mercoledì 10 Aprile 2024
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TUTTO QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE SUL TE’ – Parla il dottor Robustelli Della Cuna, raffinato ed esperto cultore

La rivelazione di alcune incognite legate ad una delle bevande più diffuse al mondo: il tè. La parola ad un vero intenditore

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Il Dottor Francesco Saverio Robustelli Della Cuna, professore presso il Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università degli Studi di Pavia, specializzato in Farmacologia e Tossicologia e in Farmacia Ospedaliera, ha da sempre manifestato una profonda vocazione verso il culto del tè. Appassionato ed intrepido studioso, si è spinto alla ricerca degli arcani misteri di una pianta così antica che sembra però non aver perso il suo fascino aromatico. Oggi, raccogliendo il frutto delle sue numerose indagini, il professor Robustelli Della Cuna innesca un motore di trasmissione delle proprie conoscenze, alimentato da conferenze, incontri e degustazioni che oltrepassano finanche i confini del nostro Stato. Eccone un assaggio.

Quali sono le sue personali esperienze di studio, ricerca e/o analisi riguardanti la pianta del tè?

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Personalmente mi occupo di ricerca, di analisi critica dell’aroma del tè, poiché i componenti principali dotati di attività farmacologica sono stati già ampiamente caratterizzati da anni. Non dimentichiamo che il cliente che compra il tè non lo fa unicamente per le sue proprietà benefiche, al contrario, molto più spesso è spinto semplicemente da un piacere gustativo, quasi edonistico dato dal buoquet, dai profumi propri del tè. Vero è che in Italia il tè viene identificato come un genere voluttuario, di fatto siamo una nazione di caffeinomani più che di consumatori di tè. E questo purtroppo si riflette anche nel campo della ricerca scientifica. Ancor oggi i principali gruppi di studio restano, a tutti gli effetti, Cina, Giappone e India, perché chiaramente possiedono la materia prima.

Attualmente è impegnato in qualche progetto di ricerca che ruota attorno allo studio del tè?

Lo studio sperimentale nel quale oggi sono coinvolto si focalizza su una categoria di tè poco studiata: il tè bianco. Il primo passo della ricerca è stato quello di reperire tutti i campioni di tè bianco presenti in commercio; si è trattato di raccogliere esemplari provenienti da Cina, Giappone, Sri Lanka, India e Africa. Successivamente si è passati alla distillazione e all’analisi della frazione volatile della foglia di tè bianco, ossia dell’aroma, quel che viene percepito a livello gustativo e olfattivo quando si beve una tazza di tè. Lo scopo dell’indagine è quello di fornire un’interpretazione dello spettro aromatico dei tè bianchi, un quadro attendibile che tenga conto di tutti gli aspetti che influiscono sull’indice di qualità della bevanda. Fin ora sono stati fatti lavori di analisi e confronto unicamente sulle grandi categorie di tè (ad esempio tra tè bianco e tè nero) ma mai sulle varianti di un’unica categoria.

Esiste quindi una vasta gamma di categorie di tè, quali sono le peculiarità di ognuna?

Tutto il tè si ricava esclusivamente dalla camelia sinensis. A differenziare le categorie è esclusivamente il processo di lavorazione a cui le foglie vengono sottoposte. Ecco dunque perché ritroviamo: il tè bianco (ossidazione intorno al 3% ), il tè verde (dal 3 al 5%), il tè oolong a bassa fermentazione (20-50%), il tè oolong ad alta fermentazione (50-70%), il tè nero (fino all’80% di ossidazione) e infine i tè pu’ Erh o postfermentati (ossidazione oltre l’80-90%). L’aroma è conseguenza dell’ossidazione, la quale libera enzimi che promuovono la formazione di fragranze e profumi diversi a seconda del tipo di té. Nei tè bianchi, verdi e oolong a bassa fermentazione predominano note di erba, di trifoglio, di foglie fresche e di fiori come il gelsomino, la gardenia, l’orchidea. Mentre nei tè neri, decisamente più ossidati, ritroviamo i classici aromi di frutta matura, di spezie, di tostato, di noce, di nocciola o mandorla.

