mercoledì 12 Novembre 2025
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Mileto Caffè: l’espresso specialty da Roma a Londra con Federica Federico ha il sapore di casa

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La famiglia italiana dietro il Mileto Caffè (foto concessa)
La famiglia italiana dietro il Mileto Caffè (foto concessa)

MILANO – Su queste pagine era già comparsa raccontandosi come micro roaster di specialty italiana trapiantata a Londra: già una storia fuori dal comune che poi si è evoluta ulteriormente, sempre volendo mantenere la bandiera del caffè italiano ben in alto all’estero. Di nuovo la parola a Federica Federico, ora titolare del Mileto Caffè.

Federica Federico, da torrefattrice a titolare di un bar, il Mileto Caffè: come è avvenuto questo passaggio e perché?

“Come già menzionato nella prima intervista di quasi 3 anni fa, sono cresciuta nel bar di famiglia a Roma e quindi sempre con lo spirito d’iniziativa e del fare al meglio per essere il più produttivi possibili. Il trasferimento a Londra ha un po’ costretto i miei a vendere l’attività a Roma, ma non ha mai determinato la messa da parte di questa mia voglia di fare e d’intraprendere percorsi più difficili come quelli di avere un’attività tutta mia. Anzi è sempre rimasto il mio sogno.

Farlo all’estero sicuramente non è stato facile per le grandi difficoltà legate alla lingua, per avviare il progetto da sola e poter confidare soltanto in me stessa. Ma da una parte proprio queste sono state delle sfide che mi hanno spinta ad inseguire il mio obiettivo.”

Com’è il mercato dei coffee shop specializzati come il suo lì a Londra?

“Penso sia abbastanza saturo, talmente saturo che anche le specialty roastery si stanno evolvendo in catene.”

Come ha pensato di strutturare il suo locale, con quali attrezzature, quali caffè ha scelto e i prezzi sono in linea con i competitor?

Federica dietro al bancone (foto concessa)

“Il mio locale intanto si chiama come il bar di famiglia a Roma, “Mileto Caffè”, chiuso e quindi ora riaperto. Solo la location è di 2000km e la caffetteria si trova di fianco ad un ospedale. Ho scelto di fare un menù italiano, con l’aggiunta di only specialty coffee, cosa che mi risultava impossibile da realizzare in un quartierino di Roma. Qui curo i miei clienti come fossero la mia famiglia, più o meno come facevamo con i miei nella capitale.”

L’espresso italiano, ma specialty: ha avuto buoni riscontri sia dai locali che da quegli italiani che vivono all’estero?

“La maggior parte degli italiani che vivono all’estero purtroppo, a meno che non sia qui da 20 anni, ancora non cerca questa tipologia di caffè. E il turista italiano ancora meno. Diventa difficile spiegare che si è una caffetteria italiana, ma il caffè è specialty, per cui non bruciato. E questo è un problema, quando mi ritrovo davanti ad un cliente che dice: “oh finalmente, un bar italiano. Fino ad ora non sono riuscito a prendere un caffè decente.”

Il cibo italiano è invece molto apprezzato e fortunatamente ho una buona richiesta di caffè anche in grani. Anche se c’è molta concorrenza in questo campo, c’è ancora molta gente che preferisce comprare da noi e supportare quindi il produttore piccolo e indipendente.”

Quali sono le tendenze che si possono intravedere a Londra?

“Ad oggi non saprei proprio. Sono a Londra da 8 anni e più o meno conosco il mercato di qui. Non posso negare il fatto che mi piacerebbe riaprire a Roma, a casa mia, ma Londra mi ha dato e mi sta dando ancora molto.”

Quali sono le maggiori difficoltà dell’avviare un locale come il suo a Londra?

“Con tutte le difficoltà incontrate nell’avviamento dell’attività, penso anche di essere stata molto fortunata nel trovare la Royal Free Charity. Loro, a differenza di altri, hanno scelto di sostenere una piccola azienda come la nostra e non una catena, per poter offrire ai nostri clienti qualità e un ambiente molto più che gradevole.

Vorrei anche sottolineare il fatto che questo ambiente in cui sto lavorando negli ultimi 2 anni, mi sta dando e insegnando non solo tanto sotto l’aspetto imprenditoriale ma anche a livello umano. Qui si ripete spesso: you never know what that person is going through, so be kind. E vi assicuro che viene ripagato, quando hai clienti che ti scrivono ringraziandoti per avergli strappato un sorriso in un momento difficile. Penso che in un mondo come quello in cui viviamo oggi, la mia vera vittoria sia questa.”

Il personale: difficile trovarlo, oppure no? Ci sono tanti giovani interessati eventualmente a fare formazione?

