martedì 02 Dicembre 2025
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Gelato World Cup 2024: l’avvento della decima edizione

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timballo presidente world cup
Giancarlo Timballo, presidente Gelato World Cup (immagine: FOTO MAX di Mattia Serratore)

RIMINILa Gelato World Cup, il campionato del mondo dedicato alla gelateria, continua il proprio percorso: a meno di sei mesi dalla gara Giancarlo Timballo, presidente Gelato World Cup, e Sergio Dondoli, uno dei commissari di gara e vice presidente di Gelato e Cultura, ci danno importanti anticipazioni su quella che sarà la competizione:

“Mancano pochi mesi alla decima edizione – racconta Giancarlo Timballo – e questo sarà un anniversario speciale. Motivo per cui stiamo delineando un grande appuntamento, un’edizione davvero indimenticabile”.

Gelato World Cup 2024

Timballo continua: “Abbiamo implementato alcuni ambiti rispetto al passato, soprattutto riguardo la sicurezza della gara, con regole ancora più certe e precise per garantire un corretto svolgimento della gara. C’è una giuria in più, internazionale, che valuterà il gusto; ci sarà quella dei team manager poi che si occuperà dell’aspetto artistico. Due i presidenti di giuria, quattro i commissari di gara. Stiamo lavorando per un’edizione assolutamente irreprensibile.”

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Sergio Dondoli, uno dei commissari di gara e vice presidente di Gelato e Cultura (immagine: FOTO MAX di Mattia Serratore)

“Gareggeranno 12 nazioni da tutto il mondo, con cinque concorrenti per ciascuna. Avremo quindi 60 concorrenti, oggi in pieno allenamento. Ci avviciniamo, come spirito e clima emozionale, a un vero campionato mondiale sportivo”, conclude il presidente della Gelato World Cup.

La gara sarà nel 2024 ancora più coinvolgente e scenografica: un vero e proprio show. “Costruiremo un villaggio accanto all’arena di gara dove tutti potranno accedere e verificare di persona lo spirito e l’importanza di questo evento. A collaborare alla decima Gelato World Cup siamo circa 100 persone.”

Fa eco Sergio Dondoli: “Per questa decima edizione siamo particolarmente felici di aver fatto le selezioni in tutto il mondo: è come un vero campionato di calcio, con protagonista uno dei prodotti artigianali più buoni e tipici dell’arte dolce italiana, il gelato.”

Ricordiamo che ad oggi le squadre in gara sono: Italia, Germania e Ungheria – sul podio della Gelato Europe Cup 2023 – assieme alla quarta classificata, l’Austria. Inoltre gareggeranno anche Argentina, Brasile, Singapore, Taiwan, Perù, Corea del Sud e Polonia. E per finire, anche la Cina si aggiudica un posto con la sua nuova squadra, selezionata con cura durante la Gelato China Cup 2023.

Gelato World Cup: storia e prossima edizione

Torna nel 2024 la Gelato World Cup, alla sua decima edizione: un evento a cadenza biennale che, dal 2003, coinvolge i professionisti di gelateria, pasticceria, cioccolateria e scultura di ghiaccio provenienti da tutto il mondo offrendo un’occasione unica di confronto e stimolo professionale.

Grazie alla vastissima visibilità mediatica, dà risonanza internazionale alle nuove tendenze nel settore della gelateria artigianale. Il concorso è organizzato e gestito con serietà, professionalità ed equità verso le Nazioni concorrenti e può vantare la partecipazione di un Comitato Mondiale d’Onore composto dai maggiori esponenti della Gelateria nel Mondo.

Sede storica e partner della GWC è Sigep – The Dolce World Expo, il Salone internazionale della gelateria, pasticceria e panificazione artigianali e caffè organizzato da Italian Exhibition Group presso il quartiere fieristico di Rimini.

Samaritani: “Creo documentari per raccontare i paesi di origine attraverso storie, non tecnicismi”

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Giancarlo Samaritani in uno dei suoi viaggi (foto concessa)
Giancarlo Samaritani in uno dei suoi viaggi (foto concessa)

MILANO – Giancarlo Samaritani, ben conosciuto per essere “il mercante di caffè”, ha ormai alle spalle più di 20 anni di viaggi alle origini in compagnia di sua moglie e fotografa Silvia, nel tentativo di dare maggior spazio e visibilità al primo anello della catena: chi si occupa della semina del chicco.

Racconta Samaritani: “Molti coltivatori in hanno un’idea particolare del prodotto finale”

“Alcuni neppure hanno mai visto il chicco che hanno piantato, trasformato, non hanno idea di cosa sia un espresso ad esempio. Ecco, dar loro una voce, visibilità, credo sia oggi una necessità e quasi un obbligo morale al di là delle logiche commerciali. Ricordiamoci che senza di loro non saremmo qui a parlare di caffè.

