La legge europea contro la deforestazione che vieta ai Paesi dell’UE di importare prodotti provenienti da aree deforestate è considerata da 17 Paesi in via di sviluppo tra cui Brasile, Messico e Colombia come “punitiva e discriminatoria”. I 17 governi firmatari contro la legge temono che i piccoli produttori potrebbero finire esclusi dalle catene di valore internazionali, non perché hanno deforestato le loro terre, ma per la loro incapacità di soddisfare i rigidi requisiti imposti dalle normative europee.
La legge anti-deforestazione vieta l’ingresso nell’UE di sette prodotti (olio di palma, cacao, caffè, gomma, bestiame, legname e soia) e dei loro derivati che provengono da aree deforestate illegalmente. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata su Start Magazine.
La lettera contro la legge della deforestazione
MILANO – La legge europea contro la deforestazione, entrata in vigore poco più di due mesi fa, che vieta ai Paesi dell’UE di importare prodotti provenienti da aree deforestate, ha suscitato in diversi Paesi in via di sviluppo la preoccupazione di essere direttamente danneggiati.
Il Brasile, l’Indonesia e altri 15 Paesi hanno scritto una lettera congiunta alle massime autorità delle istituzioni dell’UE, chiedendo al blocco di riconsiderare la norma, che criticano per la sua “natura punitiva e discriminatoria”, secondo il testo, diffuso lunedì dal ministero degli Esteri brasiliano.
Molti dei firmatari – scrive El Pais – avevano già reso pubblica la loro insoddisfazione un anno fa. Gli Stati firmatari accusano l’UE di essere stata finora “inflessibile” e chiedono l’apertura di un dialogo per risolvere la controversia, riaffermando il loro impegno per “obiettivi ambientali multilaterali”.
La normativa europea, entrata in vigore il 29 giugno, è considerata dai suoi autori un importante passo avanti per garantire che il consumo nell’UE non contribuisca alla deforestazione o al degrado dell’Amazzonia e di altre preziose foreste tropicali.
La legge anti-deforestazione vieta l’ingresso nell’UE di sette prodotti (olio di palma, cacao, caffè, gomma, bestiame, legname e soia) e dei loro derivati che provengono da aree deforestate illegalmente dopo il 31 dicembre 2020. Questa è la data limite. E saranno le stesse aziende che vogliono commercializzarli a dover dimostrare che i loro prodotti sono puliti.
Oltre al Brasile, hanno firmato la lettera anche dieci Paesi dell’America Latina (Argentina, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Perù e Repubblica Dominicana), nonché Indonesia (che ospita una delle più grandi foreste pluviali del mondo dopo l’Amazzonia), Costa d’Avorio, Ghana, Malesia, Nigeria e Thailandia.
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RIMINI – Non tramonta mai il sole sulla passione per il gelato. Le ultime rilevazioni dell’Osservatorio Sigep (il salone internazionale di gelateria, pasticceria e panificazione artigianale di Italian Exhibition Group, IEG, la cui 45esima edizione si terrà alla fiera di Rimini dal 20 al 24 gennaio prossimi) non lasciano dubbi.
E, da nord a sud d’Italia, dall’Australia all’Argentina passando per la Spagna, il giudizio è unanime.
Il gelato artigianale in Italia
“Il gelato artigianale italiano si conferma una tra le eccellenze del made in Italy – spiega Claudio Pica, titolare di una storica gelateria romana, vicepresidente di Fiepet-Confesercenti Nazionale e segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri (Aig) – in tutte le regioni del Bel Paese numeri molto positivi fanno registrare un incremento per il settore e la filiera”.
Il gelato Belmonte (immagine concessa)
Per l’estate non ancora conclusa, nel nord Italia Aig stima una crescita del +8%, nel centro Italia +12% e nel sud, isole comprese, una media che si attesta tra il 16 e il 20%.
“In particolare – continua Pica – aumenti nelle città d’arte dove il turismo straniero ha fatto da traino e dove spiccano Roma, Firenze, Napoli, Milano, Bologna, Torino, Venezia e Palermo. I gusti più gettonati per tutte le regioni segnano il trionfo dei sorbetti, con frutti italiani ed esotici, con l’aggiunta di diverse spezie; in Sicilia, apprezzate le granite e la nocciola; a conquistare Piemonte, Lombardia e Veneto il pistacchio e le creme; in Lazio, Toscana, Marche e Umbria prevalgono i gusti classici e gli immortali cioccolato, zabaione e variegati a base di caramello salato”.
Giancarlo Timballo, presidente della Coppa del Mondo di Gelateria e Maestro gelatiere di Udine, prova a sintetizzare: “In base alla mia esperienza e a quella di tanti colleghi con gelaterie diffuse in tutta Italia, direi che l’estate è andata bene, è stata calda e non piovosa. E ciò aiuta le vendite di gelato“.
Timballo continua: “Certo, in estate si vende sempre, la differenza la fanno i periodi a ridosso della primavera, prima e dell’autunno, poi. Maggio-giugno sono andati così così, ma questa coda di estate ci sta aiutando a recuperare bene, e credo che potremo chiudere la stagione 2023 con un ritorno ai livelli pre covid”.
E sul fronte rincari?
Timballo aggiunge: “Il gelato artigianale risente meno di altri prodotti della diminuita capacità di spesa delle famiglie, perché ha costi sempre accessibili. In tanti paesi si trovano ancora coni con una pallina a un euro e cinquanta. La maggior parte di noi anno scorso ha assorbito internamente i rincari delle bollette energetiche, e ha rincarato i prezzi solo quest’anno, quando sono arrivati pure gli aumenti delle materie prime. Direi che a fronte di maggiori spese pari ad un 20%, i ritocchi dei listini si sono mantenuti sotto il 10%”.
Se dovesse delineare una tendenza, quale indicherebbe?
Timballo riflette: “Il cliente è diventato sempre più attento e consapevole. E questo ci stimola a innovare, a puntare su prodotti sempre più sani, di qualità. Ad esempio, questa estate ho proposto un gusto all’Aronia, una bacca dalle forti proprietà antiossidanti. Ebbene, ho scoperto con piacere che molti clienti la conoscevano già e il gelato ha ottenuto un successo che mi ha lusingato”.
Roberto Rinaldini, riminese, già campione del mondo di gelateria e pasticceria, membro Relais Dessert, ricorda: “Il gelato vive un periodo d’oro, l’estate in particolare è andata benissimo e sono convinto sarà un 2023 record. Parliamo di un prodotto sempre più iconico tanto che il consumo è ormai definitivamente annuale”.
La tendenza?
“Si punta a diminuire l’apporto zuccherino, mantenendo le peculiarità delle materie prime e della frutta. Alle modalità tradizionali di consumo si aggiunge l’impennata della domanda di coppa al tavolo”.
Rinaldini continua: “Ne abbiamo proposte tante, anche come fosse un gioco, componendo parti croccanti e salse da abbinare a piacimento e personalizzare il prodotto. Molto bene sono andate le brioche e maritozzi col gelato, per merende gustose nella fascia pomeridiana. Segnalo la novità del bombolone col gelato! Nel take away e street food vanno invece forte granita siciliana con frutta fresca, caffè e mandorla”.
