martedì 02 Dicembre 2025
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Work from home day: il lavoro ibrido fa risparmiare 60 minuti al giorno

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smart work
I benefici dello smart working (immagine concessa)

MILANO – Il Work From Home Day, che ricorre ogni 17 maggio, è stato istituito per celebrare quei giorni in cui i dipendenti hanno l’opportunità di lavorare da casa, evitando il pendolarismo e riuscendo a ottenere una serie di vantaggi che si riflettono soprattutto sulla qualità della vita.

È stato appurato, infatti, che lavorare da casa qualche giorno alla settimana porti benefici sia ai datori di lavoro, sia ai dipendenti, permetta di risparmiare sui costi dell’ufficio, aiuti a ridurre il traffico e offra la possibilità di gestire i carichi di lavoro in modo efficace e produttivo.

I benefici di lavorare da casa

È inoltre uno strumento molto utile per i lavoratori che stanno attraversando difficoltà temporanee nell’assistenza ai familiari fragili. Da una nuova ricerca del National Bureau of Economic Research riportata recentemente da Euronews emerge infatti che i lavoratori italiani grazie allo smart working risparmiano ben 61 minuti al giorno, il 31% dei quali vengono dedicati al riposo, il 15% al caregiving e il 34% ancora al lavoro principale o a un secondo lavoro.

Risulta chiaro che a beneficiare di questa modalità di lavoro sia l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Le percentuali cambiano se il lavoratore ha dei figli. Le donne con bambini più piccoli di 14 anni hanno dichiarato di aver dedicato alla cura dei figli 11,4 minuti in più del loro tempo.

Sempre dalla stessa ricerca emerge un altro dato significativo: un quarto dei lavoratori intervistati ha dichiarato che lascerebbe o inizierebbe a cercare un altro lavoro se fosse costretto a tornare sul posto di lavoro 5 giorni alla settimana.

Più in generale, come confermano anche i dati del VI Rapporto Censis-Eudaimon, il 71,8% degli occupati italiani intervistati ritiene che lo smart working non faccia lavorare meno e questo lo pensa sia chi ha avuto esperienze di lavoro da casa, sia chi non ne ha avute.

Un elemento di attenzione quindi per molte aziende che rimangono scettiche o espressamente contrarie allo smart working perché convinte che i dipendenti siano meno produttivi rispetto al lavoro in presenza.

Un fenomeno e una modalità lavorativa che coinvolge oramai un numero importante di lavoratori e che è diventato un elemento chiave nella scelta fra un posto di lavoro ed un altro: le elaborazioni Censis sui dati Istat hanno consentito di affermare che le persone che lavorano da casa erano circa 1.053.000 nel 2019, prima del Covid, sono saliti a oltre 3 milioni nel 2020 e, oggi sono scesi a circa 2,7 milioni. Pertanto, la quota in lavoro da casa sul totale occupati ha disegnato una parabola passando da 4,9% a 15,8% al più recente 12,2%.

Secondo Daniela Ivaldi, sales manager di Eudaimon “Lo smartworking, e la sua razionalizzazione dopo la emergenza pandemica, è sicuramente una opportunità per le aziende per andare incontro a bisogni e istanze dei propri lavoratori. Venendo al tema della presunta minore produttività, in Eudaimon crediamo che una realtà lavorativa che si prende cura dei dipendenti tendenzialmente migliori l’engagement e lavoratori che sentono vicina la propria azienda lavorino meglio e producano di più a prescindere da dove si trovano fisicamente”.

La gestione del tempo

“Più in generale – continua Ivaldi – Il tempo è una risorsa spesso scarsa e la sua gestione è sempre più importante per i lavoratori. Ci sono momenti belli, come l’arrivo di un nuovo componente della famiglia, o più difficili, come la gestione di situazioni legate all’età o alla salute dei parenti, dove un corretto bilanciamento fra vita lavorativa e privata è ancor più importante. La capacità da parte delle aziende di intercettare bisogni specifici, anche in momenti particolari, e di garantire suddetto bilanciamento è decisivo ed è alla base del lavoro che stiamo facendo insieme a molte delle aziende che hanno scelto di collaborare con Eudaimon”.

Proprio valutando queste nuove necessità, era stata approvata la proroga della scadenza dello smart working, fissata al 31 marzo 2023, per alcune categorie di lavoratori, al 30 giugno 2023. Questa decisione ha consentito ai lavoratori fragili di prolungare la propria operatività in smart working, così come ai genitori di figli con meno di 14 anni.

A fine giugno, senza un intervento del Governo si tornerà in presenza. Venuta meno la pandemia di Covid 19, lo smart working, adottato come misura preventiva contro il contagio, cesserà di essere un’esigenza. Dunque, dal prossimo primo luglio, le due categorie citate torneranno a lavorare in presenza.

