mercoledì 27 Marzo 2024
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Le regole del tè (e dell’amore) in un nuovo romanzo di Roberta Marasco

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Dalla Corte
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MILANO – Una bella tazza di tè caldo. Cosa c’è di più confortante per l’animo nei momenti bui e freddi? Ma se ci fosse anche qualcosa di più: se il tipo di tè, e perfino il tipo di acqua, influissero anche su quello che pensiamo e sulle nostre scelte?

Se, addirittura, potessimo fare appello, come succede (per gioco, ma non troppo) coi segni zodiacali, al nostro essere più un tè verde, un fermentato, un affumicato spiegando il nostro comportamento, l’attrazione per una tale cosa o persona?

Nel bel romanzo di Roberta Marasco “Le regole del tè e dell’amore” (tre60 editore, prezzo 16,40 euro, tre60libri.it), si tratta di una storia d’amore, ma soprattutto di un percorso alla scoperta di se stessi, c’è tutto questo: passione per il racconto, per il tè e le sue tipologie, per le relazioni e le radici familiari e un viaggio in un antico borgo umbro, Roccamorici.

L’autrice, che di mestiere fa la traduttrice e che, ammette in terza di copertina, “si è accorta di aver trascurato le proprie emozioni” per troppo tempo, ci guida pagina dopo pagina tra le regole del tè, della pazienza, della felicità che bisogna re-imparare da grandi per vivere appieno.

Tanto che ci convince che davvero il tè, e la sua relazione delicata con un liquido come l’acqua, che pensiamo neutra ma che ha caratteristiche proprie di durezza, siano una metafora calzante dell’amore e dell’alchimia imprevedibile che scatta fra due persone, con risultati mai identici.

E tu, ti scoprirai più tè o più acqua?

“Se la vita è come una tazza di tè, significa che qualcuno di noi è l’acqua e qualcun altro il tè. Ci sono persone che sentono di poter cambiare ciò che le circonda, che vogliono lasciare il segno, dare il proprio sapore alle cose. Sono le persone che si tuffano nella tazza, impavide e impazienti. Le persone che si raccontano.

Le persone tè.

Poi ci sono le persone che aspettano, che accolgono, che cambiano colore a seconda degli umori altrui. Attendono, liquide e trasparenti, le foglioline di tè che daranno gusto alla loro vita. Sono le persone che ascoltano.

Le persone acqua.

Le persone acqua trovano che la vita sia più interessante quando sono gli altri a colorarla; sono convinte che vivere con un solo colore, sempre lo stesso, il proprio, sia noioso.

Per quanto possa essere un colore magnifico. Perché per sentire i profumi degli altri ogni tanto bisogna mettere a tacere il proprio. Ogni acqua però ha il suo residuo fisso. E quando è troppo alto, è inutile cercare di nasconderlo o di lasciarsi invadere dal sapore altrui. Finisce sempre per farsi sentire.

Alcuni tè si ritirano indispettiti, qualcuno addirittura cambia sapore e non lo riconosci neanche più, come il tè verde Sencha Fukujyu, che con un’acqua troppo ricca di minerali diventa salato.

Il residuo fisso non si cambia, è per tutta la vita. E cercare di eliminarlo è inutile. Un giorno però arriverà un tè speciale, raccolto in un momento particolare dell’anno, da una coltivazione a una quota ben precisa.

E il sapore di quel tè, soltanto il suo, per un insieme inspiegabile di circostanze, come la quantità di pioggia caduta, l’umore delle raccoglitrici, qualche giorno di essiccazione in più del previsto, invece di essere infastidito dal residuo fisso ne sarà esaltato.

E nascerà una bevanda dal sapore unico e irripetibile. L’insostenibile pesantezza del residuo fisso ha i suoi vantaggi. Basta saper aspettare.

Con le storie è lo stesso.

Non basta saperle raccontare o saperle ascoltare. Solo quando chi racconta sa fermarsi ad ascoltare e chi ascolta si riconosce nel racconto la magia è completa. Perfetta, come una buona tazza di tè.

Elisa Poli

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