Rinaldini conclude: “Successo anche per smoothie e frappè a base di latte, o vegani a base latte di soia vegetale, con sorbetti all’acqua e frutta e zucchero. Boom di richieste per il pistacchio vegano, nel quale la parte di grasso è solo quella del frutto ed è privo di panna e latte, col prodotto che trasmette una percezione del gusto quasi travolgente”.
Domenico Belmonte, noto maestro gelatiere di Castellabate, in Cilento, conferma: “Abbiamo rallentato a maggio/giugno, ma dovrebbe esserci un buon ritorno nei mesi di settembre e ottobre”.
Quali i gusti che vanno per la maggiore? “Quelli del gelato artigianale variano in base alle zone geografiche, ma anche tra città e località di mare di una stessa regione: il nostro gusto con nocciole di Giffoni e mandorle tostate al miele, ad esempio, è piaciuto molto, ma i gusti classici come crema, cioccolato e fiordilatte sono sempre i più richiesti”.
Gelato protagonista anche oltre il confine
Seguendo lo sviluppo internazionale della manifestazione di IEG, l’Osservatorio Sigep ha sondato anche altri Paesi, nei quali il gelato artigianale all’italiana ha forte presa.
Martino Piccolo, gelatiere in Australia, ricorda come “il gelato artigianale è molto apprezzato soprattutto dal grande pubblico asiatico presente in Oceania e nelle zone più turistiche. La clientela assaggia volentieri i gusti a “edizione limitata”.
Ma anche in Australia i gusti preferiti sono quelli “classici”, sebbene si stia assistendo ad una tendenza a sperimentare e a preparare variegati con biscotti, torte e croccanti per provare qualcosa di nuovo”.
Marco Miquel, presidente dell’Asociación Nacional Heladeros Artesanos de España, sottolinea invece il grande successo del gelato artigianale nel suo Paese: “La tradizione spagnola del gelato è stata reinventata e le gelaterie artigianali stanno vivendo un boom senza precedenti – dice -. Questa rinascita è dovuta alla ricerca di sapori autentici e all’apprezzamento della qualità degli ingredienti”.
Miquel aggiunge: “I maestri gelatieri, nei loro laboratori, creano delizie ghiacciate che ricordano le ricette della nonna. Dai classici come il Turrón de Jijona, il cioccolato e la vaniglia, ai gusti più innovativi, i nostri artigiani offrono un’ampia gamma di opzioni, evidenziando tra le novità i sapori che evocano la nostalgia e puntando soprattutto sulla frutta di stagione della propria zona, alla quale aggiungono un tocco diverso e facendolo proprio”.
Molte gelaterie spagnole collaborano con produttori locali e regionali per approvvigionarsi di frutta fresca, erbe e altri ingredienti di altissima qualità, creando al contempo sinergie in un momento in cui la sostenibilità è sempre più determinante e il consumatore vi presta massima attenzione, partendo dalle materie prime di confezioni e imballaggi.
Grandi città come Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia stanno assistendo a un incremento significativo dell’offerta di gelato artigianale e gli esperti prevedono che la domanda continuerà a crescere, come dimostra l’aumento della richiesta di corsi di gelato artigianale.
Maximiliano Maccarrone, presidente di Afadhya(Associazione produttori gelato artigianale, Argentina) si spinge anche oltre: “Il gelato artigianale fa parte della cultura degli argentini – asserisce – come la carne, il vino, il tango: identificano il Paese, le abitudini di consumo. Dati di mercato, affermano che 9 argentini su 10 consumano gelato artigianale durante tutto l’anno. Il consumo annuo pro capite è oggi di 7 chili, e contiamo circa 3.500 gelaterie artigianali sparse su tutto il territorio nazionale. Tra i gusti preferiti: cioccolato con mandorle, sambayón (zabaglione), dulce de leche e frutti rossi”.
Focus on Sigep 2024
Data: 20-24 gennaio 2024; Organizzazione: Italian Exhibition Group SpA; edizioni: 45ª; periodicità: annuale; qualifica: fiera internazionale; ingresso: riservato agli operatori professionali; per maggiori info basta cliccare qui.
VERONA – Fieno, liquirizia e ginepro: sono questi gli ingredienti della nuova limited edition di Legend Kombucha ispirata alla natura. L’originale bevanda, dal sapore rinfrescante, che richiama le note pungenti e aromatiche del bosco e della montagna, è stata presentata in anteprima dall’azienda veronese nel corso della terza edizione di Genesis, l’evento dedicato alla riscoperta delle origini primordiali della cucina, dalla terra alla tavola, appena conclusosi a Cortina d’Ampezzo.
La limited edition di Legend Kombucha
Il nuovo gusto è stato realizzato a 4 mani assieme allo chef Riccardo Gaspari – proprietario dei ristoranti SanBrite (1 stella Michelin) ed El Brite de Larieto, entrambi insigniti della stella verde per la sostenibilità -, ideatore dell’iniziativa con la moglie Ludovica Rubbini.
Una collaborazione nata spontaneamente, quella tra Legend Kombucha e Genesis, e concretizzatasi in un percorso sostenibile che affianca le tecniche moderne dell’alta cucina a metodi antichi, tra i quali la fermentazione.
Legend Kombucha si caratterizza, infatti, per la produzione rigorosamente artigianale dell’antico tonico orientale – un tè biologico fermentato e aromatizzato -, rispettosa dei ritmi lenti della natura, secondo la ricetta originale, realizzata con ingredienti stagionali e locali.
Dalla sinergia con Genesis è nata quindi una kombucha inedita, complessa e delicata, pensata per accompagnare tutti i momenti della giornata, a partire dalla colazione fino al dopocena, e ideale per essere consumata anche durante i pasti grazie al suo sapore dolce e aromatico, in cui le note balsamiche della liquirizia si sposano all’aroma pungente del ginepro. La punta acida tipica della kombucha attenua poi il profumo erbaceo del fieno tostato.
Fazenda da Lagoa: filari che si perdono all'orizzonte
SANTO ANTONIO DO AMPARO (Minas Gerais, Brasile) – Prosegue il viaggio alle origini del caffè. Questa volta tocca alla piantagione Fazenda da Lagoa che è tra i fiori all’occhiello di NKG, il numero uno al mondo nel commercio del caffè verde. Una sorta di stato dell’arte delle coltivazioni di caffè; 4.200 chilometri di filari che sembrano pettinati, 7 milioni di piante circa.
Questo articolo sul viaggio in Brasile alle origini del caffè è il terzo di cinque: qui(Brasile, il ritorno alle origini del caffè: viaggio tra fazende, cooperative, assaggi di specialty esclusivi e stabilimenti infiniti), qui (NKG Stockler, a Varginha la fabbrica di taglia extra large: per la nostra grande voglia di caffè 3.000 assaggi ogni giorno), qui (La fazenda da Lagoa lo spirito della piantagione, il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità), qui (Cocapec, la cooperativa di Franca che garantisce l’elevata qualità del caffè dell’Alta Mogiana per la vicinanza con i produttori) e qui (la fazenda di São Sebastião).
