venerdì 12 Aprile 2024
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Il cavaliere di Vittorio Veneto e il caffè di Lucca dedicato alla Patria

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LUCCA – Oggi, probabilmente, a nessuno dei tanti che decidono di aprire un bar verrebbe in mente di chiamarlo “Caffè patria”.

Sono tempi nei quali vanno per la maggiore intitolazioni certo meno impegnative, magari con qualche gioco di parole che fa tanto effetto simpatia – o, almeno, dovrebbe farlo.

La situazione cambia completamente se riavvolgiamo il nastro della storia earriviamo nel 1921.

A pochi anni dalla Prima guerra mondiale, da quella che viene anche considerata la “Quarta guerra di indipendenza”.

Dalla battaglia di Vittorio Veneto, che lavò l’onta di Caporetto e consentì all’Italia di mettere in rotta gli austriaci. Fra i “cavalieri di Vittorio Veneto” c’era Salvatore Menesini. Che, tornato a Lucca, decise per l’appunto di aprire il bar in via San Giorgio.

E il nome non poteva che essere legato a quella guerra che gli aveva “rubato” anni di gioventà, ma gli aveva anche dato l’orgoglio di aver contribuito a liberare le terre del Carso dalla dominazione austriaca.

Allora il quartiere di Pelleria era molto diverso da come siamo abituati a vederlo oggi. Rione popolare per eccellenze, come altrove il Bastardo e Cittadella, si snodava intorno alla chiesa di San Tommaso, ancora oggi uno degli angoli più nascosti e più suggestivi di tutto il centro storico.

Brulicante di vita, laboratori artigiani ed attività di vario tipo che oggi si sono perse nei ricordi e sono state sostituite da abitazioni certo assai carine e ricercate, ma probabilmente molto meno suggestive.

Un punto focale di questa vita divenne, in breve tempo, il caffè della famiglia Menesini che si trovava (e si trova ) in un punto strategico, all’incrocio fra via San Giorgio e via Galli Tassi, proprio davanti alla piazzetta delle carceri.

Nel corso degli anni, anzi dei decenni, le attività dell’esercizio si ampliarono. E così, oltre alle paste e ai caffè, arrivarono la tabaccheria e la rivendita dei giornali.

Un punto di riferimento per gli abitanti della Pelleria, che qui sapevano di poter trovare un ambiente confortevole fin dalle 6,30 del mattino, quando veniva alzata la saracinesca.

Da quel momento partiva un via vai continuo che si quietava soltanto all’ora di cena, quando i Menesini (dopo il cavalier Salvatore il figlio Pietro e la nipote Piera) spegnevano le luci della sala.

Storie di altri tempi, altri luoghi e altri ritmi. Dei bar non “colonizzati” dai turisti, né trasformati in simil-ristoranti all’insegna del precotto.

Luoghi di socializzazione, innanzitutto, come oggi se ne trovano oramai solamente nei paesini. Perché tutto il centro storico è cambiato, non solo la Pelleria: a partire dal calo drastico degli abitanti, per passare al cambiamento nelle abitudini di vita e di lavoro.

Tuttavia, il Caffè “La Patria” è ancora al suo posto, nonostante più di una difficoltà che in anni recenti ne hanno messo a rischio la sopravvivenza. Ormai la gran parte dell’attività sta proprio nella parte legata ai tabacchi e alla ricevitoria. Anzi, come si legge ancora nell’insegna a grandi lettere dorate sullo sfondo celestino, ai “tabacchi esteri e nazionali – valori bollati”.

Lettere e segni di altri tempi, appunto. Che ancora si possono ritrovare, almeno in una piccola parte, in questo angolo di Pelleria.

Luca Cinotti

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