“Si, diciamo che Brexit non è stata una grande mossa per chi gestisce un business di ristorazione. Il personale è un problema, perché è veramente difficile trovarne con voglia di fare, molti sono rimpatriati, e i costi per degli operatori con un po’ di esperienza sono esageratamente alti, sicuramente non proporzionati ad altre voci di spesa. Inoltre, la gente ha meno soldi da spendere e questo incide sulla possibilità di investimento.”

Consumi americani: lo specialty rimane il driver principale, bevande a base espresso in crescita del 17% dal 2020 a oggi

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Un'infografica con alcuni dei dati essenziali del NCDT (credits: NCA)

MILANO – Cresce la frequenza e migliora la qualità dei consumi americani di caffè: così lo Spring 2025 National Coffee Data Trends (NCDT) report, l’indagine di consumo condotta, tra il 6 e il 20 gennaio 2025, da Dig Insights, su un campione significativo della popolazione adulta americana, per conto della National Coffee Association of U.S.A. (Nca), la massima associazione statunitense dell’industria del caffè, attiva dal lontano 1911.

La Nca svolge, dal 1950, un’indagine conoscitiva sui consumi americani di caffè. Lo studio costituisce la più longeva serie statistica relativa ai consumi di caffè negli States.

Inizialmente, esso è stato realizzato con il sostegno dal Pan American Coffee Bureau e, successivamente, dell’Ico. Dal 1991, lo studio è finanziato direttamente dalla Nca. Dal 2020, il report si è sdoppiato in due indagini annuali, che sono condotte rispettivamente a gennaio e luglio.

Quali le conclusioni più significative di questa nuova edizione? Il primo dato importante è che circa i due terzi degli americani (66%) consumano caffè ogni giorno, contro il 65% dell’anno scorso e il 59% del 2021.

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Pellini Caffè presenta tre nuove linee di prodotto e una rinnovata identità visiva che celebra il legame con Verona

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Beatrice Pellini, direttrice marketing e rappresentante della nuova generazione in azienda (immagine concessa)

BUSSOLENGO (Verona) – Pellini Caffè si presenta al 2025 nel segno della novità, annunciando tre nuove linee di prodotto pensate per i principali canali distributivi: horeca, grande distribuzione e mercato estero. Il canale professionale, bar e ristoranti, potrà presto contare su quattro nuove miscele: Assoluta, Virtuosa, Intrepida e Spavalda pensate per esaltare gli aromi del caffè nel rispetto delle diverse tecniche di estrazione, dalle più classiche alle più innovative.

Le nuove referenze riflettono l’expertise e la cura artigianale che da sempre contraddistinguono Pellini, cioè la creazione di miscele: ogni tazzina non contiene solo un caffè ma una vera e propria esperienza immersiva nel gusto.

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Il logo di Pellini Caffè (immagine concessa)

“L’artigianalità per noi non è un concetto astratto, ma un impegno concreto che si rinnova continuamente — sottolinea Federico Pellini, presidente di Pellini Caffè -. È parte integrante della nostra identità familiare: da generazioni, la nostra famiglia partecipa in prima persona alle selezioni dei caffè nei Paesi d’origine, affiancando i professionisti del reparto Ricerca e Sviluppo nella scelta dei chicchi che daranno vita alle nostre miscele. Un gesto che non è solo simbolico, ma che testimonia la volontà di presidiare ogni fase della filiera produttiva. Solo così possiamo garantire, da oltre cent’anni, uno standard qualitativo costante e riconoscibile, che si traduce in una tazzina capace di raccontare l’autenticità del nostro lavoro”.

Nel canale della grande distribuzione, Pellini Caffè introduce una rinnovata immagine di packaging pensata per intercettare le attuali abitudini di consumo, sempre più orientate verso modalità di estrazione domestica innovative e personalizzate.

I nuovi prodotti si distinguono per un’impostazione visiva contemporanea e per l’integrazione del nuovo logo, elemento centrale del percorso di evoluzione dell’identità di marca intrapreso dalla rinnovata governance dell’azienda.

Il restyling del logo, frutto di un attento lavoro di sintesi, propone un design essenziale ed elegante, capace di restituire in chiave moderna i tratti distintivi della storia Pellini. Due i riferimenti simbolici che emergono con forza: l’anno di fondazione, il 1922, che testimonia oltre un secolo di attività, e la città di Verona, culla dell’azienda e parte integrante della sua identità valoriale.

A completare e valorizzare il linguaggio comunicativo, la nuova identità visiva curata da Roger Botti, amministratore delegato e direttore creativo di Robilant: un chicco di caffè rosso, simbolo dell’eccellenza nella selezione, tostatura e miscelazione della materia prima e della cura artigianale che Pellini continua a dedicare alla composizione delle sue miscele. Un elemento iconico e carico di significato, per la storica torrefazione scaligera, perché capace di raccontare, anche visivamente, la qualità profonda di un prodotto che nasce da un sapere consolidato e da una visione in continua evoluzione.