La piantagione da Lagoa, che oggi è diretta dall’ingegnere agronomico Joaquím Paiva, discendente degli antichi proprietari, si trova nella parte nord-orientale della famosa regione di coltivazione del caffè di Campo das Vertentes, nel Minas Gerais, a poche centinaia di chilometri da San Paolo e Rio de Janeiro, a un’altitudine di circa 1.100 metri sul livello del mare livello.
L’ingegnere agronomo Joaquím Paiva, discendente degli antichi proprietari della Fazenda da Lagoa, oggi direttore dell’Azienda di proprietà di NKG
Alla piantagione dà il suo contributo tecnico e scientifico l’Università di Lavras. Tutto questo garantisce alla Fazenda da Lagoa di poter offrire la tracciabilità totale dal campo al cliente.
E all’arrivo propone per l’accoglienza uno dei suoi prodotti migliori, naturalmente fresco di raccolto: una miscela Acaia con Catucai e Catuai naturali. Una miscela eccezionale. Anche se alla Fazenda stemperano l’entusiasmo.
E spiegano: “A volte la nostra percezione cambia anche in base al momento e all’ambiente. All’arrivo nella fattoria si è tutti molto felici”. Un luogo ospitale e felice.
La storia
Prima di descrivere i dettaglio la Fazenda cominciamo dalla storia. Le origini di Fazenda da Lagoa risalgono al 1764, quando la corona portoghese donò la proprietà a Jangada Paiva, il primo antenato dell’attuale direttore della Fazenda, Joachim Paiva.
È una delle più antiche piantagioni di caffè della regione del “Campo das Vertentes”. Qui, infatti, fu coltivata la prima pianta del caffè del comune a metà del XIX secolo, nel 1860.
Ciliegie mature di Red Bourbon pochi minuti prima della raccolta alla Fazenda da Lagoa
Nel febbraio 2003, questa piantagione di caffè brasiliana di medie dimensioni con i suoi 3.713 ettari di terreno, 1.990 a caffè e 1.688 a foresta pluviale atlantica, il 20% dell’azienda, di proprietà della famiglia Aguiar Paiva da molte generazioni, è entrata a far parte delle attività agricole di NKG, Neumann Kaffee Gruppe.
Questa cura nel preservare la foresta consente alla Fazenda da Lagoa di essere già in regola con le norme europee che entreranno in vigore nel gennaio del 2024. Fa notare il direttore Paiva che per la riforestazione della piantagione dal 2005 sono state messe a dimora 239.700 piante di alto fusto su 129 ettari.
Spolpatura a umido alla Fazenda da Lagoa
La produzione nel 2022 è stata di 171 container da 19.200 kg pari a 56.700 sacchi da 60 kg o 3.282 tonnellate, 11,3 semilavato, qui prodotto dal 2011. Un buon risultato dopo le gelate del 1979 e 2021 che hanno danneggiato la piantagione e ridotto, per quel raccolto, la produzione a soli 32.000 sacchi.
Fila di essicatori a cilindro tutti all’opera pieni di chicchi di caffè da portare all’umidità dell’11,5% alla Fazenda da Lagoa
Imponente il parco macchine della Fazenda, a cominciare dai 10 autobus necessari per raccogliere i lavoratori nel vicino paese di Santo Antonio do Amparo, 11 macchine per la raccolta (2 mini) e 48 trattori. Con un patio di 43.000 metri quadrati e uno stabilimento per il trattamento del caffè che è enorme, come tutto qui.
Vista parziale dei magazini dove viene raccolto il caffè dopo l’asciugatura alla Fazenda da Lagoa
Sostenibilità della Fazenda da Lagoa
Le condizioni ambientali a Fazenda da Lagoa sono ideali per la produzione sostenibile di caffè premium.
Piccoli corsi d’acqua provenienti da 66 sorgenti naturali della tenuta convergono gradualmente in due piccoli fiumi. Si tratta di una caratteristica distintiva della piantagione, nonché una preziosa fonte di vita per innumerevoli piante e animali. I boschi e le zone paludose coprono circa il 30% della superficie agricola totale e rappresentano importanti zone ecologiche della Fazenda da Lagoa. Aiutano a mantenere una sana biodiversità con tutti i suoi impatti positivi per il controllo biologico della peste e delle malattie.
Da notare la cospicua presenza di animali selvatici nella piantagione. Ci sono pantere (si fanno vedere poco ma lasciano le impronte), linci, procioni con la coda, formichieri e armadilli. Animali che danno da fare a due biologi.
Fazenda da Lagoa: gli animali liberi tra piantagione e tratti di Foresta Atlantica
L’anidride carbonica prodotta dalla piantagione è bilanciata dalle aree di foresta: 556.490,7 tonnellate di Co2 anno parificate dal 1.186 ettari di foresta.
E il cambiamento climatico? “C’è, lo sentiamo – dice il direttore Paiva – ed è strettamente monitorato”. In particolare il cambiamento riguarda le piogge di grande volume e concentrate in poco tempo, per esempio 1.800 millimetri registrati in febbraio. La temperature inoltre sono più basse e per più lungo tempo. Per questo è in sperimentazione un impianto di irrigazione contro la stagione secca: per ora riguarda 270 ettari per poi estendersi al resto della piantagione.
Un approccio sostenibile alla coltivazione del caffè offre anche vantaggi diretti ai lavoratori agricoli.
Due mini raccoglitrici al lavoro sulle piante di due anni alla Fazenda da Lagoa
La fattoria offre stabilmente l’alloggio per 23 famiglie. I lavoratori hanno uno status di lavoro a tempo indeterminato che consente loro di aderire al sistema di assistenza brasiliano che garantisce una serie di importanti servizi sociali come l’assistenza sanitaria.
Ciliegie di Yellow Bourbon appena scaricate dalla raccoglitrice alla Fazenda da Lagoa, prima fase di un lungo viaggio
Al fine di garantire una produzione di caffè efficace e sostenibile, tutti i dipendenti a tempo indeterminato ricevono una formazione specifica per sviluppare ulteriormente le proprie competenze.
Certificazioni
La certificazione sta acquisendo sempre più importanza in tutto il mondo ed è uno strumento importante per il riconoscimento nazionale e internazionale del modo speciale in cui viene prodotto il nostro caffè. Dal 2005 l’azienda agricola è certificata Utz e premiata dal 2008 con il sigillo Rainforest Alliance (le due organizzazioni non governative si sono fuse nel 2017) per i suoi risultati nella produzione sostenibile di caffè. Naturalmente la Fazenda da Lagoa aderisce al progetto Verified di NKG. Ma è anche disponibile per altre certificazioni in base alle richieste dei clienti.
La mappa della Fazenda da Lagoa: i colori indicano l’anno dell’impianto. Ben evidenti in azzurro le 66 sorgenti ed i corsi d’acqua interni. In basso, sulla sinistra, la pista dell’aeroporto che è lunga quasi due chilometri.
Tutti i caffè prodotti, dopo le prime lavorazioni, vengono inviati allo stabilimento NKG di Varginha. La raccolta avviene con lo stripping sulle piante giovani e più delicate, il resto è meccanico.