Un trend che ha ripercussioni a livello internazionale. Secondo alcuni dati pubblicati da Gartner, entro la fine del 2023 infatti solo il 9% dei lavoratori a livello mondiale lavorerà completamente in smart working e il 39% dei dipendenti lavorerà in modalità ibrida, considerando il lavoro da casa per almeno un giorno alla settimana. In Europa, invece, le interazioni lavorative vis a vis restano le predilette ma si prevede che entro la fine del 2023 le percentuali di lavoratori in smart aumenteranno.

Ecco la coltivazione di caffè gestita dalla famiglia Oltehua in Messico

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Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

La famiglia Oltehua gestisce tutto in loco: dalla semina alla coltivazione, al raccolto in 4 tappe (a seconda del grado di maturazione del caffè, raccolto dalla pianta solo quando è pronto), al lavaggio, e all’essiccazione, che varia a seconda dei diversi tipi di processo. Il caffè è radicato profondamente nelle tradizioni, nella storia e nell’economia delle comunità del Messico di Chiapas, Veracruz, Puebla e Oaxaca in Messico: la famiglia Oltehua non fa eccezione. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Slow Food.

La coltivazione di caffè in Messico

VERACRUZ – La caffeicoltura in Messico rappresenta uno dei principali esportatori di caffè al mondo ed è principalmente concentrata nel Centro-sud delle regioni meridionali del paese: il caffè è costituito in larga parte dalla varietà Coffea arabica la quale cresce particolarmente bene in 15 stati del paese, in particolare in quelli di Chiapas, Veracruz, Puebla e Oaxaca dove si concentra la maggior parte della produzione.

Come in molti altri paesi della coffee belt, la produzione ha un’impronta fortemente familiare. Nella coltivazione e nel processo di lavorazione sono coinvolti tanto gli uomini, quanto le donne e le nuove generazioni, quando le scuole chiudono durante il periodo del raccolto.

La produzione di caffè di Josias Oltehua

Josias Oltehua è un giovane produttore di caffè di 37 anni, della regione Zongolica nello stato di Veracruz. Qui il caffè è arrivato alla fine del XVIII secolo, prima ancora che nel Chiapas, nonostante la predominanza della cultura. Il prodotto dunque è radicato profondamente nelle tradizioni, nella storia e nell’economia delle comunità locali e, in particolare, per la famiglia di Josias, di origine Nahua, la produzione di caffè arabica (varietà Borbón, Garnica, Colombia) è la principale fonte di sostentamento.

Insieme alla sua comunità Slow Food “Bosque, niebla y cafè” , Josias è entrato a far parte della SFCC nel 2021 grazie alla sua lunga collaborazione e amicizia con Stephany Escamilla, oggi consigliera internazionale della Coffee Coalition.

Attualmente, tre uomini e sei donne lavorano nella coltivazione, mentre quattro bambini imparano dai genitori nella speranza che da adulti non abbandonino la terra per cercare fortuna negli Stati Uniti, come tantissimi hanno fatto e stanno facendo dalle zone rurali di tutto il Paese.

“Il ruolo delle donne nella nostra produzione di caffè – ci spiega Josias – è fondamentale non solo per la forza lavoro, impiegata soprattutto nella raccolta e nell’essiccazione del caffè, ma proprio per aiutare a favorire il processo di apprendimento delle nuove generazioni alle tecniche tradizionali impiegate in campo che rischiano di andare perdute a causa della massiccia emigrazione in atto nel Paese”.

L’abbandono delle piantagioni di caffè per la ricerca di una vita migliore in altri paesi ha tante motivazioni. Tra questi hanno un ruolo importante i guadagni fluttuanti legati non solo ai prezzi della borsa del caffè e ai costi dei lavoratori stagionali, spesso assunti nei picchi di produzione per lavori di pulizia delle piantagioni e raccolta, ma anche all’impatto dei cambiamenti climatici sulle piantagioni.

Eventi climatici estremi spesso distruggono le piantagioni, ma anche il “normale” aumento delle temperature facilita il proliferare di malattie e infestanti ovunque, persino a quote dove prima non arrivavano. Se a questo si aggiungono i prezzi in aumento di pesticidi e fertilizzanti, i conti non tornano per quella che viene definita agricoltura “convenzionale”.

“Il cambiamento climatico influisce su tutto ciò che riguarda la produzione di caffè: la raccolta e l’essiccazione sono cambiate drasticamente negli ultimi anni.” sottolinea Josias – “L’agroforestazione può essere una valida risposta, non solo per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare il nostro stesso territorio, ma anche per produrre un caffè di qualità che grazie a questo valore aggiunto ci permetta di stabilire contatti quanto più possibile diretti con torrefattori e consumatori finali, e rendere così concreta la sostenibilità economica delle famiglie dei produttori”.

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Eurochocolate annuncia il ricco calendario del trentennale nel 2024

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Eurochocolate ad Avellino dal 9 al 14 febbraio 2024 (immagine concessa)

PERUGIA – Il 2024 sarà un anno intenso, durante il quale il popolare Festival del cioccolato, nato a Perugia nel 1994, celebrerà il proprio trentennale. Lo farà attraverso un ricco calendario di iniziative accuratamente selezionate che vedranno il capoluogo irpino fare da apripista con una special edition in programma dal 9 al 14 febbraio, in occasione del San Valentino che ad Avellino coincide con la festa del santo patrono San Modestino.