Ed è vero poi anche il contrario: in Italia, come in altri paesi occidentali, poche persone hanno visto una pianta di caffè. Noto che nell’immaginario comune già solo pensare che ci sia un’origine botanica dietro il chicco tostato rappresenta un livello avanzato di conoscenza di questa materia prima.”

Samaritani: “Bisogna attribuire un’identità geografica al caffè, sono differenti le coltivazioni nei vari paesi del mondo.”

Il viaggio col mercante (foto concessa)

“Informare, divulgare e trasferire certi concetti non farebbe altro che attribuire il valore alla materia prima e permettere di avere il giusto prezzo per i contadini. Potremmo forse fare un paragone con il vino, perché coltiviamo le viti in Italia e abbiamo una vaga idea di cosa siano processo e lavorazione.

Soprattutto la trasformazione avviene nello stesso paese dove si coltiva, bene o male abbiamo un’idea del passaggio dal grappolo d’uva alla bottiglia di vino. La vendemmia è considerata una festa nel nostro paese. Questa stessa emozione non la viviamo ancora per il caffè e quindi c’è bisogno di raccontare ciò che accade nei paesi di origine. Da parte mia, cerco di farlo attraverso la creazione di documentari e libri, e ora con una serie, In Viaggio col Mercante, che a breve uscirà anche su Prime Video che andrà ad aggiungersi alla puntata già online dedicata all’Etiopia, ma stavolta fruibile in maniera gratuita per gli abbonati alla piattaforma.

E questo dimostra ulteriormente che parliamo di un prodotto che finalmente sta riscontrando curiosità tra gli utenti finali: un documentario tematico che entra nelle case del grande pubblico è un buon segnale. Ed è questo che ci dà ulteriore stimolo a continuare a investire tempo e denaro nei nostri viaggi: ho la fortuna di condividere con mia moglie questa passione e il nostro tempo libero lo dedichiamo a questa missione. Ci piace farlo ed al contempo cerchiamo di rendere utile questa nostra passione.

Insieme ai coltivatori (foto concessa)

Ci teniamo ad entrare in contatto con le comunità, scoprirne le abitudini e le tradizioni religiose. Vogliamo raccontare questi aspetti del quotidiano, più che parlare tecnicamente del prodotto caffè che, in questo caso, diventa il filo conduttore che lega tra loro persone diverse. Sono proprio le storie esotiche che incuriosiscono il nostro pubblico, non i tecnicismi. Vogliamo trasferire loro un’emozione.”

Ma durante i suoi viaggi Samaritani, nel corso degli anni, quali sono i Paesi d’origine che hanno conosciuto una maggiore evoluzione e quali invece che non stanno progredendo?

“Ragionando per macro zone, quando parliamo di coltivazioni evolute sia tecnicamente che economicamente, il Centro-Sud America rappresenta quella più sviluppata. In Colombia c’è un’attenzione molto alta nei confronti della coltivazione, c’è studio, formazione. Durante il mio ultimo viaggio in Colombia, del quale vi racconterò nei prossimi giorni, ho avuto l’opportunità di confrontarmi con diversi responsabili della Federazione nazionale dei coltivatori di caffè della Colombia, una organizzazione che raggruppa 540mila famiglie di coltivatori, che li supporta nella formazione per produrre una materia prima di livello che possa ottenere un valore più alto sul mercato.

Coordinarli in un’organizzazione, una ONG unica al mondo nata 100 anni fa circa, ha fatto e farà la differenza grazie alle attività delle sue varie delegazioni regionali e comunali. C’è una struttura solida che contribuisce a far evolvere la produzione ed a valorizzare l’identità geografica.

Tutto il contrario si verifica in Africa, dove la mancanza di istruzione mette in difficoltà i coltivatori nell’utilizzo di nuove tecnologie. In una terra in cui mancano le cose primarie come il cibo, la sanità e l’istruzione, va da sé che qualsiasi tipo di progresso incontra grandi ostacoli.

L’Etiopia ad esempio ha un potenziale enorme e tutti nel settore lo riconoscono, ma i contadini vivono male, e ora sta attraversando una delle più grandi crisi umanitarie degli ultimi tempi, anche se non se ne parla molto. È un Paese che anagraficamente non è contabilizzato, in cui esiste ancora un alto livello di analfabetismo molti bambini non frequentano scuole : pensare ad uno sviluppo significa fare grandi investimenti strutturali. Ma non è facile.

A volte le coltivazioni di caffè vengono abbandonate per colture più redditizie e questo deriva dalla necessità di un guadagno più sicuro è più rapido. In Africa si ragiona alla giornata: quando sono andato in Uganda sul Monte Elgon dove c’è una forte presenza di coltivatori di caffè, con alle spalle un’organizzazione che adesso si è sviluppata, ho incontrato diversi piccoli farmers: uno di loro possedeva un vivaio con tante piantine che avrebbero dato i loro frutti tra 4 anni.

Gli ho fatto i complimenti e lui mi ha dato una risposta che mi ha impartito una dura ma vera lezione: “Ho già venduto queste piante, perché devo pensare a dar da mangiare ai miei figli oggi e non tra qualche anno.