La nursery della Fazenda da Lagoa
La nursery della Fazenda da Lagoa
La nursery è un’azienda nell’azienda con 350.000 piantine che si preparano per essere piantate, a ottobre-novembre: non deve esserci pioggia o gelo. Tre le curiosità di questo settore della Fazenda da Lagoa. La prima sono le jumbo plant, piantine cresciuta per undici mesi contro i sei mesi, ben sviluppata e con le radici già grandi. Questo permette, una volta piantate le jumbo plant, di avere una produzione di 10 sacchi ettaro sin dal primo anno, 40-45 nel secondo.
La sconfinata nursery, oltre 350.000 jumbo plant, della Fazenda da Lagoa
E anche al momento prima della germinazione si raddoppia usando due semi invece di uno per avere la certezza dello sviluppo. Quando la piantina inizia lo sviluppo, in caso di coppia si sceglie la migliore e si scarta a mano l’altra. Un lavoro cui si dedicano le donne, perché serve molta delicatezza. Altro esperimento in corso, prima di essere sviluppato su larga scala, l’utilizzo di un prodotto che si degrada per il sacchetto con la terra che accoglie i semi.
La terza innovazione è che nella nursery ci sono 6 nuove varietà, a cominciare dalla Paraiso che è molto resistente alla ruggine ed ha un ottimo risultato in tazza. Qui con i semi forniti da produttori specializzati, si impiantano diverse varietà. Oltre alla Paraiso, MG 2, IPR 100, IPR 103, Uva RN 125, Guarà, Catuai 62 e Catucai 24/137. Perché otto varietà? Lo spiega il direttore Paiva: “Per diversificare il rischio agricolo nelle annate difficili”.
Infine quando i germogli vengono messi a coltura alla Fazenza da Lagoa utilizzano una pratica particolare: sistemare due piante al posto di una per aumentare la produttività.
MILANO – Il Coffee Barometer fa luce sullo stato attuale della sostenibilità nel settore del caffè a livello mondiale. Il rapporto 2023 – alla sua settima edizione stilato da Conservation International, Ethos Agriculture and Solidaridad – combina i dati disponibili pubblicamente e descrive il quadro odierno così da poter fare le dovute riflessioni rispetto alle prossime sfide, gli impegni e i risultati fin qui raggiunti.
Il Coffee Brew Index, la vera novità di questo documento, approfondisce e così dà modo di comprendere il livello di maturità delle strategie di sostenibilità adottate dalle 11 aziende leader del settore, prese in considerazione per sviluppare il Coffee Barometer.
E dal report arriva la conferma che il caffè a buon mercato sta finendo.
Il rapporto è strutturato intorno a quattro sfide:
Parte 1. La concentrazione della produzione di caffè in un numero limitato di Paesi, unita a dinamiche dei prezzi che non garantiscono una stabilità a lungo termine per i piccoli coltivatori di caffè e all’evoluzione delle aspettative dei consumatori.
Parte 2. L’importanza di garantire che il reddito da caffè contribuisca al benessere e al sostentamento di milioni di coltivatori in Africa, Asia e America Latina.
Parte 3. Un’analisi delle politiche e delle strategie di sostenibilità adottate dalle undici principali torrefazioni nel mondo – Nestlé, Starbucks, JDE Peet’s, Tchibo, Lavazza, Melitta, Massimo Zanetti, UCC, Strauss, J.M. Smucker, KraftHeinz – insieme a una valutazione critica del ruolo e del contributo di ciascuna di queste.
Parte 4. Esplorazione delle scale in espansione della sostenibilità e dei quadri obbligatori, in particolare la combinazione della legislazione UE sulla produzione senza deforestazione, diritti umani e la rendicontazione.
The Coffee Brew Index (foto concessa)
Questo il contesto odierno con cui ci si deve confrontare per costruire interventi mirati ed efficaci lungo la filiera
Circa 12,5 milioni di coltivatori di caffè in 70 Paesi producono caffè, con Brasile, Vietnam, Colombia, Indonesia e Honduras che contribuiscono all’85% dell’offerta globale.
Il restante 15% è prodotto da 9,6 milioni di coltivatori, i cui mezzi di sussistenza sono sotto pressione a causa della diminuzione dei ricavi delle piantagioni di caffè e dell’aumento dei costi dei fattori di produzione.
La questione del reddito dei coltivatori
Nel Coffee Barometer si fa riferimento ad una recente analisi condotta dalla Columbia University (Kaitlin et al., 2021) che esamina il reddito netto annuo derivante dalla coltivazione del caffè con i parametri di riferimento per il living income in dieci paesi, sulla base dei prezzi del caffè del periodo 2018-2019.
Confronto che deve esser considerato come stima approssimativa di come un produttore medio potrebbe cavarsela all’interno di ciascun Paese.
I principali risultati di questo confronto includono:
– In 8 dei 10 Paesi, il reddito medio da caffè è pari o inferiore alla soglia di povertà.
– Il Brasile si distingue come l’unico Paese in cui il produttore medio guadagna un reddito netto dalla coltivazione del caffè che supera alcune stime del reddito di sostentamento.
– L’Uganda è il Paese con il più alto divario rispetto alla retribuzione, con un produttore medio che guadagna 88 dollari all’anno con il caffè, in contrasto con i valori di riferimento sul salario che vanno da oltre 2.000 dollari a quasi 6.000 dollari.
Cambiamento climatico
Una recente analisi condotta dall’Istituto per l’ambiente di Stoccolma (SEI) traccia un quadro disastroso, rivelando che il cambiamento climatico potrebbe ridurre la produzione globale di Arabica del 45,2%, mentre la produzione di Robusta potrebbe subire un calo del 23,5% (Dzebo e Adams, 2022).
Con il cambiamento climatico, si prevede che entro il 2050 porzioni significative di terreni utilizzati per la coltivazione del caffè saranno inadatte, in particolare per la crescita dell’Arabica.
Gli sforzi per garantire una produzione di caffè sostenibile devono considerare la preservazione e la conservazione delle foreste e di altri ecosistemi, riconoscendone significato ecologico e le potenziali conseguenze negative della loro conversione in piantagioni di caffè.
Raggiungere un delicato equilibrio tra soddisfare la domanda globale di caffè e preservare la biodiversità, mantenendo e rafforzando i servizi ecosistemici essenziali, comporta l’attuazione di solide strategie di conservazione e l’adozione in tutto il settore di pratiche di utilizzo responsabile del territorio, come l’agricoltura rigenerativa e l’agroforestazione.
Le principali regioni produttrici di caffè probabilmente diminuiranno. Ad esempio, negli Stati brasiliani di Minas Gerais e São Paulo, regioni che rappresentano una parte significativa della produzione di caffè del Paese, la proporzione di terreno adatto alla coltivazione del caffè potrebbe crollare dal 70-75% ad appena il 20-25%.
Nel Goiás, potrebbe cessare del tutto. Anche altre rinomate regioni produttrici di caffè si troveranno ad affrontare l’imminente minaccia di una forte riduzione delle aree idonee alla coltivazione del caffè.