Il calendario 2024 di Eurochocolate

“Con Eurochocolate, Avellino conquista la ribalta nazionale.  Attraverso un appuntamento di straordinario richiamo, restituiamo al capoluogo una centralità nel panorama degli eventi di maggiore rilevanza turistica che il territorio italiano proponga” afferma il sindaco di Avellino, Gianluca Festa.

Festa continua: “Con Eurochocolate rafforziamo l’immagine di Avellino e vinciamo una sfida che abbiamo lanciato quattro anni fa, al momento del nostro insediamento. Questa prestigiosa sinergia, ci consente di proseguire nel solco di una programmazione di assoluta qualità che in questi anni ha radicalmente trasformato la percezione della nostra città fuori dai propri confini, trasformandola in un palcoscenico  adatto a ospitare e organizzare, con successo, grandi manifestazioni di eccezionale caratura che ci hanno consentito di raggiungere una crescita straordinaria e il consolidamento di un posizionamento nazionale nel campo turistico, ricettivo e commerciale”.

La presentazione dell’iniziativa è stata preceduta in città da una campagna teaser che da qualche giorno incuriosisce molti concittadini e che da oggi risulterà più chiara grazie a questo importante annuncio.

“In occasione del nostro trentennale – dichiara Eugenio Guarducci, presidente di Eurochocolate – volevamo ringraziare una regione che ha contribuito moltissimo al successo del nostro evento, attraverso un processo di fidelizzazione che ha visto tantissimi campani raggiungere ogni anno Perugia per festeggiare il Cibo degli Dèi. Questa volta saremo noi a venirli a trovare a febbraio prossimo e la scelta è ricaduta su Avellino per una serie di motivazioni che abbiamo convintamente condiviso con l’amministrazione comunale dopo aver fatto le necessarie verifiche sul piano logistico organizzativo”.

Il progetto coinvolgerà il centro di Avellino ma avrà modo di intercettare vari protagonismi del territorio; in primis quelli legati alla produzione del cioccolato, delle nocciole, delle castagne e di altri prodotti tipici che caratterizzano il paniere enogastronomico irpino.

Il format dell’evento sarà costruito facendo leva su quelli che sono gli asset ormai consolidati di Eurochocolate e che ne hanno decretato il suo indiscusso successo: il Chocolate Show (area commerciale), l’area didattico culturale e quella legata all’intrattenimento.

Il programma dell’iniziativa sarà dettagliatamente illustrato nel corso del prossimo Eurochocolate Indoor di Perugia in programma dal 14 al 23 ottobre, dove sarà presente un importante spazio promozionale dedicato all’edizione di Avellino che avrà come protagonista un curioso hashtag frutto del consueto choco di parole della famosa kermesse perugina : #lovellino.

“Con la tappa avellinese di Eurochocolate cogliamo una straordinaria opportunità per rafforzare l’immagine della città e posizionarla al meglio nei circuiti turistici nazionali e internazionali e, allo stesso tempo, dare nuovo slancio alle attività commerciali del capoluogo – spiega il vicesindaco con delega al turismo del Comune di Avellino, Laura Nargi. Sarà, inoltre, un’occasione prestigiosa per valorizzare uno dei prodotti più iconici di Avellino: la Nocciola che al pari del Fiano è ambasciatrice del bello e del buono che questa città ha da offrire fuori dai propri confini”.

L’edizione di Eurochocolate ad Avellino passerà quindi il testimone a Eurochocolate Japan che si svolgerà in contemporanea a Osaka, Nagoya e Tokyo presidiando, in raffinate location, quello che è uno dei momenti più importanti del consumo del cioccolato in Giappone: il San Valentino. Seguiranno l’edizione di Eurochocolate Spring a Perugia (15-24 Marzo 2024) e quella classica autunnale (18-27 Ottobre 2024).

A concludere il ricco calendario del trentennale, due iniziative programmate nel mese di Dicembre e organizzate in contemporanea in Ecuador e Gabon, rispettivamente nei villaggi di Playa de Oro e Mveil, dove operano le due realtà produttive con le quali Eurochocolate ha avviato il progetto tree to bar “Equochocolate”: Yumbos Chocolate e Kakao Mundo.

Caffè Borbone: ricavi a 153,7 mln, +15% rispetto al 2022, andamento ottimo per i canali online e GDO

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Lo stabilimento di Caffè Borbone (immagine concessa)

NAPOLI – Caffè Borbone, marchio di riferimento nel business della torrefazione e del caffè porzionato, ha chiuso il primo semestre dell’anno con ricavi a 153,7 milioni di euro, in aumento del 15% rispetto allo stesso periodo del 2022. In crescita anche il margine operativo lordo, che segna un +21% rispetto allo scorso anno.