In questo quadro poi si inseriscono anche i Paesi Asiatici dell’estremo oriente, in Cina, nello Yunnan, ho parlato con i contadini i quali attribuiscono alla coltivazione di caffè un grande valore perché per tanti rappresenta una svolta di vita, una possibilità in più rispetto ad un passato in cui producevano soltanto il tè. Qui usano anche mezzi moderni, fanno formazione e applicano metodi avanzati. “

Caffè commerciale e specialty: non si rischia che questa contrapposizione distolga il focus sulla qualità della materia prima più diffusa e anche un impatto sociale più ampio?

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La lavagna degli specialty (foto concessa)

Samaritani: “Sono del parere che lo specialty dovrebbe esser la normalità. Il caffè dovrebbe esser buono a prescindere dal punteggio. Poi ovviamente è giusto che ci siano dei prodotti di fascia più alta e ricercati, ma gli standard minimi di qualità e di rispetto dell’ambiente e delle popolazioni produttrici, devono esser garantiti in ogni caso. Se lo specialty serve per sensibilizzare sulle condizioni alle origini e sul tema della qualità, ben venga, ma non si deve limitare ad avere un impatto su una nicchia, altrimenti finirebbe per esser un po’ fine a sé stesso. “

Starbucks: utili superiori alle attese, ma fatturato a 9,17 mrd, inferiore al consensus

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Il logo di Starbucks

MILANO – Trimestrale agrodolce per Starbucks: nel terzo trimestre di esercizio, il colosso americano delle caffetterie consegue utili superiori alle attese, ma ottiene risultati inferiori alle previsioni per quanto riguarda le vendite, nonostante la poderosa ripresa registrata in Cina. La società conferma comunque l’outlook di fine anno per quanto riguarda il fatturato ed eleva quello relativo all’eps.

L’utile netto attribuibile agli azionisti è pari a 1,14 miliardi di dollari nei tre mesi conclusi a giugno: un incremento del 25% rispetto ai 913,7 milioni dell’analogo periodo dell’esercizio precedente.

Gli eps adjusted (utili per azione, non Gaap, escluse dunque voci non ricorrenti, quali oneri una tantum, guadagni e perdite e spese non monetarie) si attestano a 1 dollaro per azione, battendo il consensus degli analisti di 95 centesimi.

Il fatturato vola a 9,17 miliardi, contro gli 8,15 di un anno fa, risultando però inferiore al consensus di 9,29 miliardi.

A parità di perimetro, le vendite sono cresciute del 10%: sotto le previsioni di StreetAccount del +11%.

Un dato che riflette innanzitutto la performance più debole del previsto in Nord America, dove le vendite a parità di perimetro hanno registrato un incremento del 7%, contro l’8,4% atteso dagli analisti.

A livello internazionale, le vendite di Starbucks crescono del 24%, con un significativo +51% (+46% a parità di perimetro) in Cina

“La performance in Cina è incoraggiante” ha dichiarato il ceo Laxman Narasimhan durante la call con gli analisti aggiungendo che nel paese del dragone Starbucks conta già 6.500 locali, ma “c’è ancora spazio per crescere”.

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Caffeoveggenza, la lettura del futuro nell’espresso di Caso Panza: “Un caffè ti può dare tutto ciò che stavi aspettando”

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Al bar Caffeoveggenza con Maurizio Pansa (foto concessa)
Al bar Caffeoveggenza con Maurizio Panza (foto concessa)

MILANO – Il caffè è un pretesto per liberarsi dai propri pensieri e intravedere nuovi percorsi: una lezione che insegna bene Maurizio Caso Panza, titolare del bar Caffeoveggenza di Avellino, dove l’espresso non è soltanto una bevanda, ma un rito che entra dentro le persone e le proietta su esperienze sensoriali diverse dal solito, le rassicura emotivamente.

Caffeoveggenza, Caso Panza e la sua caffeomanzia studiata negli anni

Una lettura del futuro che ha una sua cerimonia speciale, racconta Caso Panza: prendi la tazzina, giri il cucchiaino e pensa a cosa vuoi sapere, bevi il caffè, rovesci la tazzina sul piattino e poi, ruoti sette volte in senso orario con la mano sinistra, finalmente, si può interpretare le immagini che compaiono sul fondo.

Caso Panza spiega come fare: “Ci sono una serie di immagini ormai decifrate a cui associo i responsi. Sulla materia dopo anni di ricerche e studi ho anche scritto un libro dal titolo “Le mie prime 4200 tazzine lette”.

Ho sviluppato un metodo euristico, ossia ho parametrato diverse immagini legate a determinati eventi, stabilendo una relazione tra ciò che si vede e ciò che poi accade. Bene: l’85% di quello che prevedo poi avviene.