Il riscaldamento delle temperature e lo spostamento delle precipitazioni potrebbero ridurre drasticamente la produzione in Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Messico e Vietnam (Dzebo e Adams, 2022)
I Voluntary Sustainability Standards (VSS) sono fondamentali per migliorare aspetti come trasparenza, fiducia e i comportamenti di consumo sostenibili nel settore del caffè
Tuttavia, sebbene i consumatori mostrino una crescente consapevolezza attorno al tema, la quota di mercato di caffè certificato è ostacolata da barriere come le lacune a livello informativo e i prezzi più elevati.
Negli ultimi anni, si è verificata una stagnazione nell’espansione della materia prima certificata commercializzata, insieme ad una diminuzione dei volumi acquistati dai principali player sul mercato del caffè.
Alcuni dei più grandi torrefattori del mondo stanno cercando di inserirsi nel discorso della sostenibilità come leader, spesso prendendo impegni ambiziosi, coinvolgendo le proprie aziende in partenship e iniziative multi-stakeholder.
Queste imprese spesso interpretano la sostenibilità come miglioramento dell’efficienza e della competitività in un’economia mondiale globalizzata, con la minaccia di una crescente scarsità, di rischi sempre più elevati e di catene di approvvigionamento poco trasparenti.
Le promesse e le affermazioni di questi torrefattori sono allettanti e le aspettative di autorità di regolamentazione, società civile, consumatori e investitori sono in aumento.
Per questo, negli ultimi due decenni, questa richiesta ha dato origine a numerose iniziative e linee guida per la promozione di una condotta aziendale responsabile nell’industria del caffè.
Ma rimane un certo scollamento tra le strategie che vengono riportate e la loro messa in pratica.
Il punto di partenza del Coffee Brew Index contenuto nel Coffee Barometer è la consapevolezza che si conoscono ben pochi dettagli sulle specifiche strategie di sostenibilità di queste principali torrefazioni
Per condurre l’analisi, sono stati esaminati i contenuti dei rapporti annuali o di sostenibilità condivisi dalle aziende, così come di tutti i documenti di accompagnamento o delle informazioni pubbliche direttamente collegate a questi resoconti
In questo confronto, è emerso che quattro aziende su undici, ovvero Lavazza, Melitta, Tchibo e Massimo Zanetti, non hanno ancora pubblicato i bilanci di sostenibilità per l’anno 2022 alla data di realizzazione del Coffee Brew Index (maggio 2023).
Conclusioni
Ciò che è emerso è che, le iniziative dei multi-stakeholder compresi nel Coffee Barotemer, nate per promuovere la sostenibilità nel settore del caffè, ad oggi non riescono a compiere progressi sostanziali.
Spesso forniscono un modo per le aziende di dichiarare il loro sforzo verso obiettivi positivi, ma spesso mancano impegni vincolanti e finanziamenti per ottenere risultati concreti.
Mentre alcune singole aziende possono avere performance migliori di altre, il Coffee Brew Index ha riscontrato che la maggior parte delle aziende non sta ancora mettendo in atto le azioni necessarie a rispettare gli impegni esistenti nel settore per affrontare i rischi sociali e ambientali.
Contemporaneamente, nel campo delle pratiche commerciali internazionali, si sta verificando un cambiamento epocale, che riscrive la dinamica dall’affidarsi esclusivamente a iniziative di sostenibilità volontarie andando verso un quadro normativo più rigoroso, incentrato su requisiti di due diligence.
Negli ultimi anni l’Unione europea ha assunto un ruolo di primo piano, proponendo e adottando leggi internazionali incentrate sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) che si rafforzano a vicenda.
Queste leggi obbligano le aziende a dare priorità alla tutela dei diritti umani e a prevenire il degrado ambientale. La conformità a queste normative richiederà un monitoraggio approfondito delle catene di approvvigionamento della materia prima e la capacità di dimostrare l’effettiva attuazione delle misure di due diligence.
A differenza delle iniziative volontarie, queste leggi forniscono un quadro completo di responsabilità che include sanzioni, rimedi per le violazioni dei diritti e la possibilità di essere esclusi dalle gare d’appalto pubbliche.
Tuttavia, secondo il Coffee Brew Index, sulla carta, la maggior parte dei torrefattori non sono ancora preparati per gli imminenti requisiti di legge, evidenziando l’urgente necessità di un approccio più proattivo da parte di tutti i soggetti coinvolti.
Sebbene l’obbligo di due di diligence con solidi meccanismi di applicazione è probabilmente la chiave per il progresso, dovrebbe anche promuovere la collaborazione tra produttori e importatori, fornendo ai piccoli agricoltori il sostegno e le risorse necessarie per soddisfare gli standard richiesti.
Un approccio integrato, sostenuto da una consistente assistenza finanziaria da parte dell’industria e l’applicazione delle normative locali, è essenziale per un’attuazione efficace delle norme.
L’obiettivo sarebbe quello di trovare un “mix intelligente” di strumenti volontari e obbligatori che che promuovano lo sviluppo e garantiscano il benessere dei produttori e delle loro comunità (Schleifer e Fransen, 2022).
Non c’è più futuro per il caffè a basso costo
L’intero settore deve impegnarsi a investire nelle regioni produttrici vulnerabili, in modo da portare avanti programmi di sostenibilità e dar maggiore valore all’inclusione dei coltivatori e dell’adattamento ai cambiamenti climatici.
Le aziende produttrici devono raddoppiare gli sforzi nei confronti soprattutto dei Paesi produttori meno competitivi. Lo scambio e il dialogo continuo con gli attori locali, tra cui il governo, la società civile e i gruppi stessi dei farmer, è essenziale per affrontare le prossime sfide con soluzioni personalizzate.
MILANO – Settimana di rialzi per i mercati del caffè, più marcati nel caso di New York, che raggiunge i suoi massimi dalla prima decade di agosto al giro di boa di metà mese. Il contratto per scadenza dicembre dell’Ice Arabica ha aperto la settimana trascorsa in netta ripresa guadagnando 425 punti, lunedì 11 settembre.
Ed è tornato così sopra la soglia del dollaro e mezzo chiudendo la giornata a 152,85 centesimi.
Due ribassi consecutivi lo hanno fatto ridiscendere a 151,95 centesimi, mercoledì 13.
Nelle ultime due giornate della settimana, il trend è tornato a essere fortemente rialzista.
Tra giovedì e venerdì, la scadenza principale ha guadagnato infatti 720 punti terminando la sua corsa, venerdì 15 settembre, a 159,15 centesimi: il 7,1% in più rispetto alla fine dell’ottava precedente.
Londra chiude in territorio positivo quattro sedute su cinque e conclude la settimana a 2.556 dollari: un rialzo del 6,2% rispetto al venerdì precedente.
Sul mercato newyorchese ha inciso, in particolare, l’indebolirsi del dollaro rispetto al real brasiliano, ai massimi delle ultime due settimane sulla moneta americana.
