sabato 20 Aprile 2024
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Il MUMAC sotto una nuova luce accessibile e di design con Antonella Andriani

Andriani, designer: "Ci siamo occupati di due grandi aspetti: la riorganizzazione del percorso espositivo innanzitutto. Amerete questo museo: lo frequento da anni e lo adoro per una serie di motivi. Siamo intervenuti soprattutto nell'ultima parte."

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BINASCO (Milano) – Dieci anni sono passati, anzi, volati, dal giorno in cui il MUMAC, museo delle macchine del caffè del Gruppo Cimbali, ha aperto per la prima volta le sue porte al pubblico di specialisti e appassionati. E ora che questo decennio è stato raggiunto, si tratta di guardare ai prossimi dieci con uno sguardo e un look rinnovato.

Mumac rivisitato dalla creatività di Antonella Andriani e Ambrogio Rossani:

“I ringraziamenti sono d’obbligo per tutti. Grazie per aver scelto il nostro progetto tra tanti. Abbiamo dovuto competere per aggiudicarcelo: parlo al plurale perché ho coinvolto Ambrogio Rossani. E’ stato un progetto lungo, che è durato mesi. E’ stato anche a tratti faticoso e divertente.

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Ci inorgoglisce: un grazie va alla famiglia Cimbali per aver accolto anche le nostre peripezie. C’è un sistema di valori molto profondo e quindi, quando abbiamo proposto di celebrare la quotidianità e rendere straordinari degli oggetti ordinari, come la grande tazza posizionata all’esterno, all’ingresso del MUMAC, siamo stati ascoltati.

A me spetta il piacere di raccontare in due parole la logica e i sistemi di valori che hanno animato il restyling.

Ci siamo occupati di due grandi aspetti: la riorganizzazione del percorso espositivo innanzitutto. Amerete questo museo: lo frequento da anni e lo adoro per una serie di motivi. Siamo intervenuti soprattutto nell’ultima parte.

Abbiamo ripensato totalmente la parte infografica prestando attenzione a chi ha delle disabilità permanenti o temporanee all’insegna di tre valori: responsabilità, inclusività e interazione

Responsabilità che significa anche guardare agli sprechi: saremmo potuti entrare in un museo che ha una grande tradizione riconosciuta e magari cambiare tutto. Invece abbiamo deciso di avvicinarci con grande delicatezza, cercando di riutilizzare il materiale nell’ottica di up cycling, senza gettare via tutto, ma recuperando e aggiungendo valore dove fosse possibile.

Abbiamo lavorato con un design for dis assembling in modo rispettoso: tutto ciò che abbiamo aggiunto è stato disegnato nell’ottica che possa essere rimosso o riconfigurato. Perché è naturale che un museo esista all’interno di un percorso di evoluzione. Tutte queste strutture devono fare i conti con il tempo e gli elementi possono esser presentati in modo diverso.

Rispetto all’inclusività abbiamo lavorato in ottica di design for all, aprendo in prospettiva. Di fatto abbiam cercato di aumentare e aggiungere valore in questo senso: le strutture degli elementi espositivi li abbiamo disegnati in modo che potessero esser accessibili alle carrozzine, eliminando le barriere per l’avvicinamento alle macchine e apprezzarne così i dettagli da vicino.

Anche la parte infografica ha subito modifiche: accantonando l’idea che questa sia un’opera d’arte, abbiamo insistito sulla leggibilità. Non ci sono quindi sfondi abbaglianti colorati di bianco, ma in crema di caffè, uno dei colori dell’anno, in modo da non stancare la vista. Abbiamo evitato di usare il maiuscolo, i corsivi: i nomi sono evidenziati tra virgolette aiutando così chi soffre di dislessia.

Abbiamo usato spaziature molto ampie. Sono aspetti che non disturbano chi non ha alcun problema, ma sono piccoli gesti e attenzioni che di fatto sono dettagli da ricercare e fanno una grande differenza a certe situazioni.

Terzo punto è l’interazione: abbiamo fatto in modo che il museo possa esser fruito da un pubblico eterogeneo. I visitatori sono tra gli elementi apicali del mondo del caffè: qui arrivano gli specialisti, ma anche i bambini e gli appassionati che come me hanno difficoltà a comprendere tutte le differenze dei tecnicismi.

Per cui ci si presta a offrire un approfondimento rispetto a un settore che è davvero un’eccellenza italiana. Nel mondo, le macchine del caffè espresso sono soprattutto italiane. Le macchine dell’espresso sono nate da noi e dobbiamo esserne orgogliosi.

Al MUMAC si respira il design

C’è una sensibilità anche da parte della famiglia Cimbali nell’investire nel design, nella cultura, nei buoni progetti a tutti i livelli. Anche sugli spazi, non solo nelle macchine.

Tornando all’interazione: abbiamo collaborato con diversi uffici e persone. Barbara Foglia in primis e i colleghi, per condividere dei disegni tecnici, dalle pubblicità agli articoli di giornale per soddisfare il pubblico più eterogeneo.

Chiudo così: ovviamente tutte le installazioni sono instagrammabili. Perché questa è la cultura, è il tema di oggi: la tazzina che abbiamo collocato all’esterno deve ancor più diventare un oggetto diffuso, familiare e orgoglio nazionale.

Altra installazione che c’era già è l’esploso di una delle macchine del caffè, la M100, quella del centenario, a cui abbiamo attribuito un altro valore semantico. L’ultima sala è stata riorganizzata in modo da offrire la possibilità di approfondire temi trasversali, si sospende il percorso determinato dalla scansione temporale per entrare in una dimensione da esplorare. Per capire che differenza c’è tra una macchina tradizionale e una superautomatica, cosa sia il naso elettronico, che portento tecnologico ci sia dietro un macinacaffè.

Cuore di questa sala atemporale è proprio l’esploso della macchina, di nuovo una citazione a un’espressione artistica, ma vuole anche esser il segno dell’enorme complessità dietro questa attrezzatura. Realizzarla è molto complicato.

Noi ci abbiamo messo tantissima passione.”

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