“Il nuovo logo rappresenta l’ampio processo di rinnovamento intrapreso da Pellini Caffè, a partire dal cambio della governance, due anni fa – afferma Beatrice Pellini, direttrice marketing e rappresentante della nuova generazione in azienda -. Un’evoluzione che nasce sotto il segno di un CdA rinnovato e di un riposizionamento del brand capace di coniugare radici profonde e visione futura. Il punto di partenza resta invariato: i valori che oltre un secolo fa hanno dato vita a Pellini Caffè”.

Beatrice Pellini aggiunge: “La dimensione familiare, l’identità italiana, la tradizione e l’esperienza, continuano ad essere il riferimento essenziale del nostro percorso. Ma è con uno sguardo rivolto al domani, attraverso un approccio progettuale innovativo, che intendiamo tracciare la strada dei prossimi anni. Sempre nel rispetto di ciò che ci distingue da generazioni: la qualità costante delle nostre miscele artigianali, espressione autentica della nostra identità”.

Pellini Caffè continua a rappresentare un’eccellenza del Made in Italy anche sul mercato internazionale, con una presenza consolidata in oltre 60 Paesi e un export in costante crescita.

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Nicolò Pellini, direttore vendite (immagine concessa)

“Per rafforzare ulteriormente il nostro posizionamento estero – racconta Nicolò Pellini, direttore vendite – l’azienda introduce una nuova linea di prodotti pensata specificamente per il mercato internazionale. Si tratta di miscele sviluppate in modo mirato, in grado di rispondere alle diverse preferenze di gusto e ai metodi di estrazione tipici dei diversi contesti europei. Ogni prodotto è frutto di un’attenta selezione e di una progettazione dedicata, con l’obiettivo di preservare l’autenticità dell’espresso italiano, pur adattandosi a modalità di preparazione e a tecnologie differenti. Una scelta strategica che conferma la volontà di Pellini Caffè di dialogare con un pubblico globale, senza mai rinunciare alla propria identità artigianale e alla qualità che da oltre un secolo definisce il valore della nostra torrefazione”.

La scheda sintetica di Pellini Caffè

Pellini Caffè nasce a Verona nel 1922 diventando una realtà industriale negli anni ’60. Nel 1999 arriva sul mercato l’iconica referenza TOP in barattolo che contribuisce all’espansione del marchio all’estero. Nel 2010 è tra le prime tre aziende a marchio italiane ed è la prima a lanciare sul mercato capsule compatibili.

Oggi è presente in oltre 60 Paesi nel mondo, con un giro d’affari superiore ai 70 milioni di euro, ed è riferimento per la categoria grani in cima alla lista dei consumatori di diverse generazioni, dalla GDO al mondo horeca.

L’intero processo, dalla tostatura per singola origine alla creazione delle miscele, è orientato all’eccellenza per un caffè che rappresenta uno dei migliori esempi di qualità Made in Verona.

Cina: nel 2024 la provincia dello Yunnan ha prodotto 146.000 tonnellate di Arabica, esportazioni a 32.500 t, +358%

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Il caffè in Cina (immagine presa dal sito CGTN)

YUNNAN (Cina) – Nel 2024 in Cina, precisamente nella provincia dello Yunnan che può vantare la più grande zona di coltivazione del caffè del paese, nel 2024 è stato registrato una superficie coltivazione di 86.700 ettari e una produzione, che rappresenta oltre il 98% di quella nazionale, di 146.000 tonnellate, come riportato dal portale CGTN.

La produzione del caffè in Cina

Durante il 2024 il numero delle esportazioni si è aggirato intorno alle 32.500 tonnellate: un incremento sostanziale del 358% rispetto all’anno precedente.

I mercati principali di destinazioni sono stati Paesi Bassi, Vietnam e Germania.

C’è di più: grazie al servizio di China-Europe Railway Express i clienti europei potranno ricevere le merci in solo due settimane dall’evasione dell’ordine.

Portable Electronic Nose: ecco il dispositivo che rivela i composti volatili del caffè

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Il Portable Electronic Nose di Airsense Analytics (immagine concessa)

SCHWERIN – Secondo una ricerca scientifica pubblicata da Science Direct (Journal of Food Composition and Analysis), nel caffè sono stati identificati oltre 1.000 composti organici volatili, o COV, creati durante la tostatura e appartenenti a diverse classi chimiche come fenoli, alcoli, esteri e furani. Insieme, contribuiscono al sapore e all’aroma del caffè: in pratica, diverse combinazioni di questi composti sono parte del motivo per cui una tazza di caffè ha un sapore diverso da un’altra.

