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LEGGE – I fondi di caffè non bastano per stabilire i ricavi di un locale

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MILANO – Bocciato dalla Cassazione l’accertamento induttivo con cui l’Agenzia delle Entrate ha rettificato, ai fini IVA ed IRAP, i ricavi di un ristorante in base al quantitativo di caffè servito ai pasti, utilizzato per preparare dolci e destinato all’autoconsumo. L’errore consiste nell’attribuire forza presuntiva alla “mera allegazione” secondo cui 6/7 grammi di caffè sarebbero la quantità generalmente utilizzata per ottenerne una tazza.

In altre parole, il quantitativo di caffè utilizzato faceva “presumere” un volume d’affari più alto di quello dichiarato sulla base dei fondi di scarto.

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Con la sentenza 25093/14, gli Ermellini hanno respinto il ricorso dell’Agenzia e confermato la decisione di merito che correttamente annullava i relativi accertamenti. A essere contestata dalla Commissione tributaria era l’individuazione del numero di caffè in base al quantitativo di polvere occorrente per la loro preparazione.

Il nodo della questione risiede nello stabilire quanti grammi di polvere di caffè occorrano per farne una tazza, valutazione che, come afferma la Cassazione, “logicamente postula la forza presuntiva in questione”.

La Corte, reputato il ricorso in parte inammissibile, in parte infondato, ha respinto, così, il tentativo dell’Amministrazione di sovrapporre la propria valutazione, sulla fatidica esatta individuazione dei grammi occorrenti, a quella compiuta dal giudice di appello.

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