Posso dirle alcuni episodi in cui , in un momento critico di separazione, ad un cliente è uscita la madonna, segno di fiducia e positività: poco tempo dopo, ha trovato un nuovo lavoro ed una valida sistemazione. Il caffè al mio bar diventa quindi un pretesto per il dialogo che poi fonda le basi per il superamento degli ostacoli che si stanno incontrando o si cerca di superare. “

“Non sono quindi né barista né veggente”

“Ho iniziato a studiare la caffè veggenza e poi mi sono avvicinato al mondo del bar, aprendo un mio locale in cui si fanno anche delle mostre d’arte. Da Caffeoveggenza, sono tante le persone che si incontrano ed accade che si conoscono e poi con il Singlecaffè, si innamorano.

La realtà è che spesso abbiamo semplicemente bisogno di conforto: ci sentiamo soli e un caffè ti può dare tutto ciò che stavi aspettando, in maniera inattesa. Arrivano qui persone anche da fuori regione e a volte basta una mia lettura per cambiare loro la vita, dare sicurezze, superare blocchi personali.

Attenzione però: la caffeoveggenza non è la caffeomanzia che funziona con il caffè turco che ha un suo disciplinare ma è semplice e basta un buon caffè espresso da bere senza zucchero. “

E lo specialty come si inserisce nella Caffeoveggenza?

“Ho deciso di portare lo specialty nel locale perché il caffè deve essere innanzitutto buono e ci tengo ad offrire un servizio di qualità e far vivere un’esperienza che non sia soltanto riflessiva, ma anche gustativa. Voglio esaltare il momento particolare che vive chi entra: le percezioni si esaltano, ci si affida ad una dimensione onirica e lo specialty si presta molto a questa atmosfera. Tu ordini un buon caffè e vieni subito dominato dalle sensazioni anche al palato.”

E le macchine le ha di proprietà?

Caso Panza con alle spalle la macchina a leva (foto concessa)

“Certo, perché sono un innovatore: spesso ci sono aziende che utilizzano lo specialty ma non hanno le apparecchiature giuste per estrarlo. Quindi ho comprato una macchina nuova: avevo prima una La San Marco a Leva, alla quale ho fatto aumentare il settaggio della temperatura di un grado e mezzo, perché serve una maggiore potenza per dare la giusta cremosità, ci vuole un equilibrio di valori per ottenere il meglio.

Mi sono reso conto che uno specialty di solito viene estratto molto leggero, mentre così, aumentando la temperatura, si riesce ad ottenere maggiore corposità e gusti più persistenti. Ho una miscela della Guatemala dagli 81.5 punteggio Sca. Ho anche un 100% Arabica. In totale servo tre caffè: lo specialty non lo richiedono in tanti e ho cercato di adattarlo alla mia clientela. Di macinini invece, ho 3 Macap.

In ogni caso vendo lo specialty a 2 euro. Mentre la miscela del più classico 80%Arabica e 20% Robusta a 1 euro, così come il 100% Arabica.

Gli specialty sono ancora pochi, una trentina ed è un po’ una sfida spingerli. Capita ancora di fare tutto un lavoro di ricerca e degustazione ma le persone arrivano e chiedono soltanto un caffè. Non c’è una cultura ancora diffusa. Cerco di far riflettere sull’acidità del caffè: il mio caffè del Guatemala e Brasile ha un 4.2 di acidità, quindi è più basico e non irrita lo stomaco. Però non è amaro e tento di spiegarglielo. Arrivo addirittura ad occuparmi della selezione a partire dal verde dalla torrefazione Guatemala Caffè e sono molto pignolo su questo. Per me è necessario seguire tutto il processo e deve essere così per soddisfare i clienti. Mi faccio raccontare e voglio vedere tutte le fasi di produzione, per
mantenere un certo standard dall’azienda Guatemala.”

E per rispettare lo stesso standard, lei è da solo a occuparsi della caffetteria?

“Di mattina, momento in cui il caffè consumato è velocemente, lavora la ragazza che da vent’anni fa questo mestiere: i clienti non si soffermano a degustare la tazzina, non hanno il tempo. Cosa che cambia invece di pomeriggio e la sera: in quella fase ci sono io che faccio anche la lettura dei fondi di caffè e preparo gli espressi. Le persone si fermano a bere, a gustare a fare chiacchiere.

Tutti riuniti per la lettura al bar Caffeoveggenza (foto concessa)

Stiamo anche pensando di organizzare più avanti una festa del caffè: abbiamo realizzato delle canzoni dedicate alla bevanda e lanceremo un cd sul tema. Fissiamo anche dei convegni per far degustare il caffè e farne comprendere le differenze. Il mio principio è quello di non fermarmi: vorrei anche realizzare una serie di prodotti a base caffè per sfruttarne tutte le potenzialità, senza sprechi. Persino il chicco del caffè fa bene
all’intestino: penserò più avanti a creare magari la farina del caffè o una crema di caffè.

Una volta ho fatto addirittura invecchiare il prosciutto nel caffè che ha assunto dei sentori di frutta e liquirizia, senza troppa sapidità, e gli insetti stavano lontani naturalmente. Tutto ciò che si mette nel caffè ha un potere conservativo. È piaciuto molto.”