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MILANO – Continua l’esplorazione dell’ibrido de Timor guidati dal caffesperto Andrej Godina, che ne ripercorre le origini (qua l’introduzione a questa nuova varietà botanica) per arrivare pian piano all’attuale impatto che ha sul resto dell’industria caffeicola, a partire dalle origini sino al consumatore finale, passando naturalmente a chi lo deve processare.
di Andrej Godina
Ibrido de Timor: il focus sui torrefattori
Rispetto alle coltivazioni di caffè oggi presenti nei paesi di origine, in passato, le varietà botaniche utilizzate erano quelle “antiche”, ovvero non ancora incrociate con l’ibrido de Timor – HdT. I nuovi cultivar più resistenti che oggi sono molto diffusi nelle piantagioni di caffè e che appartengono principalmente alle famiglie dei Sarchimor e Catimor, in passato non erano così largamente diffusi.
Infatti resistevano ancora tante coltivazioni che avevano piante antiche di Bourbon, Tipica, Pacas, Maragogype, Caturra, ecc. Alla fine del XIX secolo, in Italia, nascono le torrefazioni con le prime botteghe specializzate nella vendita al dettaglio dei generi coloniali e iniziano a tostare i chicchi.
All’epoca i nuovi cultivar incrociati con l’HdT non esistevano, infatti il caffè proveniva
esclusivamente da varietà di Arabica antiche. Queste varietà certamente producevano un seme di migliore qualità anche se all’epoca le tecniche di lavorazione, conservazione e torrefazione erano decisamente meno raffinate rispetto a quelle odierne. Nel corso della prima parte del ‘900 le torrefazioni italiane sono cresciute, ciascuna di esse ha sviluppato una forte propensione alla miscelazione dei caffè e in quegli anni le tecniche di produzione nei paesi di origine è migliorata rispetto al passato.
L’ascesa positiva della qualità del caffè verde è continuata nella seconda metà del XX secolo per poi avere una brusca battuta di arresto in un periodo che potremmo far coincidere con la liberalizzazione delle quote di esportazione dei paesi membri dell’International Coffee Organization che ha lasciato la fissazione dei prezzi interamente al mercato, ovvero alle
borse merci e ai loro movimenti finanziari prettamente speculativi.
Ora vi spiego perché con una premessa
Come tutti gli alberi da frutto anche quello del caffè è maggiormente suscettibile alle malattie quando le pratiche agricole risparmiano sulla fertilizzazione e cura degli alberi per diminuire i costi di produzione. La crisi dei prezzi bassi indotta dalla cancellazione delle soglie di esportazione dell’ICO e un’estrema alternanza dei prezzi nel corso degli anni ha comportato che in tantissimi paesi le piantagioni iniziarono ad essere trascurate in quanto i prezzi del caffè verde erano troppo bassi. A causa della riduzione dei profitti dei coltivatori e l’impossibilità di investire in fertilizzanti le piante inevitabilmente iniziarono ad indebolirsi.
Queste condizioni permisero alle malattie della pianta, in particolare alla Coffee Leaf
Rust, di distruggere intere piantagioni in pochi anni. Rimane per esempio famosa la gravissima diminuzione della produzione in Colombia dovuta alla moria delle piante per un attacco di una forma di Coffee Leaf Rust più aggressiva. Queste mutate condizioni spinsero tutti i paesi di produzione a creare nuove cultivar di caffè più resistenti utilizzando materiale genetico proveniente dall’HdT.
Questa nuova diffusione di piante incrociate maggiormente con l’HdT ha sensibilmente diminuito la qualità di tazza dell’Arabica in tutto il mondo. Il caffè colombiano coltivato in passato non è più lo stesso di quello odierno, il profilo sensoriale delle sue qualità commerciali Excelso e Supremo è decisamente diminuito. La medesima cosa è accaduta in Brasile dove la vecchia varietà Yellow Bourbon, di eccellente qualità di tazza, è stata sostituita da nuove varietà più resistenti come per esempio l’Icatu e Catucai. Ovviamente non si è salvato neanche il Centro America dove le varietà Typica, Bourbon, Catuaì, Pacas, Villa Sarchi non sono praticamente più coltivate.
Per esempio in Honduras le vecchie varietà sono state sostituite già nel corso degli anni ’90 con la IHCAFE90 e la successiva Lempira. Questo spiega in modo chiaro come le vecchie ricette delle miscele per l’espresso create nel ‘900 allo scopo di dare un’impronta sensoriale distintiva ai propri prodotti e a mantenerli costanti nel tempo non hanno più senso di essere seguite, gli ingredienti che ne costituivano la ricetta non sono più gli stessi.
Le qualità di tazze di alcuni paesi di produzione sono davvero molto differenti rispetto al passato come per esempio le obsolete classificazioni che erano usate nel passato come
il Costarica Tournon, il Guatemala, il Porto Rico, l’Haiti, l’El Salvador, la Giamaica, alcuni specifici tipi di Brasile. Oggi la torrefazione moderna deve possedere un’estrema competenza sensoriale e competenza nei test di controllo qualità della materia prima che acquista e deve essere in grado di riscrivere le antiche ricette delle miscele. Come tutti sanno, il caffè brasiliano è quello più usato in miscela e può ancora rappresentare una buona base, anche perché il suo prezzo è minore grazie alla coltivazione meccanizzata rispetto a quella manuale di tutte le altre origini.
Con il Brasile però non è più possibile essere focalizzati su un’unica regione o tipo di caffè come per esempio la Mogiana ma è necessario creare il giusto profilo di flavore utilizzando caffè provenienti da regioni differenti. Un altro esempio è l’El Salvador, nel passato il più importante paese di produzione del Centro America, oggi con una qualità e un livello di produzione impoveriti a causa della guerra civile e delle devastazioni della Coffee Leaf Rust. Questo caffè può essere sostituito in ricetta con l’Honduras, oggi il paese più importante in Centro America.
L’impoverimento della qualità di tazza dei caffè commerciali ha anche un’altra causa, la nascita del mercato dello Specialty e di questo ne parlerò nella terza puntata di questo articolo dedicato all’Ibrido de Timor.
Gli sponsor del Trieste Coffee Experts (immagine concessa)
TRIESTE – Manca sempre meno all’edizione 2023 del Trieste Coffee Experts, il summit dedicato all’universo del caffè e organizzato dalla Bazzara, torrefazione triestina da sempre in prima linea per “fare rete” nel comparto. Con l’avvicinarsi dell’atteso evento, si conclude anche il roster degli sponsor che hanno deciso di aderire all’iniziativa.
Terminate le opportunità di sponsorship, tanti i nomi di grandi aziende che, in qualità di sponsor diamante, rubino e smeraldo, saranno a fianco dei Bazzara per supportare l’iniziativa giunta alla sua sesta edizione.
La conclusione del roster degli sponsor per l’evento Trieste Coffee Experts by Bazzara
Andrea Bazzara, sales manager dell’azienda e organizzatore del summit, si ritiene molto “soddisfatto del lavoro del team, – affermando che – sono quasi 50 le aziende fra sponsor e media partner che hanno aderito per supportare l’ultima edizione del TCE” che si terrà quest’anno il 25 e 26 novembre presso il Savoia Excelsior Palace – Starhotels Collezione, sulle rive triestine.
