zanetti Beverage Group e socio, Salvatore Petriella, pastry chef e creatore Casa Saicaf, Leonardo Lorusso, direttore commerciale Saicaf Spa (immagine concessa)

BARI – Apertura al pubblico il 1° agosto. È la data svelata durante la serata inaugurale di degustazione organizzata per presentare il novo progetto Casa Saicaf nel cuore della città. In corso Cavour angolo via Dante, lì dove i cittadini hanno imparato ad apprezzare lo storico Gran Caffè Saicaf, l’azienda barese e il pasticciere Salvatore Petriella, regaleranno a Bari una nuova esperienza di gusto e armonia.

La riapertura di Casa Saicaf a Bari

Un luogo racchiuso tra contemporaneità e storie passate, un luogo del cuore dove rifugiarsi e coccolarsi, dove farsi ammaliare dai peccati di gola della pasticceria e inebriarsi dell’aroma soave di un espresso appena fatto. Una piccola ‘macchina del tempo’ dove staccare dalla frenesia della vita.

Lo spazio sarà diviso in due ambienti: al piano strada Casa Caffè dove oltre all’espresso ci sarà la pasticceria (anche quella mignon), gelateria artigianale, proposte di snack bar e – il cavallo di battaglia dell’azienda – una postazione con più miscele di caffè e varie estrazioni dove oltre gustare la moka si potrà portare via caffè fresco macinato al momento.

Al piano superiore nasce La Madia: si potrà pranzare e cenare dalle 12.00 alle 23.00 no stop con una cucina molto curata. Ma niente paura: gli amanti della pizza non rimarranno delusi perché alla regina del cibo italiano non si può rinunciare. Il menù sarà studiato per tutti.

Si è voluto puntare su un servizio che è una novità a Bari, quello no stop per accogliere i baresi che amano vivere la notte. Dietro questo progetto c’è tanto impegno e cura, un lavoro protratto nel tempo che Saicaf e Petriella hanno voluto curare nei minimi dettagli per condividere con la città qualcosa di speciale, di indimenticabile.

casa saicaf
L’interno di Casa Saicaf (immagine concessa)

Alla serata inaugurale hanno partecipato – tra gli altri – anche il socio dell’azienda Massimo Zanetti, patron della Massimo Zanetti Beverage Group, holding costituita da un ampio network di marchi internazionali (dal tè al caffè, al cacao fino alle spezie) tra i preferiti dai più importanti distributori mondialiil presidente e amministratore di Saicaf Spa Antonio Lorusso, il pastry chef e creatore Casa Saicaf Salvatore Petriella, il direttore commerciale Saicaf Spa Leonardo Lorusso, l’amministratore delegato Saicaf Alessandro Grossi e il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.

Le dichiarazioni

Antonio Lorusso, presidente e amministratore di Saicaf SpA : “Non posso fare a meno di ripercorrere nella mia mente la storia di questa azienda e della mia famiglia che ha dato vita ad una delle aziende più note e rappresentative del tessuto economico pugliese. Una storia che ha più di 90 anni e porta con se i ricordi di me bambino e poi maggiorenne quando entrai a far parte di questa meravigliosa avventura”.

Lorusso continua: “Questo posto in cui ci troviamo oggi è la storia del caffè a Bari, è il salotto della città con tanta affluenza: quando si chiamava Caffè Savoia era un punto di ritrovo frequentatissimo anche perché di bar in città ce ne erano pochi. Ho visto crescere questa azienda e anche se ci sono stati cambiamenti e novità, posso dire che orgogliosamente il profumo della Saicaf non è mai cessato. Grazie all’affetto dei cittadini baresi che ci ha accompagnato per tutti questi anni, per aver condiviso la vita con il ‘bar Saicaf’: sono certo che genitori, figli, nipoti possano raccontare una parte della loro vita con lo sfondo del nostro amato locale.”

Una storia in continuo divenire

Lorusso aggiunge: “Cosa significa per me l’inaugurazione di oggi? A 18 anni iniziai a lavorare alla torrefazione e diedi il mio contributo alla crescita dell’azienda, quindi so cosa voglia dire seguire i collaboratori e non improvvisare nulla. Non l’abbiamo mai fatto e quindi auspico con questo nuovo progetto di raggiungere le alte vette che una storia del genere merita. D’altronde il mondo sta cambiando, Bari sta cambiando e noi con coraggio e volontà seguiamo l’evolversi del tempo: l’ultima operazione aziendale è stata l’ingresso di Massimo Zanetti, mio amico da anni, come socio dell’azienda, un socio di caratura mondiale che ha aggiunto autorevolezza ed esperienza alla nostra pluriennale storia pugliese“.

Lorusso conclude: “Infine, credo sia doveroso ricordare anche chi a questo cambiamento ha dato tanta ispirazione perché i primi passi del progetto ‘Casa Saicaf’ sono stati fatti dall’ingegner Nicola Signorile con Salvatore Petriella e questa apertura alla novità credo sia stato il valore aggiunto alla nostra tradizione”.