Prendendo come riferimento un altro studio, pubblicato su Food Chemistry, i ricercatori hanno utilizzato diversi dispositivi di gascromatografia per analizzare i composti volatili in otto campioni di caffè tostato.

Hanno anche utilizzato un cosiddetto naso elettronico, un dispositivo sensoriale dal nome curioso utilizzato per rilevare con precisione aromi o sapori.

Il sistema Portable Electronic Nose di Airsense Analytics

E, in materia di nasi elettronici, arriva il PEN, noto anche come E-Nose, il sistema di identificazione compatto per gas sviluppato da Airsense Analytics,  uno di fornitori di attrezzature per la sicurezza e la protezione più riconosciuti a livello mondiale, con sede a Schwerin in Germania.

L’E-nose (immagine concessa)

Il PEN può essere utile anche per quanto riguarda il caffè. La rilevazione dei gas avviene tramite una matrice di sensori.

Dopo una fase di addestramento, è possibile identificare composti singoli o miscele di gas utilizzando i pattern generati dai sensori.

Grazie a vari algoritmi, lo strumento è in grado di identificare fino a 10 diversi composti o fornire risposte semplici come “Buono-Cattivo” o “Sì-No,” a seconda delle esigenze dell’utente. Inoltre, l’E-Nose può fornire una valutazione quantitativa.

Grazie alla sua particolare strategia di campionamento, il rilevatore può essere utilizzato in laboratorio, per applicazioni mobili in ambiente o in modalità online per l’applicazione del controllo dei processi.

Venezia: ecco il progetto che trasforma l’acqua dei canali in espresso

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Venezia (immagine: PIxabay)

Il progetto Canal Café verrà presentato in occasione della 19ª Biennale Architettura a Venezia in programma dal 10 maggio al 23 novembre 2025. Il sistema prevede la depurazione dell’acqua tramite piante e un ingegnoso gioco di vasi comunicanti. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Lucio Bardelle per il portale d’informazione Milano Città Stato.

Il caffè direttamente dai canali di Venezia: il progetto

VENEZIA – Venezia stupisce ancora. Questa volta lo fa con un’idea che ha dell’incredibile: realizzare il miglior espresso d’Italia usando l’acqua dei suoi canali. Un’idea per i nostri Navigli? No, non è uno scherzo. Il progetto, chiamato Canal Café, sarà uno dei protagonisti della 19ª Biennale Architettura in programma dal 10 maggio al 23 novembre 2025, curata da Carlo Ratti.

Qual è il suo intento? Trasformare l’acqua, spesso considerata inquinata o inutilizzabile, in una risorsa preziosa per la sostenibilità e, perché no, anche per la pausa caffè.

L’idea nasce da una riflessione sul valore nascosto dell’acqua urbana. In tante città si torna a parlare della navigabilità dei fiumi, e Venezia, con i suoi canali unici, diventa il punto di partenza ideale per un esperimento visionario. Proprio quelle acque che durante la pandemia avevano rivelato fondali limpidi e creature marine mai viste, diventano oggi protagoniste di un percorso di depurazione e rinascita.

Il progetto Canal Café è firmato dallo studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro, insieme all’architetto Aaron Betsky e alle aziende di riutilizzo idrico Natural Systems Utilities e Sodai. Il sistema prevede la depurazione dell’acqua tramite piante e un ingegnoso gioco di vasi comunicanti.

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Il coffee shop italiano CasaSalvo apre a New York con la firma dello chef Salvo Lo Castro

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New York (immagine: Pixabay)

CasaSalvo arriva al 1675 di Broadwayaccanto al Gatsby Theatre, nel cuore pulsante di Manhattan. Il nuovo progetto dello chef Salvo Lo Castro offre un menù all’insegna del made in Italy. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione All Food Sicily.

CasaSalvo a New York

NEW YORK – Nasce un nuovo luogo dell’anima. Un angolo d’Italia autentico, vivo, sorprendente a New York. CasaSalvo NYC è molto più di una caffetteria: è un viaggio sensoriale, una celebrazione della cultura gastronomica italiana, firmata dallo chef Salvo Lo Castro, che da sempre porta in tavola emozioni, storie e radici.

Il menù è un omaggio al gusto: espresso italiano a 2,51 dollari e con lui macchiato, latte, cortado e americano un prezzo simbolico che rappresenta la firma di ogni coffee shop CasaSalvo: accessibile, autentico, quotidiano. Una filosofia chiara: rendere l’eccellenza italiana parte della routine metropolitana, senza compromessi sulla qualità.