Come agisce il tè a livello terapeutico?

È importante sottolineare che il tè non è un farmaco e pertanto non cura nulla, semmai può essere utilizzato nell’integrazione e nella prevenzione di particolari malattie, quali: ictus, infarto o la tossicità da chemioterapia. Dal tè è possibile ricavare un apporto di antiossidanti e di sostanze stimolanti, a cui si unisce un blando effetto diuretico. Tanto l’azione stimolante quanto la moderata efficacia diuretica, sono dovute alla presenza di caffeina. Teina è, in realtà, un nome obsoleto con cui viene definita la caffeina presente nel tè; di fatto, in entrambe le bevande è contenuta la medesima molecola.

Dunque, non vi sono differenze tra la caffeina contenuta nel caffè e quella presente nel tè?

La differenza è rintracciabile nella quantità: un caffè espresso contiene 120 mg di caffeina, mentre una tazza di tè di formato europeo contiene 70/80 mg di caffeina. Di base il processo di estrazione della caffeina risulta maggiormente efficace nel caffè, in quanto avviene a caldo sotto pressione. Diversa è la modalità di estrazione dalle foglie di te, ovvero l’infusione, la quale comporta un rilascio di caffeina quantitativamente inferiore. Inoltre, si ipotizza (ma non è stato dimostrato scientificamente) che l’ingestione di tè implichi una lenta cessione di caffeina nel sangue. Consumando del caffè, invece, si verifica un picco rapido ed immediato di caffeina, responsabile dell’effetto eccitatorio e cardiotonico. Ovviamente, tutto dipende sempre dalla sensibilità del singolo paziente rispetto alla caffeina.

Quali sono gli effetti del tè sul sistema nervoso?

È stato dimostrato come un particolare aminoacido, la L-Teanina, presente unicamente nella pianta del tè, sia capace di interagire con il centro del sonno. Dunque a differenza del caffè, dove ritroviamo solo la componente eccitatoria, nel tè abbiamo una doppia componente eccitatoria e inibitoria insieme. Recentemente sono stati creati dei tè decisamente particolari per il processo di ossidazione al quale sono sottoposti; si tratta di un’ossidazione effettuata in atmosfera inerte di azoto. Tale procedura fa si che la quantità di GABA – (acronimo di acido γ-amminobutirrico) presente nelle foglie – cresca notevolmente, cosicché questo, unito alla teanina, renda questi tè delle bevande rilassanti.

È vero che il tè può essere considerato un valido alleato nella lotta contro l’obesità?

Potrei rispondere alla domanda con una semplice considerazione: se è vero che siamo un Paese di caffeinomani, e se è vero che nel caffè è contenuto il doppio della caffeina presente nel tè, allora dovremmo essere un popolazione di smilzi. Questo per dire che, sì nel tè ritroviamo quella leggera accelerazione metabolica data dalla caffeina, questo fa del tè un alleato nella lotta all’obesità.

Anche il settore della cosmesi utilizza il tè nella creazione della sua linea di prodotti. Quali benefici se ne ricavano dal loro utilizzo?

Per la produzione di cosmetici si usano varie tipologie di estratto di tè, diversamente valide. Un estratto secco, ottenuto mediante la liofilizzazione e la polverizzazione delle foglie di te, conserva tutte le sostanze utili: polifenoli, oli essenziali, caffeina. Mentre nelle foglie di tè distillate ritroviamo unicamente gli oli essenziali. È indispensabile, quindi, controllare quali principi attivi vengono veicolati per la produzione di quel cosmetico. E soprattutto, bisogna tener presente che la parte funzionale di quel prodotto non è sempre quella completamente dichiarata in etichetta. Come la cosmesi, anche la produzione e la commercializzazione di integratori a base di tè ha il suo lato fallace. Non si pensi che per gli integratori si utilizzino tè di prima scelta. Per qualunque tipo di integratore, che sia in capsule, pastiglie o altro formato, si usano tè di quarta, quinta o addirittura sesta scelta. I tè di primo raccolto sono destinati solo alla produzione del tè in foglia sciolta, non in bustina, perché anche per quest’ultima vengono utilizzati tè di almeno seconda o terza scelta.

