mercoledì 17 Aprile 2024
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L’analisi di Andrej Godina: “Il Centro America? Dovrebbe sacrificare le quantità di caffè e migliorarne invece la qualità”

Il coffee expert: "Dalla mia piccola esperienza di coltivazione del caffè in Honduras e dai numerosi viaggi che ho fatto per visitare le diverse regioni de Centro America credo che il mondo della produzione del caffè abbia bisogno di un radicale cambiamento rispetto a quanto fatto nel passato. La produzione del caffè può essere di assoluta attrattiva per le nuove generazioni, anche quelle più esigenti nei confronti di un mondo “simil-occidentale” e l’unica strada da percorrere per andare in questa direzione è quella della produzione massiva di Specialty Coffee e di Fine Robusta."

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MILANO – Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, spiega le dinamiche che caratterizzano la produzione di caffè nel Centro America. Alcuni dei temi trattati sono le difficoltà dei produttori delle popolazioni locali, il clima sfavorevole, un’organizzazione antiquata che lascia poco respiro alle nuove generazioni. Leggiamo di seguito l’interessante intervento di Andrej Godina.

di Andrej Godina

Godina: le difficoltà crescenti dei produttori dell’America centrale nel mantenere la sostenibilità delle proprie produzioni

“Il Centro America è da sempre una macro area di assoluta importanza nella panoramica della produzione di caffè, non tanto per le quantità della produzione ma certamente per l’elevata qualità in tazza e per la differenziazione della qualità.

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Nella regione del Centro America i paesi maggiormente conosciuti sono per esempio il Nicaragua e l’Honduras che producono un caffè con flavori cioccolati e fruttati con una buona pulizia di tazza;

  • L’El Salvador con il suo clima particolarmente secco si presta decisamente bene per la produzione di caffè naturale e honey asciugati al sole che permette di ottenere una bevanda dolce, corposa e dal flavore fruttato e cioccolato;
  • Il Costarica che è in grado di produrre micro lotti lavati di grande qualità;
  • Il Guatemala che con le sue differenti regioni di produzione e i numerosi vulcani sui quali si produce caffè, garantisce profili di flavore differenti con una piccola produzione di Robusta di alta qualità;
  • Panama che negli ultimi anni è risalito alla ribalta mondiale per la produzione i microlotti Specialty di eccellenza venduti a prezzi che sono tra i più cari al mondo.

I dati aggiornati delle produzioni di caffè al 2020 dei paesi del Centro America riporta la seguente classifica:

  • Honduras 6.100.
  • Guatemala 3.750.
  • Nicaragua 2.650.
  • Costa Rica 1.450.
  • El Salvador 600.
  • Repubblica Domenicana 375.
  • Haiti 345.
  • Cuba 125.
  • Panama 115.

(Le quantità sopra riportate sono espresso in migliaia di sacchi da 60 kg, fonte Ico)

Come è ben evidente dalla lettura di questi dati sopra riportati emerge chiaramente che la regione del Centro America partecipa alla produzione mondiale di caffè con una percentuale sul totale prodotto nel 2020 (fonte ICO) con una percentuale molto bassa che è dell’8,8%.

Con una quantità di caffè prodotta così bassa è necessario inquadrare la regione del Centro America in un contesto più ampio che deve tenere conto della struttura tipica di produzione.”

Le piantagioni dei coltivatori di caffè in Centro America

“Per comprendere quindi la situazione di grande difficoltà del settore caffeicolo del Centro America è necessario ricordare che in tutta la regione il comparto di produzione è fatto di piccoli agricoltori che hanno piccole piantagioni a conduzione familiare con un’estensione che può variare dai 2 ai 5 ettari.

Generalmente il piccolo coltivatore di caffè ha ereditato la terra e la piantagione da 2 o 3 generazioni senza possedere assolutamente alcuna educazione scolastica.

Il piccolo coltivatore ha imparato a coltivare il caffè per come gli è stato insegnato dalla generazione precedente, da come lo fanno i suoi vicini di piantagione, dai consigli ricevuti dalla cooperativa a cui appartiene e, se è stato fortunato, ha imparato qualcosa durante gli sporadici incontri di formazione agricola organizzati dalle associazioni locali di categoria o dalle fondazioni finanziate da organizzazioni no profit o dalle grandi multinazionali del caffè verde.”

La coltivazione

“Quello che è certo è che i coltivatori sono stati formati in qualche modo all’utilizzo dei prodotti chimici per il diserbo, la fertilizzazione e il controllo delle malattie e dei parassiti prodotti dalle grandi multinazionali che li producono.

Quest’ultima formazione è certamente quella che crea enormi fatturati a vantaggio dei produttori dei prodotti chimici e non certamente per il piccolo coltivatore che li utilizza.