Poi arriva lei, la pasticceria: una collezione di meraviglie artigianali che parla la lingua del Sud e del cuore. Maritozzi, cannoli ricotta e pistacchio, pastiere napoletane, sfogliatelle, eclair al cioccolato, mango e caffè, bomboloni e cornetti farciti come si deve.

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Nuii e Maxibon, Froneri, insieme a Komen Italia per la lotta ai tumori al seno in occasione della Race for the Cure

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Il logo Froneri

ROMA – Unire il piacere del gelato, l’energia dello sport e la forza della solidarietà: è con questo spirito che Nuii e Maxibon, brand di punta di Froneri, annunciano la loro collaborazione con Komen Italia in occasione dell’edizione 2025 della Race for the Cure, evento simbolo della lotta ai tumori del seno in Italia.

II brand di Froneri per i progetti di Komen Italia

Dall’8 all’11 maggio, infatti, per l’edizione romana dell’evento, il pubblico potrà acquistare tramite offerta libera gli iconici gelati Froneri durante la manifestazione: l’intero ricavato verrà poi devoluto ai progetti di Komen Italia a sostegno della prevenzione, della ricerca e del supporto concreto per le donne che affrontano il tumore al seno.

Sempre durante la quattro giorni, inoltre, Nuii allestirà presso il Villaggio Race for the Cure del Circo Massimo di Roma anche un campo da padel brandizzato aperto al pubblico, per promuovere lo sport e il divertimento in un contesto positivo e inclusivo.

“Siamo felici di poter contribuire attivamente a un evento così significativo, che ogni anno coinvolge migliaia di persone unite dalla voglia di fare la differenza” ha dichiarato Antonio Mazzesi, head of sales – Trade Mktg & CS di Froneri Italia. “Attraverso un gesto di solidarietà semplice ma significativo, vogliamo supportare concretamente la mission di Komen Italia, promuovendo la prevenzione e la sensibilizzazione verso una tematica di fondamentale importanza.”

La scheda sintetica di Froneri

La visione di Froneri è quella di costruire la migliore azienda di gelati al mondo. Froneri ha la passione di una start-up, con oltre cento anni di esperienza nel gelato e ha sviluppato un modello di business basato su una cultura dell’eccellenza, con la passione per il gelato. Creata nel 2016 come joint venture di Nestlé e R&R, è il secondo produttore mondiale di gelati e il primo produttore di private label al mondo, presente in 25 paesi e con circa 12.000 dipendenti in tutto il mondo. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

Ritter Sport tra i campioni mondiali del cacao sostenibile nella classifica Chocolate Scorecard 2025

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La vasta offerta di Ritter Sport (immagine concessa)

MILANO – L’impegno di Ritter Sport per una filiera sostenibile del cacao è stato riconosciuto anche quest’anno dalla Chocolate Scorecard 2025, la classifica internazionale curata dalla Ong australiana Be Slavery Free giunta alla sesta edizione, che valuta le pratiche di approvvigionamento delle principali aziende produttrici di cioccolato.
Ritter Sport si conferma tra le prime quattro aziende a livello globale ad essere state riconosciute come “Leading the industry on policy and implementation” – Leader del settore per politiche e attuazione.

La Scorecard rappresenta oggi l’unico benchmark internazionale per la sostenibilità nel settore del cacao, e Ritter Sport è stata nuovamente in grado di migliorare il suo punteggio complessivo.

“Essere ancora una volta ben al di sopra dei nostri principali concorrenti è una forte conferma del nostro operato,” sottolinea Asmus Wolff, Managing Director Supply Chain di Alfred Ritter GmbH & Co. KG. “È evidente che qualcosa si sta muovendo nel settore: molte aziende stanno finalmente prendendo iniziative concrete per migliorare le condizioni lungo la filiera. È un cambiamento che accogliamo positivamente.”

Ritter Sport è attiva da oltre 35 anni nella coltivazione sostenibile del cacao e lavora costantemente per garantire la massima trasparenza lungo tutta la supply chain. Sin dal 2018 approvvigiona 100% cacao certificato sostenibile Rainforest Alliance e Fairtrade Cocoa.

L’obiettivo è produrre cioccolato buono per tutti, tutelare il pianeta e migliorare la vita delle comunità locali.

Oggi, il cacao utilizzato nei suoi prodotti non è solo certificato, ma anche tracciabile. Questa trasparenza è fondamentale: solo conoscendo l’origine del cacao è possibile agire per tutelare il pianeta e migliorare la vita delle comunità locali.