“Aziende sempre più rinomate che, come una squadra, renderanno la nuova edizione più interessante sia su un piano nazionale che internazionale. Tantissimi i temi che verranno affrontati grazie al contributo di importanti esperti del settore, che potranno essere divulgati in tempo reale grazie allo streaming in diversi Paesi” prosegue Andrea Bazzara.
Tutte importanti aziende, in cui la creazione del valore d’impresa è rimasta impressa nel tempo grazie agli obiettivi comuni o la partecipazione a progetti – come in questo caso il Trieste Coffee Experts – per l’orientamento al risultato condiviso: fare squadra per celebrare la cultura del caffè, simbolo del Made in Italy.
Un valore che si riflette anche sull’intera organizzazione, attraverso la condivisione con tutti i soggetti coinvolti. Riuscire ad allineare i valori, stimolando il senso di appartenenza da parte di tutte le risorse interessate, è infatti uno degli intenti del summit.
Ma quali sono gli obiettivi del Trieste Coffee Experts?
“Più volte ci è stato chiesto quale fosse il motivo principale per cui la famiglia Bazzara ha ideato e organizzato l’evento conferenza, il Trieste Coffee Experts – afferma Andrea Bazzara -. La domanda è lecita, in quanto in primis la nostra azienda esiste e cresce grazie all’esportazione di caffè torrefatto all’estero, e l’importante contributo dato dagli sponsor aiuta a gestire gli importanti investimenti per la gestione delle due giornate, come ad esempio l’affitto delle sale; l’accoglimento degli ospiti; servizi d’interpretariato bilingue e tutto ciò che concerne le attività di marketing finalizzate alla promozione dell’evento”.
Andrea Bazzara continua: “Per non parlare poi dell’enorme lavoro dato dall’organizzazione delle giornate, dove diverse persone, per diversi mesi, si assicurano che tutto sia possibilmente realizzato a regola d’arte: organizzazione dell’evento, coordinamento con i fornitori, realizzazione di materiale audiovisivo, realizzazione di interviste esclusive, rapporti con i media partner e molto altro”.
Basta poco infatti a percepire il valore delle aziende che supportano l’evento a firma Bazzara: lo si nota dal palinsesto offerto, dagli speaker che tratteranno i temi di maggiore attualità che riguardano l’innovazione, la sostenibilità e in generale l’universo caffè che, come sappiamo, corre veloce ed è sempre più all’avanguardia.
“I motivi per i quali nasce l’evento sono diversi, – prosegue Andrea Bazzara – siamo partiti infatti dal concordare sul fatto che sia difficile per noi “gente di caffè”, esperti, riuscire ad incontrarci e parlare a fondo a 360° con grandi personaggi noti di quanto sta succedendo nel nostro mondo”.
C’è di più: “Nelle manifestazioni fieristiche, infatti, l’imprenditore, per fare un esempio, non può uscire dallo stand, ogni minuto è prezioso, e noi non riusciamo mai nemmeno ad andare a salutare amici espositori o amici in visita, dovendo dare la priorità a clienti e futuri clienti. Nei workshop, poi, uno parla e gli altri ascoltano”
Bazzara aggiunge: “Dunque, il Trieste Coffee Experts è senza dubbio un format, un appuntamento che mancava. E vero è che, sotto forme diverse, altri congressi sono poi seguiti a conferma che più si parla di caffè, più si respira e si condivide il concetto di far rete, meglio è per tutto il settore”.
Diffondere la cultura del caffè italiano, consapevoli che è fondamentale fondere le energie per il successo comune è quindi l’obiettivo principale. Ecco perché il TCE è pronto ad essere centro di interessanti dibattiti per tutti i professionisti del caffè, volti a stimolare la riflessione e trattare le tendenze emergenti e gli argomenti di maggiore rilevanza per l’industria del caffè.
Bazzara va oltre: “Viene chiesto poi, spesso, come riusciamo ad avere un così alto numero di sponsor, che a detta di qualcuno supera addirittura il numero di grandi aziende italiane in vari settori. A questo è facile rispondere in quanto la nostra azienda vanta sì, da un lato, oltre mezzo secolo di esperienza nel settore esportazione di attrezzature horeca, cosa che ci dà la fortuna di conoscere ed essere vicini a molte aziende importanti, quali Ricambi Gardosi, Rhea, Opem, IMF e altri ancora, con i quali abbiamo condiviso decenni di comune attenzione per far sì che il mondo del caffè potesse affrontare le non poche sfide del mercato, unito”.
“Ma naturalmente, – continua Andrea Bazzara – il motivo principale è che quanto noi offriamo allo sponsor deve essere sempre di qualità, non solo una buona comunicazione, ma capillare e professionale. Proprio per questo motivo ci tengo a ricordare i media partner da oltre 13 paesi esteri fra cui Stati Uniti, Dubai, Francia e Israele. Non a caso, molte delle aziende che ci supportano nelle nostre iniziative per divulgare l’importanza del caffè, per fare rete, hanno definito la Bazzara Communication, settore interno dell’azienda, una delle migliori agenzie italiane di comunicazione nel settore del caffè, anche se è bene ricordarlo, la nostra attività è contraddistinta dall’esportare caffè”.
“Oltre 650 video realizzati a tema caffè, i nostri libri letti in tutto il mondo, l’apporto dato negli anni ad associazioni ed enti, assieme al Trieste Coffee Experts, possono forse essere tradotti con un’unica parola che racchiude il senso del nostro profondo impegno: passione” conclude Andrea Bazzara.
L'ingresso alla festa per il primo anniversario del flagship store (immagine concessa)
MILANO – illycaffè, leader globale del caffè di alta qualità sostenibile, ha festeggiato giovedì 14 settembre con un evento esclusivo il primo anniversario del suo flagship store illy Monte Napoleone, riaperto lo scorso anno dopo il progetto di restyling firmato dallo studio ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel.
Il primo anniversario del flagship store illycaffè di Monte Napoleone
Fil rouge dell’evento è stata l’attenzione che illycaffè pone da sempre sulla qualità e la cura verso i dettagli che rendono il suo caffè di qualità superiore.
Il concept creativo dell’evento “La qualità ama i dettagli”, che riprende il claim della campagna di comunicazione illycaffè partita lo scorso 10 settembre, esprime ciò che per illy è il suo senso più profondo.
Per l’azienda triestina, infatti, il suo unico blend 100% Arabica è il risultato di un lungo viaggio che va dalla raccolta alla selezione dei migliori chicchi; ogni tazzina è espressione di una continua ricerca lungo tutta la filiera, per arrivare a deliziare gli amanti del buono e del bello con il miglior caffè che la natura possa offrire.
Una delle idee regalo illycaffè a tema natalizio
La cura e i dettagli hanno fatto la differenza durante l’evento: per l’occasione ogni angolo della boutique è stato organizzato per offrire agli invitati un’esperienza multisensoriale.
L’ingresso spettacolare, avvolto nell’iconico rosso illy, ha introdotto gli ospiti attraverso un rigoglioso incamminamento floreale fino all’elegante dehor interno.