I risultati di Caffè Borbone

“Nonostante i rialzi del costo del caffè e la pressione competitiva sul mercato, nel semestre Caffè Borbone ha consolidato la propria leadership nel comparto monoporzionato e dato ulteriore impulso alla propria traiettoria di crescita. Nel secondo semestre contiamo di proseguire nel nostro percorso di sviluppo anche grazie all’ottimo andamento dei canali online e delle vendite in GDO e al lancio di nuovi prodotti” ha dichiarato Marco Schiavon, amministratore delegato di Caffè Borbone.

Caffè Borbone, nato a Napoli nel 1997, è diventato in pochi anni uno dei i principali produttori specializzati di caffè in cialde compostabili e capsule compatibili, con una fitta rete commerciale sul territorio italiano e internazionale e volumi di vendita in crescita rapida. Dal 2018 la società fa parte del gruppo Italmobiliare, che detiene il 60% del capitale.

Grazie alla presenza su tutti i principali canali distributivi, all’attenzione alla sostenibilità in tutto il processo di produzione e alle new-entry del portafoglio prodotti, il marchio è diventato leader di mercato nel comparto delle cialde e secondo marchio nel comparto capsule in Italia.

In riferimento ai canali di distribuzione, è sempre più rilevante il ruolo della Gdo (Grande distribuzione organizzata), con una crescita di canale pari al 26% rispetto all’esercizio precedente, più del doppio rispetto all’incremento medio del mercato (+11%, fonte Nielsen).

Molto positiva anche la performance del canale digitale, con le vendite sull’e-commerce diretto di Caffè Borbone, su Amazon e sui portali. Caffè Borbone è ad oggi il primo brand per vendite nei negozi specializzati e best-seller nella categoria ‘Alimentari’ di Amazon

Nel 2023 il reparto Ricerca&Sviluppo ha lavorato all’ideazione e al lancio di prodotti pronti a soddisfare e intercettare nuove utenze. Ad esempio, Miscela Leggera, con il 50% di caffeina in meno rispetto alla miscela Nobile, si rivolge ai consumatori che cercano un buon caffè dal tradizionale gusto intenso al palato ma con meno caffeina, da bere quindi in qualsiasi momento della giornata.

Con Crema Fredda Caffè, un dessert a base di caffè che si consuma freddo, senza glutine e senza lattosio, il brand si è affacciato ad una nuova categoria merceologica con un prodotto diverso da quanto disponibile ad oggi sul mercato.

Il prodotto, forte delle buone performance sui canali di vendita, si è aggiudicato il Premio Speciale New Entry 2023 nella categoria caffè ai Brands Award, riconoscimento assegnato ai prodotti con le migliori brand performance attraverso criteri oggettivi che tengono in considerazione sia i consumatori finali sia il Retail.

Nel corso del primo semestre Caffè Borbone ha posto le basi per un ulteriore sviluppo delle vendite all’estero attraverso la costituzione della newco Caffè Borbone America Corp, che opererà sul mercato statunitense e che ha permesso una crescita del mercato americano del +18%.

La scheda sintetica di Caffè Borbone

Caffè Borbone è un marchio di Caffè Borbone S.r.l., azienda nata nel 1997 tra i principali produttori specializzati in cialde e capsule sul territorio nazionale ed internazionale. Leader assoluto nel comparto delle cialde in Distribuzione Moderna, sia in termini di quota val. % sia di vendite a Valore in mil Eur (cfr. Nielsen IT Distr. Moderna).

Caffè Borbone occupa una delle primissime posizioni nel mercato del caffè porzionato. Nel 2018 entra nel capitale sociale Italmobiliare, una delle principali investment holding italiane, con il 60% delle quote mentre il 40% rimane al fondatore Massimo Renda.

L’azienda rappresenta un caso di crescita esemplare, grazie anche al costante investimento in Ricerca & Sviluppo che ha portato alla realizzazione di prodotti innovativi come la cialda compostabile 100, l’incarto totalmente riciclabile nella raccolta della carta e la capsula compostabile Don Carlo che, gradualmente, hanno conquistato i consumatori sempre più attenti all’ambiente.

Fabio Verona: “Le macine non sono tutte uguali, ecco i fattori che influenzano il risultato”

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Fabio Verona master coffee grinder personale horeca
Fabio Verona

L’esperto del caffè Fabio Verona ha condiviso sul suo blog un interessante articolo sulle macine di caffè e la loro importanza. Al contrario di quel si pensa, le macine non sono tutte uguali bensì costellate da innumerevoli differenze: dal numero dei denti alla loro inclinazione fino ad arrivare alla profondità delle lame da spacco al diametro della macina.

Per l’occasione, Fabio Verona ha intervistato Andrea Fadel, responsabile commerciale della ditta Keber, una delle principali aziende a livello internazionale di produzione di macine industriali. Scopriamo di più sull’argomento grazie alle sue considerazioni.