Per questo, l’azienda familiare con sede a Waldenbuch, vicino a Stoccarda, ha attivato programmi di partnership in tutti i Paesi da cui si rifornisce: Nicaragua, Perù, Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria. L’obiettivo è promuovere un cambiamento reale e positivo delle condizioni sociali, ambientali ed economiche nella coltivazione del cacao, attraverso azioni concrete e misurabili.

Un esempio di queste iniziative è la promozione dell’agroforestazione, un sistema di coltivazione diversificato e sostenibile. Solo tra il 2023 e il 2024, Ritter Sport ha distribuito circa mezzo milione di piantine di alberi da ombra ai coltivatori dell’Africa occidentale e dell’America Latina. I metodi sostenibili, come la coltivazione con sistema agroforestale, servono a rendere la coltivazione del cacao più resiliente alle conseguenze del cambiamento climatico.

“Stiamo già affrontando le conseguenze dei cambiamenti climatici, che compromettono i raccolti,” spiega ancora Wolff. “È un tema delicato per i coltivatori: se la domanda supera l’offerta, i prezzi delle materie prime aumentano drasticamente, con ricadute lungo tutta la filiera, fino ai consumatori. L’approvvigionamento sostenibile del cacao è quindi fondamentale per garantire stabilità a lungo termine: è nell’interesse di tutti.”

Tutti i dettagli sui programmi e sull’impegno di Ritter Sport saranno disponibili nel Cocoa Report 2024, in uscita nell’estate di quest’anno. Il Cocoa Report 2023 è disponibile qui.

La scheda sintetica di Ritter Sport

Azienda familiare indipendente fondata nel 1912 da Alfred Ritter e da sua moglie Clara. Ritter Sport, dal 2018 è stato il primo grande produttore di tavolette di cioccolato ad approvvigionare cacao 100% certificato sostenibile per la sua intera gamma di prodotti. Caratterizzati dalla peculiare forma quadrata e dai pack vivaci e colorati, i prodotti a marchio RITTER SPORT sono venduti in oltre 100 paesi al mondo. L’azienda impiega attualmente circa 1.900 persone e ha raggiunto un fatturato di 605 milioni di euro nel 2024.

Perché il caffè in Croazia al bar e al supermercato costa già di più? La risposta da tre addetti ai lavori

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La Dottoressa Perkov, la Dottoressa Procaccio e Omar Zidarich

MILANO – Si fa un viaggio esplorativo in Croazia, vicina di casa del Bel Paese, per esplorare le differenze di prezzo che esistono quando si parla sia della tazzina al bar che delle confezioni negli scaffali dei supermercati: di fronte ad un gap così importante (l’espresso macchiato può superare i due euro), viene da chiedersi le motivazioni che hanno contribuito a formarlo.

A tentare di trovare le risposte, intervengono la Dottoressa Andrea Perkov – Segretario generale, Camera di Commercio Italo-croata, assieme alla Dottoressa Marilena Procaccio – Direttrice della sede di Zagabria di ICE Agenzia per la Promozione all’Estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè (nonché titolare di una torrefazione con sede in Croazia, l’Excelsior).

In Croazia, quanto incide sul prezzo finale della tazzina, la tassa speciale sul caffè e quanto influenza i consumi locali?

Risponde Perkov: “La tassa speciale sul caffè incide in misura variabile sul prezzo finale della tazzina, a seconda della tipologia e della provenienza del caffè importato. In Croazia, questa imposta aggiuntiva può aumentare significativamente i costi per i distributori e i bar, con un conseguente impatto sui consumi locali. Nel 2024, i prezzi del caffè in Croazia sono aumentati significativamente lungo tutta la catena di approvvigionamento, dall’importazione alla vendita al dettaglio e nei locali di ristorazione.

Secondo i dati della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), i costi di importazione di cacao, caffè e tè sono aumentati del 22,9% nel 2024, incidendo notevolmente sui costi complessivi delle importazioni alimentari. Questo aumento dei prezzi è stato causato da condizioni meteorologiche sfavorevoli nei paesi produttori, come il Vietnam e l’Indonesia, che hanno portato a una riduzione dell’offerta di caffè sul mercato globale.

L’aumento dei costi di importazione si è riflesso nei prezzi al dettaglio, portando a prezzi più alti per i consumatori finali. Anche nel settore della ristorazione si è registrato un notevole aumento dei prezzi del caffè. Secondo i rapporti, il prezzo di una tazzina di caffè nei bar è aumentato in media dal 10 al 15% nel corso del 2024.

Questo aumento dei prezzi è attribuito ai maggiori costi di approvvigionamento del caffè crudo, ma anche all’aumento dei costi operativi per i gestori dei locali. Questi fattori hanno portato complessivamente a un incremento dei prezzi del caffè a tutti i livelli del mercato in Croazia nel 2024. Tuttavia, la cultura del caffè è ben radicata e il consumo resta comunque elevato.”