Il segreto di Caffeoveggenza

“Il bar prima era indubbiamente un luogo di ritrovo, adesso dopo le varie crisi lo è di meno. Quindi che ho fatto? Penso costantemente a degli eventi che coinvolgano anche diversi professionisti che parlano di cultura: al momento ho la mostra Omaggio a Picasso che coinvolge ben 321 artisti da 42 paesi per un totale di 380 opere e prossimamente avremo la VII edizione del premio internazionale Assteas ma ogni giorno al bar trovi cose nuove come l’astrologo Antonio Mincione o l’ipnosi o lezioni di pasticceria o degustazioni
alimentarti. E intanto si vende il caffè, che è buono e viene spiegato nell’occasione. E in un periodo di insicurezza così forte, la gente ne ha bisogno. Ho anche creato una libreria gratuita dove chiunque porta e prende libri gratuitamente.

Nel mondo il bar Caffeoveggenza è l’unico dove si legge il futuro nei fondi dell’espresso e funziona bene, ho numerosissimi riscontri e complimenti addirittura mi è capitato che persone vengo anche da varie regione per la lettura o come una mattina abbiamo trovato davanti al bar due scatoli di cioccolatini. Per questo ho appunto creato sempre al bar l’Accademia della Caffeoveggenza dove insegno le letture ma sto anche pensando anche id istituire un campionato mondiale di questa tecnica.”

Cristina Scocchia, illycaffè: “Puntiamo all’espansione in Cina, Usa e Europa ma non in Germania per la tassa sul caffè”

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Cristina Scocchia illycaffè
Cristina Scocchia, amministratore delegato illycaffè

Cristina Scocchia, amministratore delegato illycaffè, è stata presa come esempio dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung che ne elogia non solo la figura professionale ma anche la politica aziendale e le mire espansionistiche che si riflettono nel Gruppo. Per saperne di più leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Valentina Simonetti del quotidiano Il Sussidiario.

L’espansione di illycaffè all’estero

TRIESTE – illycaffè è la più grande azienda produttrice di caffè al mondo con un fatturato di circa 570 milioni di euro, ed una delle poche industrie con a capo una donna. Cristina Scocchia, ceo del gruppo ha accettato la sfida portando il prodotto che considera “il miglior caffè del mondo” in moltissimi paesi.

Ora si punta principalmente agli Stati Uniti, principale mercato di caffè a livello internazionale, che ha contribuito a sostenere l’aumento dei costi di produzione, non solo per i prezzi più alti della materia prima, ma anche per quelli degli imballaggi e dei trasporti.

Il prossimo passo, afferma Scocchia, sarà quello di puntare alla Cina, un paese dove notoriamente si consuma più tè che caffè ma che, grazie a nuovi partner commerciali, potrebbe ora far aumentare le vendite al brand triplicandole entro il 2026.

Altro obiettivo di espansione è l’Europa, con una piccola nota negativa, come sottolinea anche il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, rappresentato proprio dalla Germania, dove vige ancora una tassa sul caffè che ammonta a 2,19 euro per chilogrammo, che inevitabilmente comprime i margini di profitto.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Ditta Artigianale presenta i caffè che combattono la deforestazione in Etiopia

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Uraga e Almaz Teklu ditta artigianale
I caffè Uraga e Almaz Teklu (immagine concessa)

FIRENZE – Monorigini dalla combinazione di deliziosi sapori, con note di caramelle alla pera, limonata e marzapane, fino a ciliegia rossa, kiwi e limone. Ma, soprattutto, amici dell’ambiente, perché contrastano la deforestazione, tutelando la biodiversità dei paesi di origine e i coltivatori locali. Sono le caratteristiche dei nuovi caffè presentati da Ditta Artigianale, provenienti dall’Etiopia, ed entrati di recente nella famiglia degli speciality coffee della prima linea italiana di caffetterie dedicata al consumo consapevole di caffè e microroastery.

Le nuove miscele di Ditta Artigianale provenienti dall’Etiopia

Selezionati direttamente da Francesco Sanapo, co-fondatore di Ditta Artigianale, insieme a Patrick Hoffer e pluripremiato campione baristi e assaggiatori di caffè, durante il suo ultimo viaggio in Etiopia alla ricerca delle migliori varietà da portare per la prima volta in Italia, questi caffè prendono il nome di Uraga e Almaz Teklu.

Entrambi rappresentano una barriera contro la deforestazione, in quanto le piccole aziende agricole che li producono promuovono la conservazione del patrimonio forestale esistente attraverso un approccio alla coltivazione attento al rispetto dell’ambiente e alla salvaguardia della biodiversità, applicando metodi naturali ed il pieno rispetto dei lavoratori.