Le macine nel mondo del caffè

di Fabio Verona

MILANO – “Oggi vi porto alla scoperta di un mondo nuovo per molti di noi: le macine, che al contrario di quanto si può pensare non sono tutte uguali… cosa si cela dietro ad ogni granello di caffè.

A me, che ho creato il primo campionato di macinatura la mondo, la conoscenza delle macine interessa in modo particolare, ed è per questo che mi sono sempre documentato, senza mai però riuscire ad approfondire abbastanza questo tema, finché non ho conosciuto Erika Keber, figlia di Maurizio, fondatore della ditta Keber, una delle principali aziende a livello internazionale di produzione di macine industriali, che insieme al suo staff mi ha “riaperto” una finestra su questo fantastico settore, con ancora molto da scoprire, e del quale, mi sono reso conto, ne sapevo poco e nulla.

Ed è così che voglio condividere con voi alcuni aspetti, che in futuro approfondiremo, sul tema macine e macinatura“.

Le macine son tutte uguali, è il grinder che fa le performance

“Non è assolutamente vero che le macine sono tutte uguali, anzi, è incredibile quante differenze e quante combinazioni ci possano essere nella realizzazione di una macina: dal numero dei denti alla loro inclinazione; dalla profondità delle lame da spacco al diametro della macina; dal materiale di costruzione al trattamento superficiale e molte altre ancora.

Per avere qualche informazione in più, seguite questa breve intervista che ho fatto ad Andrea Fadel, responsabile commerciale della ditta Keber.

Buona visione, e non dimenticate che il 1 ottobre ci sarà la tappa torinese del MCGC2023, iscrivetevi”.

Gruppo Cimbali chiude la prima newsletter tecnica sul caffè e ora pensa ad un’app

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Global coffee institute Gruppo Cimbali
Il logo di Gruppo Cimbali

BINASCO (Milano) – Gruppo Cimbali, tra i principali produttori di macchine professionali per caffe e bevande a base di latte e di attrezzature dedicate alla caffetteria, ha promosso in questi mesi un percorso di formazione e di educazione attraverso la diffusione di newsletter curate dal dipartimento Technical Service con l’obiettivo di condividere le competenze per far crescere il settore, valorizzando il lavoro dei tecnici ed il loro contributo all’intera industria.

Con l’uscita di giugno, dedicata al confronto tra le diverse preparazioni del caffe, giunge al termine la prima edizione della newsletter tecnica di Gruppo Cimbali.

Gruppo Cimbali, l’impegno per la formazione

In questi mesi sono stati affrontati molteplici argomenti, che miravano ad analizzare il mondo del caffe da diversi punti di vista, a partire dalla Coffee Technician Wheel, uno strumento che incrocia elementi sensoriali e parametri tecnici, fondamentale per far comprendere quali variabili influenzano l’estrazione dell’espresso.

Parametri di classificazione (foto concessa)
Gli iscritti hanno poi potuto approfondire aspetti come le personalità storiche che hanno contribuito alle moderne macchine per caffe e i circuiti idraulici che le compongono, l’importante ruolo dell’acqua nell’estrazione del caffe fino all’impatto delle macine sul risultato in tazza.
Un focus sull’acqua (foto concessa)
Brewing family tree (foto concessa)

L’impegno di Gruppo Cimbali in ambito di formazione dedicato al comparto dei tecnici e manutentori non si ferma però qui

Il Gruppo, infatti, si e posto come obiettivo quello di rendere il processo di training sempre più sviluppato e all’avanguardia. Questa ambizione richiede un impegno costante nell’aggiornamento delle modalità didattiche, in modo da favorire un coinvolgimento sempre più profondo dei partecipanti, allo scopo di potenziarne l’apprendimento in maniera significativa e duratura.

In ogni uscita della newsletter i lettori hanno quindi potuto notare il logo dell’app TrainME AR, la web app per il Training sviluppata dal dipartimento Technical Services che sfrutta la realtà aumentata per rendere l’apprendimento più interattivo.

Tutti gli interessati a questo nuovo progetto potranno visitare lo stand di Gruppo Cimbali alla fiera Host 2023 preso il padiglione 24, stand L11 L21 P12 P22, dove sarà presente il team del dipartimento Technical Service per illustrare le potenzialità dell’app TrainME AR nel campo dell’apprendimento virtuale.

Grazie all’impiego di tecnologie all’avanguardia, i visitatori potranno immergersi in un’esperienza unica, scoprendo le macchine del caffe in modo completamente innovativo.

Per tutti coloro invece che desiderano ricevere la newsletter, possono farne richiesta scrivendo a: technical.news@gruppocimbali.com

A settembre l’appuntamento con la V Conferenza mondiale sul caffè dell’Ico, che avrà luogo a Bangalore, India

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Ico robusta Conferenza report Consiglio
Il logo per il sessantesimo anniversario dell'Ico creato dal designer italiano Giulio Vinaccia

MILANO – Con tre anni di ritardo rispetto alle date originariamente programmate, la metropoli indiana di Bangalore ospiterà, dal 25 al 28 settembre, la V Conferenza mondiale sul caffè, la prima a svolgersi in terra asiatica. Istituita con l’Ica 2001, la Conferenza si riunisce a scadenze non fisse (mediamente ogni 5-6 anni), con l’obiettivo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo.