Si inserisce la Dottoressa Procaccio per dare anche lei il suo punto di vista sulla stessa questione

“In Croazia, l’elevata tassazione sul caffè, dovuta a un’imposta speciale per chilogrammo e a un’aliquota IVA superiore rispetto ai paesi vicini, aumenta il carico fiscale fino al 30% rispetto alle nazioni limitrofe, incidendo sul prezzo finale della tazzina. Tuttavia, la forte tradizione del caffè nel Paese e l’ampia diffusione del suo consumo – con il 93% della popolazione sopra i 15 anni che ne beve almeno una tazza al giorno – mantengono alta la domanda.”

Quanto invece ha impatto l’attuale condizione del mercato, con i prezzi impazziti della Borsa?

Perkov: “L’aumento dei prezzi del caffè sulle Borse internazionali ha un impatto diretto sul mercato croato, influenzando i costi di importazione e, di conseguenza, i prezzi al dettaglio. La volatilità del mercato e l’aumento dei costi delle materie prime stanno spingendo i distributori e gli esercenti a rivedere i loro margini di guadagno o a trasferire parte dei rincari ai consumatori. Anche le catene della grande distribuzione stanno adattando le loro strategie di prezzo per mantenere la competitività.”

E di nuovo Procaccio: “Il mercato del caffè è fortemente influenzato dall’impennata dei prezzi in Borsa, ai massimi degli ultimi cinquant’anni, a causa di cambiamenti climatici, siccità prolungata nelle principali aree produttrici (come Brasile e Vietnam), scorte ridotte, tensioni internazionali con conseguenti problemi logistici e rincari nei trasporti, oltre all’aumento della domanda in Estremo Oriente.

Secondo Eurostat, tra marzo 2023 e marzo 2024 la Croazia ha registrato l’incremento più significativo del prezzo del caffè nell’UE, con un +7,4%. Già prima di Capodanno i bar avevano ritoccato i listini, ma con l’inizio del nuovo anno si è verificato un ulteriore aumento di almeno 15 centesimi a tazzina e oggi il prezzo di un caffè con latte supera spesso i 2 euro”

Quali sono i canali che raggiungono volumi più elevati? L’horeca, la gdo, il vending?

Prima Perkov: “In Croazia, il settore HoReCa (Hotel, Ristoranti, Caffetterie) rappresenta uno dei principali canali di consumo del caffè, soprattutto grazie al forte legame culturale con la pausa caffè nei bar. La grande distribuzione organizzata (GDO) è in crescita, con un aumento della vendita di caffè per il consumo domestico, in particolare capsule e cialde. Anche il settore del vending è in espansione, soprattutto negli uffici e negli spazi pubblici, ma ha un impatto minore rispetto agli altri due canali.

Segue Procaccio: “In Croazia, il mercato del caffè si sviluppa principalmente attraverso i canali Ho.Re.Ca., trainato dalla forte dimensione sociale del caffè e dal turismo, la GDO e il vending. Secondo Euromonitor (dic. 2024), le vendite al dettaglio sono cresciute del 10% su base annua, raggiungendo i 235 milioni di euro.

I chicchi di caffè freschi hanno registrato la performance migliore, con un aumento dell’11% in valore (+6 milioni di euro).

Si prevede un’ulteriore crescita nei volumi di vendita sia nel retail che nella ristorazione, supportata da strategie come i programmi di fidelizzazione. Il vending resta una soluzione pratica per i consumatori in ambienti di lavoro e spazi pubblici, mentre l’e-commerce si sta affermando come canale emergente per l’acquisto di caffè specialty e premium.”

Che caffè si beve in Croazia? Miscela-monorigine, grani-macinato, capsule- caffè turco-moka?

Conclude Perkov: “In Croazia si consumano diverse tipologie di caffè, a seconda delle abitudini e delle preferenze dei consumatori. Nei bar è più comune il caffè in grani, generalmente miscele italiane, preparato con macchine espresso professionali. Per il consumo domestico, sono diffusi il caffè macinato per la moka e il caffè in capsule. Inoltre, il caffè turco ha una lunga tradizione, soprattutto nelle regioni interne e tra le generazioni più anziane.

Negli ultimi anni, l’interesse per i caffè monorigine e di qualità superiore sta crescendo, soprattutto tra gli appassionati e nei locali specializzati.”

La risposta di Procaccio: “In Croazia, il caffè turco resta una tradizione tra i più anziani e nelle aree rurali, ma l’espresso domina il mercato, con crescente interesse per il caffè monorigine tra i consumatori più esperti e alla ricerca di un’esperienza più raffinata. Mentre fuori casa prevale l’espresso, sempre più croati acquistano macchine per espresso o moka per uso domestico. Il caffè macinato è il più diffuso, ma cresce la preferenza per i chicchi interi tra gli appassionati di specialty coffee, soprattutto nelle città.