Insomma, rappresentano gli ultimi baluardi contro le sempre più diffuse pratiche che uccidono le foreste dove cresce il caffè, impoverendo il terreno e creando numerosi dissesti. Una piaga che ha portato l’Etiopia ad avere uno dei più alti tassi di deforestazione del continente, passando nel Ventesimo secolo dal 40% di copertura forestale del territorio al 4,6% e rendendo quindi il suolo vulnerabile a siccità, desertificazione ed alluvioni.

francesco sanapo
Francesco Sanapo in uno dei viaggi nelle piantagioni (immagine concessa)

“I caffè che abbiamo selezionato in Ditta Artigianale sposano pienamente la nostra filosofia di voler promuovere un consumo responsabile e consapevole – spiega Francesco Sanapo. – Non vogliamo solamente far conoscere al pubblico le esclusive varietà etiopi, ma anche sensibilizzare su tutto quello che si nasconde dietro ad una semplice tazzina”.

Francesco Sanapo: “Partendo dalle storie e dall’impegno dei coltivatori, come Almaz Teklu, contadina del villaggio di Chelchelie e madre di cinque figli, che è stata la prima donna etiope ad esportare il suo caffè con il proprio nome. Una rarità assoluta per le donne di questo paese. Vogliamo quindi dare voce a questi produttori, che combattono ogni giorno, tra mille difficoltà, per salvare la loro terra ed il prodotto che tutti noi amiamo”.

Le caratteristiche dei caffè

Il caffè Uraga proviene dall’omonima regione etiope, nella zona di Guji e viene coltivato utilizzando varietà locali miste conosciute come Mixed Heirloom, che conferiscono al caffè una ricchezza ed una complessità uniche. All’assaggio presenta una combinazione di deliziosi sapori. Le note predominanti includono caramelle alla pera, che dona al caffè un gusto fruttato, la limonata, che aggiunge una nota fresca e vivace, ed il marzapane, che offre al caffè una piacevole dolcezza dall’aroma leggermente nocciolato.

Viene lavorato con metodo naturale, grazie al quale le ciliegie del caffè vengono lasciate essiccare con il chicco ancora all’interno. Questo metodo permette al caffè di assorbire i sapori e gli zuccheri naturali presenti nella polpa, creando un profilo di gusto distintivo.

L’Ethiopia Almaz Teklu proviene invece dalla regione di Chelchelie e si caratterizza per un profilo di gusto che include note di ciliegia rossa, kiwi e limone. È un caffè che offre una dolcezza succosa e fruttata, con un accenno di acidità bilanciata, una freschezza vibrante ed una nota leggermente esotica. Le note di limone contribuiscono a dargli una piacevole acidità ed un tocco di agrume.

Viene sottoposto ad un processo di lavorazione lavato, che prevede la rimozione della polpa e della mucillagine dai chicchi di caffè prima dell’essiccazione. Tale processo può conferire al caffè una maggiore pulizia e chiarezza nel gusto, permettendo alle note distintive di emergere in modo più definito.

Il nuovo menù

Tra le novità introdotte da Ditta Artigianale non solo i caffè, ma anche il nuovo menu estivo, ideato dallo chef Giacomo Faberi, che sarà possibile gustare nei cinque locali fiorentini fino al mese di ottobre. Si inizia con il brunch, per il quale le novità riguardano un toast con ricotta ed albicocche, ed uno con pesto ligure farcito con insalata di pesche, pomodori, olive taggiasche, cipolla candita e basilico.

Altra new entry la “Mediterranean Island Salad” con spinaci e rucola, quinoa, pomodori, cetrioli, melone, olive greche, cipolla di tropea, friggitelli confit, olio al basilico, salsa tzatziki, feta e origano. Infine, la “Chilled Salmorejo Soup”, deliziosa crema fredda di pomodori, cipolla fresca di tropea, mandorle e uovo sodo, servita con burrata, dressing di mostarda e miele, fiocchi di pomodoro, crispy bacon, polvere di mandorle e cialde di pane croccante.

Passando ai signature coffee arriva il rinfrescante “Banana Nutty Iced Latte” con base di caffè, sciroppo di banana, burro di arachidi e latte di avena: un’idea per contrastare il caldo nelle torride giornate estive.

Infine, tre nuove proposte dedicate all’aperitivo, per i locali di piazza Ferrucci e Carducci: “Scallop Ceviche Taco”, due croccanti tacos di mais con ceviche di capesante (lime, peperoncino fresco, olio, coriandolo, ginger), smash avocado, mango e pico de gallo; “Grilled Octopus Pita”, pita greca con polpo alla piastra, burrata, nduja, pomodori e cipolla candita e la “Tex Mex Quesadillas”, tipico spuntino di origine messicana con formaggio, carne, condimento al  peperoncino e mais, servita con crème fraîche e pico de gallo fatto in casa.

La scheda sintetica di Ditta Artigianale

La mission di Ditta Artigianale, fondata nel 2013 da Francesco Sanapo, pluripremiato campione barista e assaggiatore e da Patrick Hoffer, è quella di portare in Italia caffè di estrema qualità e di raccontarli in maniera completamente diversa, mettendo in campo la totale trasparenza e l’impegno alla sostenibilità in tutti e per tutti gli step produttivi. È anche microtorrefazione e i caffè, tostati e serviti freschi, sono disponibili per l’acquisto anche qui.