Un luogo storico per la città

Massimo Zanetti, patron della Massimo Zanetti Beverage Group e socio Saicaf: “Oggi per noi è un grande orgoglio aprire le porte di Casa Saicaf perché ritrova un luogo storico della città, è il salotto della città. Ci siamo affidati ad un imprenditore giovane, Petriella, che ha avuto già molto successo con le sue creazioni e ha dimostrato tanto coraggio per realizzare questo progetto. La Saicaf lavora al servizio della clientela e sono certo che la gente della città, ma non solo, apprezzerà gli sforzi che sono stati fatti per rendere questo spazio un gioiellino”.

Alessandro Grossi, amministratore delegato Saicaf Spa: “Il grande lavoro che c’è dietro i prodotti Saicaf è funzionale al nostro ‘credo’ che è quello di offrire ai clienti un’eccellenza nel panorama della caffetteria integrata con livelli di esperienza ad alto spettro”.

Un prodotto esclusivo e raffinato

Grossi continua: “Tutti i nostri tecnici hanno acquisito un’ottima conoscenza della materia prima e questo permette di scegliere un prodotto esclusivo e raffinato: l’origine del nostro caffè non è univoca; la nostra è una miscela che arriva da più parti del mondo come Centro e Sud America, Africa e Asia  e questo perché grazie agli studi abbiamo selezionato le eccellenza in tutte queste regioni del globo riuscendo a donare al nostro espresso pienezza, corpo, cremosità e profondità. Una parte aromatica che ha sempre contraddistinto la Saicaf e lo farà anche in questo nuovo progetto tutto da scoprire”.

Leonardo Lorusso, direttore commerciale Saicaf Spa: “C’è tanta caparbietà in Saicaf nel voler raccontare un luogo che gli ha dato i natali rendendolo  unico ma soprattutto speciale nei contenuti del prodotto. Da sempre questo luogo ha rappresentato l’eccellenza dell’espresso Saicaf per i consumatori, i cittadini e i baristi che convintamente hanno avuto fiducia in noi. È una scommessa non da poco. I baristi lavorano il nostro prodotto ed espongono il nostro marchio con orgoglio e senso di appartenenza”.

Un’esperienza multisensoriale

Lorusso aggiunge: “La sfida che ci aspetterà è trasferire con entusiasmo l’essenza, l’anima e i valori  del nostro marchio alle nuove generazioni che si concretizzano in un espresso che non rappresenta semplicemente una tazzina di caffè ma un’esperienza multisensoriale. In maniera convita, a volte prepotente, ci siamo impegnati nel progetto ‘Casa Saicaf’ perché siamo orgogliosi del nostro prodotto così come lo è stato il Gruppo Zanetti che ha puntato su di noi che rappresentiamo una conferma territoriale e ora avremo una forza multinazionale. L’ambiente che abbiamo creato è molto suggestivo oltre che evocativo: moda anni Cinquanta, atmosfere graziose ed eleganti per sentirsi importanti. È la nostra cifra stilistica. Saicaf è tutto questo”.

Casa Saicaf: un luogo evocativo

Salvatore Petriella, pastry chef e creatore Casa Saicaf: “Abbiamo cercato di creare un ambiente che sia un mix tra la contemporaneità, alcuni dettagli del passato e il calore che si può trovare a casa. Casa Saicaf è stata un’idea avuta per ridare alla città un posto evocativo, che raccontasse storie ed eventi che la gente ha vissuto in tempi diversi quindi dal più giovane al più anziano, abbracciando le diverse anime della città: spesso incontro gente che mi racconta dei ricordi personali trascorsi davanti al bancone di corso Cavour e questo mi ha ispirato sullo scopo nobile di ridare a Bari un posto famigliare, confortevole, accogliente e rilassante”.

Petriella aggiunge: “Anche un po’ macchina del tempo per rivivere momenti belli. E infatti nell’arredamento ci saranno dettagli, che richiameranno la vita del primo locale: sui muri, sulle pareti, sui vetri ci saranno forme geometriche appartenenti al bancone in legno del Gran Caffè. Entrando da corso Cavour, in alto a destra, ci sarà un cassone in legno che ricorda un po’ il cinema anni Settanta dove saranno esposti i gusti dei gelati e subito sopra queste geometrie che continuano sul controsoffitto e poi riportate sulla vetrata di via Dante; ad angolo con corso Cavour è stata creata una struttura assemblando queste forme in legno”.

La tradizione incontra l’innovazione

Petriella continua: “Lo spazio è diviso su due livelli: su è più spiccato il mood anni Cinquanta, il primo piano è più contemporaneo ma comunque l’intero ambiente è tutto molto pulito, fresco, ricercato, non abbiamo osato con colori forti, abbiamo scelto quelli caldi che richiamano il caffè, il cioccolato, la nocciola, il bianco e il verde in due tonalità che ricorda quello del banco del Gran Caffè. Dettagli che danno vita ai ricordi. Per quanto riguarda l’aspetto gastronomico faremo la pasticceria per tutti, quella mignon tipica della domenica, gelateria artigianale anche senza lattosio e senza glutine; offerta snack bar interessante e il fiore all’occhiello: postazione con più miscele di caffè e varie estrazioni”.