Aumenta anche il consumo di caffè istantaneo, solubili e filtrato (specie nel nord-ovest), così come la diffusione dei distributori automatici in uffici e spazi pubblici. Le macchine a capsule si affermano tra i giovani e gli amanti della praticità, mentre il caffè specialty guadagna popolarità, soprattutto a Zagabria. Il caffè RTD (Ready to drink) è in crescita (+3% nel 2024), con picchi estivi, e le panetterie stanno diventando un canale di vendita sempre più rilevante.”

Dopo le due voci femminili, è il turno del Presidente Omar Zidarich di provare a raccontare il quadro del caffè in Croazia:

” Il caffè è soggetto ad una tassazione, una marca da bollo che fino a prima dell’entrata in Europa era addirittura fisica e veniva applicata nel momento dell’esportazioni ad ogni pacchetto. Una volta entrati nell’Unione Europea, la tassa è restata in vigore in quanto la dicitura che riguarda i contributi IVA ed eventuali regimi fiscali è ancora in mano alla Croazia. Le accise come questa, restano gestite dal Paese. È lo stesso che avviene con la differenza di prezzo delle pompe di benzina, che varia a seconda delle accise di ciascuna nazione.

Nel caffè esiste questa tassa suppletiva, come in Germania anche se là è ancora più alta (in Croazia si parla di 0,80 centesimi in più al chilo). Quindi indubbiamente il prezzo finale è dettato anche da questo fattore, e in più bisogna considerare che in Croazia ci sono pochissimi torrefattori (il più grosso è Franck, leader di mercato, seguito da Monte Caffè a Rovigno e da altri piccoli come Hugh & Punch, Barocco e Bar Caffè che possiede anche uno stabilimento produttivo a Zagabria).

Inoltre, sono tantissimi i brand italiani che vendono a dei distributori autorizzati, e questo passaggio in più impone una marginalità ulteriore, influenzando il prezzo finale al chilo per l’esercente, dettato dal costo dell’importazione. C’è da dire poi che in Croazia il caffè si consuma nei bar esclusivamente al tavolo e quindi non c’è una differenza di prezzo tra il servizio al banco e quello seduti.

Bisogna considerare che un’inversione di rotta è avvenuta anche della distribuzione delle tazzine posizionate sulla macchina del caffè: la maggiorparte in Italia sono della dimensione più piccola a quella dell’espresso e circa un 20% è riservato a quelle del cappuccio. In Croazia quindi innanzitutto si aggiunge un formato e c’è per espresso, cappuccino e infine uno più grande dedicato a quello che qui si chiama caffè bianco (in croato bijela kava) contenente da una maggiore dose di schiuma, paragonabile al macchiatone preparato con un caffè molto lungo e acquoso.

Si invertono le proporzioni: circa un 30% di tazze da espresso e un 70% per il cappuccino posizionate sulla macchina. Quindi il prezzo più elevato è legato anche al servizio di una dose maggiorata rispetto all’Italia per un macchiato normale.”

E nei supermercati?

“La fanno da padroni i torrefattori locali come la Frank, trainati dal discorso di una macinatura per caffè turco molto fine. Nei supermercati c’è la tripla opportunità: espresso, turca e moka. In grano invece il leader per gli scaffali è Lavazza, spesso destinato alla macchina per espresso sia nei bar che per casa.

L’espresso subisce ancora il fascino del made in Italy e viene affiancato ad un marchio italiano dai croati. La qualità percepita è diversa se si deve bere in espresso, viceversa accade per l’estrazione turca. Tant’è vero che Monte Caffè di Rovigno ha scelto come marchio un nome italiano.”

Conclude Zidarich: “La Croazia è uno dei pochi Paesi dove non si fa clamore attorno al prezzo della tazzina, c’è un buon consumo pro capite paragonabile in volumi a quello italiano (naturalmente con un minor numero di tazze) e questo nonostante i redditi siano più basso. A tal proposito ricordiamo che la prima industria croata è il turismo e quindi la tazzina ha un prezzo tarato su quel tipo di clientela: i consumatori locali sono quasi obbligati a pagare quanto e come un turista.

Per quanto riguarda la accise invece, credo che in questo momento non sia fattibile abolire il sistema di tassazione. La Croazia è un Paese che si regge poco sulla produzione industriale e conta su questa tassa per potersi mantenere sostenibili finanziariamente. Come torrefattore non sono completamente d’accordo, ma comprendo la logica dietro.”