Il Consiglio decide il titolo, l’oggetto e la tempistica della Conferenza, di concerto con il Comitato consultivo del settore privato.

Il tema di quest’anno sarà “La sostenibilità attraverso l’Economia Circolare e l’Agricoltura Rigenerativa”.

L’evento, che è stato presentato ieri a Bangalore, si sarebbe dovuto svolgere nel settembre del 2020. Lo scoppio della pandemia ha lo purtroppo messo in pausa per anni. E lo ha fatto, alla fine, coincidere con l’anno del sessantesimo anniversario dell’Ico.

La regia organizzativa è affidata al Coffee Board of India, lo storico ente dipendente dal ministero del commercio e dell’industria di Delhi, che promuove e coordina il settore del caffè.

Il Coffee Board si avvale della collaborazione del governo centrale e di quello dello stato del Karnataka, oltre che dell’Ico.

Di grande prestigio e suggestione la location prescelta, che sarà l’iconico Bangalore Palace, un grande complesso storico, in stile Tudor, risalente alla seconda metà dell’ottocento.

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Gruppo Goglio ottiene un finanziamento di 45 milioni per incrementare l’ESG

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goglio
Il logo Goglio

MILANO/DAVERIO (Varese) – Il pool di banche formato da Banco BPM, Intesa Sanpaolo (Divisione IMI CIB) e UniCredit, assistito dalla Garanzia SupportItalia di Sace, ha erogato al Gruppo Goglio, impresa leader nel settore del packaging, un finanziamento da 45 milioni di euro che sarà destinato a ottimizzare la gestione del circolante.

Goglio Spa è uno storico gruppo industriale costituito nel 1850 e protagonista di uno sviluppo che lo ha portato a diventare un punto di riferimento consolidato nel settore del packaging. Guidata da oltre 60 anni dal Cavalier Franco Goglio, oggi è una realtà industriale con un fatturato di oltre 500 milioni di euro ed una presenza globale con sedi produttive negli Stati Uniti, Cina, Olanda ed ora anche in Brasile.

Il finanziamento di Gruppo Goglio

Nel corso degli anni, il Gruppo Goglio ha dedicato in modo costante risorse e investimenti negli ambiti ricerca e sviluppo, maturando inoltre una grande attenzione agli impatti ambientali che lo ha portato a intraprendere, già da anni, un percorso di contenimento delle emissioni grazie ad un investimento in un cogeneratore di energia.

Proprio in ottica di sostenibilità, nel quadro del finanziamento sono in via di definizione obiettivi ESG che verranno introdotti in corso del piano d’ammortamento.

“La costante spinta all’innovazione, coniugata ad una sempre maggior attenzione nei confronti della sostenibilità, e l’impegno nell’attività di ricerca e sviluppo rappresentano i pilastri fondanti della nostra strategia aziendale, nonché gli elementi distintivi della filosofia del Gruppo Goglio” Ha dichiarato Franco Goglio, presidente e amministratore delegato di Goglio SpA “Il finanziamento erogato dal pool di banche ci consentirà di continuare ad investire in questa direzione, consolidando la nostra crescita organica, e incrementando ulteriormente il nostro impegno ESG.”

Nella strutturazione dell’operazione Banco BPM, Intesa Sanpaolo e UniCredit hanno agito in qualità di arranger, mentre Banco BPM ha agito sia in qualità di Banca agente che SACE Agent.

Garanzia SupportItalia è lo strumento straordinario del Gruppo SACE previsto dal Decreto Aiuti per sostenere le esigenze di liquidità e investimenti delle imprese italiane impattate dal conflitto russo-ucraino, in particolar modo in relazione all’aumento dei costi produttivi ed energetici.

Lo studio Simmons&Simmons ha partecipato all’operazione come advisor legale delle banche, mentre il Gruppo Goglio si è avvalso della consulenza dello Studio Pedersoli.

La scheda sintetica del Gruppo Goglio

Goglio S.p.A., che impiega oltre 1.800 dipendenti a livello globale e ha un valore di produzione di circa 500 milioni di euro, è uno dei principali player mondiali nel packaging flessibile.

Fondato nel 1850, il gruppo progetta, sviluppa e realizza sistemi completi per l’imballaggio fornendo laminati flessibili, valvole, macchine e servizio, per ogni esigenza di confezionamento che trovano applicazione in molteplici settori industriali: caffè, alimentare, chimica, cosmetica, detergenza, beverage e pet food.

Il gruppo, che ha un raggio d’azione mondiale, è presente con stabilimenti produttivi in Italia, Olanda, Stati Uniti e Cina, e uffici commerciali dislocati in vari paesi europei, in Sud America e nel sud-est asiatico. Ulteriori informazioni sono disponibili qui.