La sovrabbondante pratica di utilizzare prodotti chimici in piantagione per qualsiasi motivo non solamente aumenta i costi di produzione, ma anche impoverisce e danneggia l’ambiente dove si trova la piantagione e abitua le piante di caffè a una produzione abbondante grazie all’utilizzo di fertilizzanti specifici che devono essere forniti alla pianta nei diversi momenti della sua vita.”

I prodotti chimici

“L’industria dei fertilizzanti chimici ha inventato prodotti differenti per i diversi periodi dell’anno, quindi fertilizzanti da utilizzare subito dopo la raccolta, dopo la fioritura e durante la maturazione delle drupe.

Per terminare e uscire dalla “schiavitù” dell’utilizzo dei prodotti chimici in piantagione si richiede un lungo tempo di transizione per convertire la piantagione a un regime biodinamico, spesso è necessario sostituire le piante con il contraltare che per 3-4 anni la piantagione produrrà meno quantità.

Nell’ultimo quinquennio i produttori di caffè del Centra America hanno dovuto gestire periodi di crisi molto importanti dovute a differenti e molteplici fattori:

– Primo fra tutti l’acuirsi della “coffee leaf rust”, la malattia delle foglie del caffè (ruggine del caffè o Hemileia vastatrix, ndr) che è in grado di sterminare intere piantagioni di caffè in 2-3 mesi se non debitamente controllate con l’applicazione di prodotti chimici specifici.

– Il cambio climatico sta cambiando considerevolmente le condizioni del clima di questa regione, a partire dalle piogge che non sono più distribuite in un lasso temporale lungo ma la stessa quantità di acqua precipita in periodi brevissimi il che crea situazioni di erosione del terreno, straripamento dei fiumi, cedimento degli argini, distruzione di strade e ponti.

Allo stesso tempo i periodi di siccità si sono allungati e le piogge intense durante la raccolta possono compromettere la giusta maturazione delle drupe con perdite di raccolto che possono arrivare al 25-30% con anche una diminuzione della qualità di tazza.”

Gli uragani

“In questa regione la forza distruttiva degli uragani si aumentata di molto, per esempio nel solo 2019 l’Honduras è stato investito da tre uragani che hanno messo in ginocchio la produzione del caffè della regione che si affaccia sul mare dei Caraibi.

– In questo ultimo anno si è assistito a un aumento generalizzato dei costi di produzione: negli ultimi anni per combattere una coffee leaf rust più aggressiva e il cambio climatico il coltivatore di caffè si è trovato a produrre una quantità di caffè minore ma con costi maggiori per l’acquisto dei prodotti chimici per il controllo delle malattie e con maggiori costi di sostituzione delle piante morte a causa delle malattie.

Bisogno ricordare che ogni qualvolta il coltivatore di caffè deve sostituire le piante perde due anni di raccolto. I maggiori costi di produzione riguardano anche gli interventi da farsi per riparare i danni procurati da alluvioni, straripamento dei fiumi e installazione di nuovi impianti di irrigazione divenuti necessari per il prolungamento dei periodi di siccità.”

Il prestito dei coltivatori

“In questo contesto, fino all’anno scorso, a causa del basso livello di quotazione del caffe sulla borsa merci di New York, il prezzo pagato al coltivatore era così basso che non permetteva nemmeno la copertura dei costi di produzione.

Il piccolo coltivatore ha quindi prodotto e venduto il caffè per 2-3 anni sotto costo e lo ha fatto fintanto che la banca gli ha garantito un prestito.

Alla richiesta del rientro del prestito tanti coltivatori hanno dovuto dichiarare bancarotta, hanno perso la terra, sono andati nelle grandi città per cercare un altro lavoro o sono emigrati in Spagna o illegalmente negli USA. La domanda a questo punto che nasce spontanea è: “ma come è possibile che il coltivatore di caffè non si sia accorto che vendeva il caffè sotto costo?”.

La risposta è semplice se si visitano le piantagioni: il piccolo coltivatore non ha un’istruzione scolastica né tanto meno imprenditoriale e la legislazione di questi paesi non obbliga la tenuta di una contabilità costi-ricavi per gli agricoltori e questo comporta l’assenza di una contabilità aziendale che monitora i costi di produzione.

Inoltre nella conduzione familiare della piantagione dove tutti i componenti della famiglia lavorano in piantagione nessuno è regolarmente assunto con un contratto e per nessuno sono versati i contributi pensionistici e per l’assistenza sanitaria. Da qui si capisce bene come sia possibile che in un breve periodo il piccolo agricoltore affronti la bancarotta nel caso di quotazioni troppo basse sulla borsa.”