C’è di più: “E poi daremo risalto alla moka, sia da gustare in loco sia da asporto cioè caffè fresco macinato al momento. Saicaf ha pensato anche a confezioni da mezzo chilo in grani in carta compostabile per non pesare sull’impatto ambientale. Lo spazio, come detto, è spalmato su due piani: giù Casa Saicaf e su La Madia dove sarà possibile pranzare e cenare dalle 12.00 alle 23.00 ‘no stop’ con una cucina molto curata e pizzeria con impasti ben studiati: dalla lievitazione all’idratazione proprio perché possano essere digeribili per tutti i clienti non solo quelli con specifiche richieste”.

Petriella: “La proposta no stop è una novità in una Bari ormai capitale del Mediterraneo dove soprattutto in estate ci si muove fino a tardi e si può trovare sempre un posto accogliente dove gustare ottimo cibo: questo è anche un modo per creare quel legame con i clienti, con i  cittadini, sempre al centro di Casa Saicaf”.

Un punto di riferimento per Bari

In conclusione: “Infine abbiamo pensato anche ai genitori: chiunque dovrà sentirsi a casa e dunque ci sarà l’angolo nursery e l’occorrente per la tavola, dai bavaglini usa e getta alle posate baby. Insomma, noi abbiamo pensato a tutto e tutti ma siamo sempre pronti a migliorare. Mi auguro proprio che i baresi si innamorino di questo nuovo ‘salotto cittadino’. Ci abbiamo messo il cuore”.

Antonio Decaro, sindaco di Bari: “Il ritorno del marchio Saicaf nel contesto economico della nostra città è una notizia che accogliamo con grande soddisfazione, non solo perché l’apertura di una nuova attività è sempre un evento positivo per la crescita del tessuto locale ma anche perché, a distanza di alcuni anni, torna a vivere un luogo che per decenni è stato punto di riferimento per i baresi e per i tanti che venivano a trovarci anche dai Comuni limitrofi. Avere il coraggio di rinnovarsi nel portare avanti una storia importante come quella dello storico “Gran Caffè Saicaf”  è una sfida che vogliamo sostenere e incoraggiare”.

Decaro continua: “Bari oggi sta vivendo un forte momento espansivo dovuto a una serie di fattori, tra cui certamente spiccano la forza e le competenze di una classe di giovani imprenditori capaci di  investire sul territorio a partire dai grandi marchi, sinonimo di identità, qualità e tradizione, senza rinunciare all’innovazione e alle regole della nuova scena commerciale e del settore della ristorazione e ricettività”.

Caffè Greco di Roma: l’Appello dopo la Cassazione ordina di liberare i locali dello storico bar di Via Condotti

0
antico caffè greco
Una tazzina dell' Antico Caffè Greco (foto presa da Google Creative Commons Licenses)
La Corte d’appello di Roma ha infine dato ragione all’Ospedale Israelitico, il proprietario dell’immobile che ospita lo storico bar di via Condotti. L’Ente ha comunicato che la Corte d’appello di Roma ha confermato la correttezza dell’operato della Proprietà, descrivendo come inammissibile l’azione intrapresa dalla società che ora occupa l’immobile per impedirne il rilascio (ne abbiamo parlato qui).
Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Sofia Unica per il portale d’informazione 7Colli.

Lo sfratto del Caffè Greco riconosciuto da cinque sentenze

ROMA – La Cassazione ha messo la parola fine alla querelle sulla sfratto dello storico Caffè Greco di Roma, ordinando di fatto di liberare i locali. L’azione legale è stata portata avanti dall’Ospedale Israelitico (proprietario dell’immobile che ospita lo storico bar di via dei Condotti).
L’Ente comunica che la Corte d’appello di Roma ha nuovamente confermato la piena correttezza dell’operato della Proprietà, dichiarando inammissibile l’azione intrapresa dalla società che attualmente occupa l’immobile al fine di impedirne il rilascio.
Tale provvedimento ribadisce quanto già riconosciuto dalle altre cinque sentenze precedenti del Tribunale e della Corte d’Appello di Roma e che dunque il provvedimento che ordina il rilascio dell’immobile deve essere eseguito. L’Ospedale Israelitico non può essere costretto ad alcun rapporto negoziale forzato.
Inoltre, il vincolo del ministero dei Beni Culturali è perfettamente compatibile con l’affidamento dell’immobile a un altro gestore e i beni e le opere presenti all’interno dell’immobile continueranno a essere tutelati dall’Ospedale nel rigoroso rispetto del vincolo ministeriale, rassicurando che la chiusura del Caffè Greco mai  presa in considerazione in quanto sarebbe contro la legge e che il nosocomio preserverà il valore storico e culturale che il prestigioso immobile rappresenta per la città.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.