Francesco Costanzo racconta: “Com’è diventare e fare l’event manager del mondo del caffè”

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Francesco Costanzo, racconta la sua carriera di event manager (foto concessa)
Francesco Costanzo, racconta la sua carriera di event manager (foto concessa)
MILANO – Micro roaster, gestore, campione di velocità per l’espresso con una macchina a Leva e da qualche anno, event manager: queste sono soltanto alcune delle qualifiche professionali che possono definire Francesco Costanzo e non sarebbero neppure finite qui. Ma la metamorfosi da barista a organizzatore di eventi com’è stata possibile, in che modo ha cambiato la vita di un operatore abituato a muoversi dietro al bancone bar?

Francesco Costanzo: cosa l’ha spinta a diventare da barista a event manager

“Sono stati tanti i motivi che mi hanno portato a cambiare da barista a event manager. Potrei dire che anche la fondazione dell’Associazione di cui sono presidente, ha fatto la sua parte nel costruire questo nuovo percorso. Poi, nel 2017 si è svolta in piazza a Napoli la prima manifestazione che mi ha battezzato come event manager: è stata organizzata insieme al Comune, ho dovuto però gestire tutto da solo. Nonostante l’enorme carico di lavoro e stress, non mi sono spaventato, anzi, l’ho vissuto come una nuova sfida da raccogliere.
francesco costanzo
Francesco Costanzo coffeexpert, brand ambassador a livello internazionale, event manager, fondatore del Leva Contest (immagine concessa)

Trovarmi ad affrontare più ostacoli mi ha stimolato ad essere combattivo. Così ho gettato le fondamenta per la mia carriera futura: nel tempo ho stretto rapporti con La San Marco per organizzare altri eventi di quel tipo e ho iniziato a studiare un po’ come event manager.”

Cosa deve saper fare un event manager?

Francesco Costanzo: “La capacità organizzativa è fondamentale, così come il sapersi relazionare con gli altri, saper interpretare le idee delle aziende e svilupparle correttamente per soddisfare le loro esigenze.
Bisogna poter strutturare un planning con i fornitori, trovare la location, il team a cui affidarsi per funzionare bene come una squadra. Per organizzare un evento fieristico a livello internazionale come il WOC o Host, ci vogliono almeno sei-sette mesi di lavoro: si inizia incontrando il responsabile fieristico, comunicando il progetto da portare alla manifestazione, presentando tutti i dettagli. “

E il Covid come ha impattato nell’organizzazione degli eventi?

Francesco Costanzo: “Da gennaio sino a ottobre del 2020, siamo stati fermi. Abbiamo sfruttato il canale online, ma per lo più si dialogava con le aziende per pensare già al 2021, tentando di gestire i continui cambi di programma.
Abbiamo fatto però qualche esperienza: un aneddoto quando ancora la pandemia c’era, abbiamo contattato un evento fieristico portando un nostro programma che prevedeva l’affluenza di persone. Nello stand però, non si poteva stare in più di 10 persone: è stato un grosso problema da risolvere, anche cercando di trovare un compromesso con le aziende. Più che altro nel periodo pandemico ne ho approfittato per studiare e per gestire piccoli convegni comunali, tra pochi baristi.
Poi è arrivato il 2021, quando ci siamo presentati al Comune di Napoli con il mio team e da lì è nata una bella collaborazione: oggi sono delegato ufficiale per il Comune di Napoli per gli eventi legati al settore caffeicolo. La mia agenda è pienissima: a settembre stiamo già organizzando un evento per conto di un’azienda e abbiamo scelto come location il Castello. – sottolinea Francesco Costanzo – Ecco, l’event manager ha sulle spalle tutte le maggiori responsabilità, soprattutto nei confronti delle aziende.
In appena tre mesi sono riuscito a organizzare un evento in Thailandia: abbiamo spedito tutte le comunicazioni in italiano e in inglese in tempi record, il regolamento del Leva Contest, la planimetria del campo gara. I thailandesi si sono dimostrati molto organizzati e comprensivi: il tempo era davvero poco, ma ce l’abbiamo fatta. Prossimamente dovremmo proseguire il discorso per una tappa cinese, e nel 2024 Giappone”.

Francesco Costanzo: qual è stata la maggiore difficoltà nel passaggio da barista-roaster a event manager?

“Pianificare un evento è l’aspetto più complesso. Quando ci contatta l’azienda, la prima cosa da fare è una presentazione, che non è così semplice da realizzare. Mentre si attende il via libera dell’azienda, si deve già pensare al passo successivo: se ad esempio prendessimo il Sigep come location, sarebbe necessario fornire agli organizzatori un’altra presentazione dotata di dettagli differenti, come gli spazi da occupare, le fasce orarie dedicate.”

Fiera piccola o grande: qual è più difficile da organizzare?