I prezzi, per quanto fortemente rivalutati rispetto a qualche anno fa, tuttora non sono sempre remunerativi

Godina: “Fortunatamente in questi ultimi mesi le quotazioni di borsa del caffè sono aumentate con l’effetto positivo di un aumento dei prezzi di vendita del caffè verde sui mercati internazionali.

A prima vista questo aumento ha dato una “boccata di ossigeno” ai paesi produttori! Sfortunatamente la realtà è molto differente perché a questo aumento dei prezzi è coinciso con il periodo della raccolta del caffè: infatti i raccoglitori sapendo di questo aumento hanno chiesto un aumento importante del costo della manodopera che il coltivatore, già in gravissime difficoltà finanziarie, ha dovuto anticipare sperando poi di riuscire a vendere il caffè davvero a un prezzo più alto.

A questo effetto “boomerang” della salita delle quotazioni di borsa si è aggiunto un indifferenziato aumento del costo della vita e di tutte le materie prime che sono necessarie per la gestione e manutenzione della piantagione.

In più tutti i produttori e le cooperative si sono trovati a pagare cifre importanti di interessi sui prestiti che sono stati costretti a chiedere nei 2-3 anni precedenti quando il prezzo di vendita del caffè li ha costretti a vendere sotto costo.

In questo contesto di grandissima crisi le associazioni di categoria dei paesi di produzione come la Ihcafe in Hoinduras, la Anacafe in Guatemala, ecc sono state completamente assenti per supportare e aiutare i coltivatori.

Queste organizzazioni avrebbero dovuto proporre nuovi progetti e sostengo del comparto, avviare programmi di sostegno finanziario a costo zero in accordo con i governi e le maggiori banche e sono state quindi parzialmente responsabili dell’abbandono forzato di una parte delle produzioni e dell’espatrio di centinaia di migliaia di persone verso gli USA e l’Europa.”

Quali sono gli interventi e le politiche che potrebbero rendere la coltura del caffè nuovamente attrattiva per i giovani?

“Dalla mia piccola esperienza di coltivazione del caffè in Honduras e dai numerosi viaggi che ho fatto per visitare le diverse regioni de Centro America credo che il mondo della produzione del caffè abbia bisogno di un radicale cambiamento rispetto a quanto fatto nel passato.

La produzione del caffè può essere di assoluta attrattiva per le nuove generazioni, anche quelle più esigenti nei confronti di un mondo “simil-occidentale” e l’unica strada da percorrere per andare in questa direzione è quella della produzione massiva di specialty coffee e di Fine Robusta.

Godina: Perché dico questo? La mia affermazione è basata sulla conoscenza della filiera del caffè e su ciò che è accaduto nel mondo del vino: fino a qualche decennio fa in Italia avere una vigna significava fare un duro lavoro agricolo, pagato male e che prevedeva la vendita dell’uva alla cantina sociale locale che a sua volta produceva un vino indifferenziato di medio/bassa qualità che non raccontava una storia di territorio e di qualità di prodotto.

Oggi invece avere un’azienda agricola vinicola che produce vino di alta qualità, naturale e che racconta un terroir è una professione intrigante che attira tanti giovani… e non nascondiamo il fatto che oggi permette una buonissima redditività.

Così può essere e deve divenire anche per la filiera del caffè, con la consapevolezza della difficoltà e dell’ostacolo maggiore rappresentato dal fatto che la produzione della materia prima e la trasformazione del prodotto avvengono in continenti differenti.”

Formazione tecnica e imprenditoriale

“I giovani del Centro America non sono poi così differenti dai nostri in Italia, è necessario trasformare la vecchia tradizione obsoleta agricola del piccolo coltivatore di caffè in un’attività redditizia e “fancy” che deve per necessità rinascere da un serio e organizzato programma di formazione tecnica e imprenditoriale.

Il mondo del caffè nei paesi di origine non offre solamente opportunità di produzione e di vendita del caffè sui mercati internazionali ma anche di sviluppare nello stesso paese un nuovo mercato di consumo del caffè di alta qualità.

È già da qualche anno che grazie alle gare internazionali del World Barista Championship è nata una nuova generazione di baristi professionisti che hanno aperto caffetterie e micro torrefazioni specialty in tutti i paesi del Centro America.

Come assicurare la sostenibilità economica, sociale e ambientale della filiera?

Si è così creato un nuovo mercato, in particolare nelle capitali e nelle grandi città, fatto di caffè prodotto a “km zero”, tostato fresco e erogato in diversi metodi di estrazione.

Questa opzione rappresenta una prima opportunità per trasformare una produzione agricola in perdita in una attività con una migliore sostenibilità economica.

Per raggiungere questo obiettivo bisogna partire obbligatoriamente da un fattore chiave, ovvero quello della formazione/educazione ai giovani per sostenerli nella creazione di nuove opportunità di lavoro.”