Anima Confindustria: “Il settore delle macchine del caffè tocca una produzione di 545 milioni di cui più di 3/4 destinati all’export”

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anima ucimac dazi
Il logo di Anima l'associazione di Confindustria cui aderisce anche l'Ucimac, i costruttori di macchine per caffè professionali

MILANO – Sei aziende su dieci dell’industria meccanica prevedono una riduzione delle marginalità per il secondo semestre del 2023, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Per un’azienda su dieci, i margini di profitto si riducono di oltre il 10%. A dirlo è il sondaggio condotto da Anima Confindustria e diffuso alle imprese associate, che riporta l’immagine di un comparto che continua a patire il caro prezzi, la scarsità della domanda e l’incertezza del mercato.

Molto bene le macchine le macchine per l’industria alimentare superano il miliardo e mezzo di euro – 1.557 milioni di euro – grazie a un +2,8%.

Il comparto delle macchine per caffè ha chiude il 2022 con una produzione di 545 milioni di euro, di cui più di tre quarti destinati all’export. 

Il sondaggio condotto da Anima Confindustria

Alle difficoltà legate a costi di produzione e riduzione della marginalità, si aggiunge il problema della scarsità di manodopera che affligge le aziende della meccanica italiana.

Il presidente di Anima Confindustria, Marco Nocivelli, commenta: “Il trend rilevato dal sondaggio di Anima è un sintomo delle condizioni avverse che la manifattura, come molti comparti dell’industria italiana, deve affrontare ormai da tempo. Il ritorno alla normalità delle spese energetiche e il lento calo dell’inflazione stanno parzialmente allentando la loro morsa sull’industria, ma la difficoltà di reperimento di materie prime e componenti rimane, insieme ai costi di produzione che, come è emerso, continuano a crescere per molte imprese”.

“Emerge inoltre dal sondaggio – prosegue Nocivelli – la difficoltà per le aziende nel reperire manodopera specializzata in diversi ambiti, un fattore che ostacola enormemente la crescita della manifattura italiana”.

Dal sondaggio, risulta che l’erosione della marginalità si accompagna a un diffuso incremento dei costi di produzione, in aumento per il 37% delle imprese in rapporto al secondo semestre del 2022. Un’azienda su dieci del campione prevede una crescita della spesa fino al 20%.

“Il risultato – continua il presidente Nocivelli – è che più di un’azienda su due lamenta una riduzione dei profitti, per il prossimo semestre. Oltre al danno per le imprese, il rischio è che questa condizione alimenti, in un circolo vizioso, la staticità che attualmente caratterizza un mercato incerto, in cui scarseggiano gli investimenti. È necessario attuare strategie a medio-lungo termine a tutela delle imprese, per sbloccare questa fase di stasi e consentire alle aziende di recuperare i margini di crescita, per il bene dei singoli comparti e dell’economia nazionale”.

La scheda sintetica di Anima Confindustria

Anima Confindustria è l’organizzazione industriale di categoria che, all’interno di Confindustria, rappresenta le aziende della meccanica varia e affine, un settore che occupa 225.000 addetti per un fatturato di 54,5 miliardi di euro e una quota export/fatturato che supera il 60% nel 2022 (fonte: Ufficio Studi Anima). I macrosettori rappresentati da Anima sono: edilizia e infrastrutture; movimentazione e logistica; produzione alimentare; produzione di energia; produzione industriale; sicurezza e ambiente.

Bar: il modello classico è meno frequentato, vengono premiati quelli innovativi

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

Rispetto a un tempo, vengono apprezzati soprattutto i locali e i bar innovativi nella proposta e nell’arredo. Le persone tendono, però, a frequentare sempre di meno i bar tradizionali senza una diversificazione dell’offerta. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Donatella Tiraboschi per il quotidiano Il Corriere della Sera.

L’evoluzione del bar nel tempo

BERGAMO – Eravamo quattro amici al bar, cantava Gino Paoli nella ben nota canzone. Sì, ma che tipo di bar era e, soprattutto, è ancora in attività? Viene da chiederselo a fronte dei cambiamenti del terziario che seguono le tendenze e i fenomeni sociologici. Uno su tutti: “Oggi la gente frequenta meno i bar e molto di più i ristoranti“, osserva il direttore di Ascom Bergamo Oscar Fusini, riavvolgendo il nastro indietro di un quarto di secolo: si rifà al decreto Bersani del 1998 cui sono seguite altre vicende normative all’insegna di una liberalizzazione che ha accresciuto il numero di esercizi senza un aumento corrispondente della domanda.

Il risultato? Un decennio di aperture a raffica di nuovi bar, se non che “adesso le abitudini dei consumatori sono cambiate e — ribadisce Fusini — al bar ci si va sempre meno, prediligendo invece il ristorante”.