Francesco Costanzo: “Entrambi i casi pongono sfide differenti: ma una volta che si è entrati nelle dinamiche che caratterizzano questa professione, ci si comporta sempre allo stesso modo di fronte a un’iniziativa grande come ad una piccola: un event manager che è forte delle sue competenze, affronta con la stessa serietà qualsiasi evento. Certo poi, le Fiere sono spesso di 5 giorni: la cosa più importante in questi casi è superare il primo giorno così come si era pianificato e poi gli altri seguiranno più leggeri. Quando si lavora bene, anche gli organizzatori delle Fiere ne giovano a loro volta e poi vieni contattato dagli altri enti fieristici. Quella una conferma che si è fatto bene.”

Quali sono i vantaggi e gli obiettivi sin qui raggiunti?

“Oggi fare l’event manager mi impegna per metà dell’anno. Ogni nuovo prodotto che viene lanciato dall’azienda, è promossa da me in qualità anche di ambassador e invito in academy diversi professionisti per testare con mano le attrezzature e confrontare i feedback che finiranno poi in un report consegnato all’azienda. Anche questi incontri sono difficili da organizzare, perché far incrociare tutti gli operatori è complicato. Un’agenzia di comunicazione si occupa di aiutarmi della stesura dei comunicati stampa.
Fare l’event manager ha l’enorme vantaggio di portare ad un guadagno molto di più elevato, e poi mi permette di relazionarmi con le imprese. Realizzare un evento grande, portare dei risultati alla stessa azienda, restituisce una soddisfazione ancora più grande. Sono giorni di felicità.”

Progetti futuri per l’event manager?

Francesco Costanzo: “Stiamo pianificando da qui a due anni, un coffee festival a Napoli, che possa coinvolgere tutte le aziende italiane. Anche se a Napoli le aziende spesso non partecipano agli eventi e anche questo è stato un aspetto difficile da affrontare: mettere tutti d’accordo per esser presenti alle manifestazioni è un vero e proprio impegno.
Il festival sarà organizzato grazie alla collaborazione con il Comune di Napoli. Volevo invitare tutte le micro roastery che oggi credo siano il futuro. Uscendo dai grandi nomi delle torrefazioni, da qua a 5 anni sono convinto che queste piccole realtà esploderanno: l’espresso di qualità che adesso è ancora difficile da trovare, sarà sempre più comune, grazie al lavoro di comunicazione, agli eventi, alla formazione e alla cultura. Sono loro che cambieranno il futuro dell’espresso. Dobbiamo prendere come punto di riferimento e di ispirazione 1895 by Lavazza: loro stanno riuscendo a penetrare negli hotel, nei grandi ristoranti stellati, e io dico: perché allora non possiamo farlo anche noi?
Certo loro hanno un budget maggiore, ma noi dobbiamo seguire il loro esempio.
Come event manager l’obiettivo è quello di espanderci internazionalmente e il prossimo anno guardiamo al Giappone.

Perché è importante per un’azienda rivolgersi ad un event manager?

Chiude Francesco Costanzo: “L’event manager è importante perché è quella figura professionale a cui affidare le redini di un evento di lancio di nuovi prodotti. Porta un risultato all’azienda di successo al 100% rispetto alle richieste di di partenza. L’event manager è colui che gestisce i compiti più complessi per un’azienda e raggiunge gli obiettivi.”

Torino: scomparsi oltre 1000 bar in dieci anni

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La Mole Antonelliana, simbolo di Torino (immagine: Pixabay)

Cambia il rito della colazione e della pausa pranzo, e il resto lo ha fatto lo smartworking. Nel 2013 a Torino si potevano trovare 6838 bar, un numero che oggi si è notevolmente ridotto fino ad arrivare a 5767. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Nicolò Fagone La Zita pubblicato sul quotidiano Il Corriere della Sera

Il calo dei bar a Torino

TORINO – Nel 2013 in città si contavano 6.838 bar, oggi invece ne sono rimasti 5.767. Ovvero 1.071 imprese in meno. E il picco negativo, in questo caso, si è registrato nel 2021 (-2,9%), due anni dopo la pandemia. Praticamente per ogni bar chiuso si è aperto un nuovo ristorante.

“Le abitudini sono cambiate — commenta Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino — prima era consuetudine recarsi al bar a fare colazione, oggi no. Lo si vede anche per il settore dell’abbigliamento. Le persone preferiscono spendere per una cena fuori, o per farsi un viaggio di 3-4 giorni, risparmiando sul resto. E anche il mondo degli uffici sta cambiando. In centro se ne contano sempre meno, e parte di chi rimane utilizza lo smartworking. I bar oggi per resistere devono puntare sull’artigianalità, mettendo la loro impronta su quello che offrono, non c’è più nulla di scontato”.

Dello stesso avviso Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino: “Questa dinamica la riscontriamo da diversi anni, e a mio avviso deriva da tre cause fondamentali. Prima di tutto negli anni ’90 in tanti provavano ad aprire un bar, e così il mercato si è inflazionato. E se prima le caffetterie erano padrone della pausa pranzo, adesso non è più così. Pesa la concorrenza di tutte le nuove attività di street food, dalle piadinerie ai kebabbari. Un fattore che ha eroso gran parte del mercato”.
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