Il prezzo di acquisto del caffè verde al produttore in Centro America

“Un secondo aspetto importante da non sottovalutare è comunque sempre quello del prezzo di acquisto del caffè verde al produttore. Per riuscire a rendere la produzione del caffè un’attività economicamente profittevole è necessario uscire dalla logica della fissazione del prezzo attraverso le quotazioni delle borse merci.

Per fare questo i paesi di produzione devono fare filiera con accordi specifici a sostegno del mercato interno con l’adozione di specifici progetti. A mio parere sarebbe necessario adottare le seguenti politiche:

– Incoraggiare e sostenere le produzioni tipiche locali al fine di offrire al mercato prodotti fortemente caratterizzati in bevanda in modo che quel caffè sia unico, da un punto di vista sensoriale, rispetto al panorama di produzione mondiale.

Per esempio il Panama può continuare a specializzarsi nella produzione di caffè varietà Geisha, El Salvador può specializzarsi nella produzione di caffè naturale in particolare di varietà Pacas, Pacamara, il Costarica può specializzarsi nella produzione della varietà Laurina e l’Honduras può puntare alla produzione della varietà Typica processata con il metodo lavato e anaerobico.

– Fissare un prezzo minimo di vendita del caffè in piantagione che non sia più legato alla fissazione delle quotazioni di borsa ma bensì che tenga conto dei costi di produzione e che sia in grado di garantirne la totale copertura e assicurare un minimo di ricavo che il produttore può reinvestire nella sua attività. Il calcolo dei costi di produzione deve anche prevedere il regolare versamento degli oneri previdenziali e di assicurazione medica per tutti i compenti della famiglia che lavorano in piantagione.”

Godina: le produzioni di caffè regionali e locali in Centro America

“Caratterizzare in modo preciso le singole produzioni di caffè regionali e locali, sia da un punto di vista di qualità di tazza che di terroir. Ciascun caffè esportato deve essere accompagnato da uno storytelling accurato al fine di rendere quella micro produzione unica e fortemente caratterizzata.

– Esportazione di tutto il caffè prodotto in modalità certificata blockchain in modo da dare un extra valore aggiunto al prodotto e una caratterizzazione garantita da informazioni e dati certificati.

– Una maggiore comunicazione e un marketing più sofisticato: i paesi del Centro America potrebbero co-finanziare assieme operazioni di marketing congiunte che prevedano per esempio la produzione di film e serie tv che coinvolgano il settore caffeicolo delle piantagioni, potrebbero aprire nelle maggiori capitali di tutto il mondo delle micro torrefazioni con caffetterie specialty per fare assaggiare e conoscere le produzioni dei singoli paesi, potrebbero lavorare assieme per migliorare la comunicazione dei loro territori attraverso loghi, grafiche e un packaging del caffè verde differente che possa divenire un’icona riconoscibile.

– Collaborazioni con gli istituti di ricerca genetica e con i migliori esperti a livello mondiale per avviare un progetto comune di produzione dei migliori caffè al mondo di categoria 90+ per creare un’immagine iconica di essere un’area di produzione del caffè di altissima qualità con competenza riconoscibile a livello mondiale.

– Sviluppare maggiormente e in modo sinergico il settore turistico legato al mondo del caffè potenziando le strutture e servizi a disposizione dei turisti che sono di due categorie differenti: in primo luogo torrefattori e compratori che necessitano di formazione sulla coltivazione e produzione e di un organizzato programma di assaggi e visite alle piantagioni e in secondo luogo di appassionati e di turisti generici che hanno bisogno di programmi turistici volti alla scoperta delle culture locali e di eventi legati alla raccolta del caffè e di stage da svolgersi in piantagione.”

Centro America: uno sguardo rivolto al futuro

“Tutto il caffè prodotto nel Centro America deve essere sostenibile e tutto il caffè prodotto dovrebbe rispondere agli standard di produzione delle più importanti certificazioni come quella del biologico, del Fairtrade e della Rainforest Alliance.

Credo che il Centro America dovrebbe voltare pagina rispetto alle vecchie gestioni e focalizzare gli investimenti e gli sforzi per supportare la produzione esclusiva di caffè di altissima qualità, il che significa sacrificare le quantità per aumentare la qualità e alzare i prezzi di vendita.

Forse potrebbe fare eccezione sulla restrizione sulle quantità prodotte l’Honduras che attualmente si attesta ad essere il sesto produttore mondiale di caffè ma in questo caso la parte di caffè prodotta per la quantità deve essere riorganizzata in piantagioni molto più grandi, di centinaia di ettari, per ottimizzare i costi e avere dei vantaggi di produzione su larga scala.”

di Andrej Godina

 

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