La diversificazione dell’offerta

Anche questo è un grande fiume del cibo che scorre dove confluiscono un’infinità di rivoli. C’era una volta il cinese, regno indiscusso degli involtini primavera e del riso alla cantonese. Ora, invece, è “un’offerta tra le tante ormai, perché — prosegue il direttore dell’Ascom — stiamo assistendo all’affermarsi della ristorazione etnica in tutte le salse, dal giapponese al fusion al pokè, che rappresentano un must in particolare per le giovani generazioni. E ovviamente i consumi fanno il paio, anzi danno luogo al radicamento di un’imprenditoria straniera che è pronta a sfruttare questa tendenza”.

Pur con tutti i “se” e i “ma”, quello dei bar è un comparto che dopo le pene infernali della pandemia ha saputo risollevarsi, al netto di una desertificazione commerciale che colpisce i paesi più piccoli e le zone montane “dove un bar — osserva Fusini — rappresenta qualcosa di più di un semplice esercizio in cui andare a bere il caffè, ma diventa un elemento della socialità. Per questo sono attività che andrebbero sostenute con contributi pubblici”.
C’è poi il fattore “moda”, se così vogliamo chiamarlo, perché anche i pubblici esercizi funzionano se dotati di un appeal attrattivo capace di stare al passo con i tempi. La tendenza, anche a Bergamo, è quella di locali multitasking: panifici, pasticcerie, bar e ristoranti a mezzogiorno e sera con una diversificazione dell’offerta in grado di soddisfare una domanda quanto più ampia possibile.
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101Caffè apre uno store a Casablanca, Marocco

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Il nuovo store 101Caffè a Casablanca (immagine concessa)

MILANO – Una seconda bandierina 101Caffè sventola da alcuni giorni in Marocco: dopo Marrakech, dove il marchio è presente con una caffetteria ed annesso market, anche la capitale vanta un punto vendita nel segno delle Torrefazioni Italiane d’Eccellenza. A Casablanca, nel centro commerciale Californie (nell’omonimo bellissimo quartiere della città) il Master Franchisee ha scelto uno store “open space” in un punto strategico che offre visibilità alla clientela del mall.

Il nuovo store 101Caffè in Marocco

Come sempre, già dall’allestimento lo store 101Caffè ha catturato l’attenzione dei passanti: in un Paese dove la tradizione del caffè ha veramente tanto da raccontare, il fascino delle bevande e delle miscele italiane di 101Caffè ha incantato i passanti ancor prima dell’apertura, confermando il grande consenso già conosciuto a Marrakech.

Con l’apertura di questo nuovo punto vendita, l’azienda mantiene il suo impegno di offrire esperienze di gusto straordinarie e di alta qualità in tutto il mondo. Per questo prosegue
l’espansione del marchio 101Caffè in franchising a livello internazionale, che oggi conta circa 230 punti vendita, situati in Italia ed in altri 13 Paesi nel mondo. Per informazioni o richieste relative all’apertura di un negozio 101Caffè basta cliccare qui.

Intesa sulla moneta elettronica, Fipe: “Necessario ridurre i costi dei micro pagamenti”

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Pagamenti elettronici, firmato il protocollo sulle commissioni (immagine concessa)

ROMA – “La decisione del Governo di istituire con l’ultima legge di bilancio un tavolo finalizzato a ridurre i costi della moneta elettronica, in particolare per i micropagamenti e soprattutto per le piccole imprese, ha acceso un faro su una questione che andava affrontata con decisione. In questa direzione va il protocollo d’intesa siglato oggi dalle principali associazioni delle imprese e quelle dei soggetti che gestiscono i pagamenti”.

Lo ha dichiarato Aldo Mario Cursano, vice presidente vicario della Federazione Fipe-Confcommercio, a seguito della firma del protocollo d’intesa siglato con ABI e APSP (Associazione italiana prestatori servizi di pagamento).

Fipe: i costi della moneta elettronica e i micropagamenti

L’intesa, firmata  presso la sede del Ministero dell’Economia e delle Finanze, prevede una serie di misure e indicazioni rivolte proprio ai gestori dei pagamenti per favorire il contenimento dei costi della moneta elettronica.

Cursano continua: “L’Italia è il Paese con il più alto numero di Pos installati, ma resta dietro per numero di transazioni, in particolare quando si tratta di micro pagamenti. Una circostanza che testimonia l’iniquità della distribuzione dei costi, da sempre denunciata dalla nostra Federazione, e che dimostra che siamo dinanzi ad una criticità reale e non ad un alibi di noi esercenti”.

“Un sistema nel quale le commissioni arrivano anche ad azzerare i margini nella vendita di un caffè non è più tollerabile. Per questo motivo, l’accordo di oggi segna un momento importante per garantire alle imprese una maggiore trasparenza e la possibilità di scegliere le soluzioni più convenienti, al fine di assicurare il servizio al cliente e contenere i costi”, ha concluso Cursano.