Quali sono eventuali effetti collaterali legati al consumo di tè?

La principale controindicazione del tè è l’eccessivo effetto eccitatorio in quei soggetti particolarmente sensibili alla caffeina. Altra conseguenza spiacevole – e questo vale per i forti bevitori di tè – è la tendenza a scurire i denti. Ciò smentisce il curioso caso del presidente cinese Mao Tse-tung, il quale pare si sia vantato di non essersi mai lavato i denti in vita sua, e di aver effettuato solamente sciacqui con tè verde tutte le mattine. Certamente i polifenoli del tè hanno un leggero effetto antibatterico sui principali batteri che colonizzano la bocca, ma si tratta comunque di una lieve efficacia. La regolare assunzione di tè, potrebbe incidere e accentuare un altro tipo di complicazione: la stipsi. Di fatto il tè è formato da polifenoli e derivati dell’acido gallico, ed è dunque di per sé una sostanza astringente.

Quali sono le dosi consigliate per non cadere nell’eccesso e non incorre in queste spiacevoli conseguenze?

La regola della medicina cinese dice tre tazze al giorno. Ma è evidente che tutto dipende dalle dimensioni della tazza. Il modello cinese contiene dai 20 ai 30 ml di tè, mentre le tazze mug americane hanno una capienza di 150 ml.

È vero che non si dovrebbe lasciar bere tè ai bambini?

Che i bambini non possano bere tè non è affatto corretto, a meno che non si tratti di bambini particolarmente sensibili alla caffeina. Generalmente sarebbe comunque opportuno scegliere un tè con ridotto apporto di caffeina. Si tenga presente che normalmente in Giappone la colazione dei bambini prevede il consumo di tè bancha a basso contenuto di caffeina. Per i bambini o in generale per chi è particolarmente sensibile alla caffeina io consiglierei i tè Scented, ossia i tè profumati e non aromatizzati. Ad esempio, esistono i tè profumati al gelsomino, i quali contengono poca caffeina ma allo stesso tempo contengono oli essenziali, polifenoli antiossidanti e la teanina. Un’alternativa è anche il tè con infusione a freddo.

Cosa ha di diverso il tè ottenuto con infusione a freddo?

Solitamente siamo abituati a fare il tè freddo facendolo prima a caldo e lasciandolo raffreddare successivamente a temperatura ambiente o in frigorifero: cosa sbagliatissima. In questo modo aumentiamo col calore la solubilità di molti composti, i quali riprecipitano non appena si lascia raffreddare il tè. Ciò lo si può notare semplicemente osservando il precipitato che si è creato sul fondo della tazza. L’infusione diretta in acqua fredda, invece, rende difficoltosa l’estrazione della caffeina, si ottiene così un tè già parzialmente decaffeinato. Per di più, evitando lo sbalzo termico si riesce altresì a mantenere inalterati gli aromi.

Circolano dei veri e propri miti, false legende legate alle proprietà benefiche e agli effetti collaterali del tè. Vuole smentirne qualcuno?

1. I tè giapponesi non hanno caffeina: falso, tutti i tè hanno caffeina.
2. I tè giapponesi sono più antiossidanti dei tè cinesi: falso, anzi la metodica di coltivazione di molti tè giapponesi tendono a far diminuire il numero di polifenoli presenti nelle foglie.
3. Il Kuckicha, un tè giapponese fatto con i rami, non con le foglie della pianta del tè, non contiene caffeina, perché la caffeina la si trova solo nelle foglie: falso, la biosintesi della caffeina inizia nelle radici della pianta. Ovviamente in tronco, rami e corteccia ritroviamo meno caffeina che nelle foglie, ma ciò non significa che ne siano completamente privi.
4. Il tè bianco ha meno caffeina degli altri: falso, è esattamente il contrario, è quello che ne contiene di più, anche più del tè nero.

Antonietta Mente
@AntoMente

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