Nella sala retail è stato allestito uno speciale Christmas bar, con decorazioni floreali e palline personalizzate a mano da una calligrafa.
Negli spazi interni, con l’aiuto dei docenti di Università del Caffè, si è tenuta un’esperienza olfattiva, che partendo dagli aromi del caffè ha fatto rivivere a tutti gli ospiti emozioni suggestive.
Per deliziare gli invitati, il menù della serata proponeva alcuni dei piatti presenti nel nuovo menù di illy Monte Napoleone in versione finger food e rivisitata, come l’iconico illymisù con crumble al caffè.
Tra gli ospiti della serata Martina Ferragamo, Carlo Sestini, Tamu McPherson, Candela Pelizza, l’attrice Anna Foglietta, il fotografo Julian Hargreaves, Cristina Parodi, Helen Nonini e tanti altri tra giornalisti, influencers e socialite milanesi. Ad accompagnare gli invitati durante l’evento, alla consolle, il DJ e produttore milanese Tamati che ha animato la serata con una playlist d’autore.
Il rito del caffè si è unito poi a quello della mixology con la performance del flair bartender Giorgio Facchinetti, che ha deliziato gli ospiti con cocktail speciali a base di illy Cold Brew.
Un aperitivo esclusivo quello organizzato dall’azienda triestina come occasione per riunire tutti gli amanti del suo caffè in un momento di incontro e socializzazione, nell’elegantissima cornice del caffè di via Montenapoleone 19, che dalla riapertura dello scorso anno si è imposto come punto di riferimento per il caffè di alta qualità in cui è possibile vivere un’esperienza di bellezza e di gusto.
L'interno dello store Incantalia a Trieste (immagine concessa)
TRIESTE – Con l’apertura del primo punto vendita a Trieste, il Polo del Gusto presenta ufficialmente il progetto Incantalia, che si svilupperà come una rete di negozi in Italia, all’estero e online. Il nuovo negozio a Trieste (Via Einaudi, 2/A) accoglie tutta l’offerta delle marche del Polo del Gusto ed offre inoltre una selezione di altri prodotti, sempre accomunati dall’eccellenza e dalla condivisione dei valori più importanti del Polo del Gusto: la qualità dirompente come missione, il rigore nella selezione degli ingredienti, l’attenzione alla sostenibilità.
L’esterno dello store a Trieste (immagine concessa)
Il Polo del Gusto presenta il progetto Incantalia
Incantalia nasce dalla visione di Riccardo Illy, che sin dai primi anni 2000, all’interno del Gruppo illy, poi Polo del Gusto, ha costruito un percorso di diffusione di una nuova cultura del cibo e dei valori della qualità superiore grazie alla selezione e acquisizione di marche di eccellenza.
Annamaria Testa, nota consulente per la comunicazione, ha curato creatività e contenuti di Incantalia, a partire dalla definizione del nome e logo: “Il progetto Incantalia è innovativo non solo negli sviluppi ma, in primo luogo, nelle premesse: esprime la visione di Riccardo Illy, imprenditore illuminato che ha selezionato marche eccellenti dell’agroalimentare e del vino, considerandone non solo la straordinaria qualità intrinseca ma anche il valore sociale e culturale, la sostenibilità e l’eticità”.
Testa continua: “Sono marche che Riccardo Illy conosce personalmente e di cui certifica i requisiti. In questa selezione esperta, e in questa garanzia, sta il primo grande elemento distintivo del progetto Incantalia”.
C’è di più: “Anche lo sviluppo del progetto, che proietta la miglior tradizione alimentare nella contemporaneità, presenta diversi elementi originali: dalla scelta del nome, che esprime la visione e l’intento dell’imprenditore, a quella del logo che unisce un carattere solido, moderno e cosmopolita come il Gotham, disegnato agli inizi di questo secolo, a un pittogramma (cioè un simbolo grafico) che trae ispirazione dal decoro di un piatto etrusco del IV secolo a.C.”.
Testa aggiunge: “Non potevano non essere innovativi anche il concetto e la struttura del punto vendita. Uno spettacolare lampadario di Murano accoglie i visitatori. Dentro un ambiente segnato dal colore bandiera, un particolare tono di rosa-arancio, vibrante e riconoscibile, si snoda un sistema di scaffali continui che porta tutti i prodotti ad altezza di sguardo. Ogni offerta è corredata da informazioni sui produttori”.
Un centro di diffusione per la cultura enogastronomica
Testa incalza: “Il negozio Incantalia non vuole essere solo un punto di acquisto di cibi e vini meravigliosi, ma anche un luogo aperto e accogliente, in cui fare esperienze di gusto, e da cui si diffondono cultura enogastronomica e conoscenza delle nostre eccellenze e delle nostre tradizioni”
Testa conclude: “Il lancio è accompagnato da una campagna pubblicitaria con una forte componente narrativa, perché le cose da raccontare sono tante e tutte interessantissime, amplificata dalla qualità estetica dalle magnifiche foto di Fulvio Bonavia, che anch’esse evocano l’unione tra contemporaneità e cultura pittorica rinascimentale italiana ed europea. Chi lo desidera può trovare ulteriori informazioni e approfondimenti online, sul nuovo sito di Incantalia.”
Commenta Riccardo Illy, presidente del Polo del Gusto: “L’inaugurazione di Incantalia segna l’inizio di una nuova fase di sviluppo del Polo del Gusto, il punto di arrivo di un percorso cominciato tanto tempo fa, con la diversificazione dell’offerta all’interno del Gruppo Illy. Sin dai primi anni 2000, infatti, abbiamo avviato una serie di acquisizione e investimenti con un obiettivo preciso: individuare e accogliere produttori d’eccellenza in settori per noi strategici, e sempre complementari tra loro – cioccolato, tè, biscotti, succhi di frutta, vino”.
Riccardo Illy continua: “Abbiamo investito con convinzione nella selezione della qualità top di gamma, consapevoli di come fosse l’orientamento più a lungo termine e più vicino alla sensibilità contemporanea dei consumatori. E’ una visione che oggi vogliamo condividere in ogni negozio di Incantalia, che si svilupperà nel prossimo futuro in Italia e all’estero, e che punta a un’integrazione completa tra le vendite online e offline”.
Riccardo Illy conclude: “Ringrazio il management di Domori per l’implementazione di tutti gli aspetti della gestione e della logistica, e in particolare Roberto Di Martino, responsabile del Retail, che ha coordinato i lavori e la realizzazione di questo primo punto vendita triestino”.
Fondato nel 2019 e presieduto da Riccardo Illy, il Polo del Gusto è la holding del Gruppo illy che riunisce tutti i marchi extra caffè: eccellenze del settore agroalimentare che si distinguono per la qualità assoluta del prodotto finale e per la spiccata sensibilità agli aspetti dell’impatto ambientale. Ne fanno oggi parte: Achillea (succhi di frutta e bevande), Agrimontana (frutta conservata), Dammann Frères (tè pregiati), Domori (cioccolato superfine), Pintaudi (biscotti e prodotti da forno). Domori ha acquisito inoltre due storici marchi di cioccolateria inglese, Prestat (2019) e Rococo Chocolates (2022).
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