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FIERA MILANO – Enrico Palazzali: «Sinergia tra Tuttofood ed Expo»

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«L’agroalimentare italiano è una delle chiavi di volta della ripresa italiana. La sinergia con Expo 2015 è dinamite. E la miccia può essere rappresentata dalla collaborazione con Tuttofood, la manifestazione che si svolgerà alla Fiera di Milano, dal 3 al 6 maggio del 2015»

MILANO – Enrico Pazzali (foto), amministratore delegato di Fiera Milano, è alla vigilia di un consiglio di amministrazione che, oggi, dovrà approvare un bilancio 2013 specchio di una congiuntura economica non semplice. Ha però l’energia e l’ottimismo di chi sta riposizionando una impresa – Fiera di Milano – il cui successo è fondamentale per l’internazionalizzazione dei prodotti e del tessuto imprenditoriale italiano.

L’Expo 2015 addirittura dinamite? Non sarebbe sufficiente che si rivelasse una piccola scossa per svegliare un Paese che sembra caduto in letargo?
Dinamite o piccola scossa, non importa. È però essenziale sfruttare l’occasione, unica, di ridisegnare la nutrizione universale, da qui al 2050, con lo stile e le abitudini, i desideri e l’economia di trasformazione che, da secoli, caratterizzano l’Italia. E noi, anche con Tuttofood, ci crediamo. La reazione è duplice: la sinergia fra Expo 2015 e Fiera di Milano alimenta la sinergia fra Expo 2015 e tutto l’agroalimentare italiano. Un piccolo esempio: il 28 aprile, al Teatro Litta di Milano, discuteremo con i protagonisti dell’industria alimentare in una giornata significativamente intitolata “A 365 giorni dall’Expo 2015”.

Qual è la prospettiva per il Tuttofood che si svolgerà negli stessi giorni dell’Expo?
È molto, molto buona. Per questa manifestazione, che è biennale ed è dedicata esclusivamente al business to business, siamo passati da una prima edizione, nel 2007, che aveva una superficie di esposizione pari a 28mila metri quadrati, 908 espositori e 21mila visitatori a una ultima edizione, nel 2013, con 46mila metri quadrati, 1.733 espositori e 50mila visitatori. Lo scenario, per il 2015, è di grande interesse: a oggi, a quattordici mesi dalla rassegna, abbiamo già raccolto l’80% in più di adesioni fra gli espositori e siamo già a una superficie di 40mila metri quadrati. Ripeto: manca ancora più di un anno.

Lei, come amministratore delegato di Fiera Milano, ha un osservatorio privilegiato sui settori della nostra economia. La loro capacità di internazionalizzarsi e di proporre i propri prodotti sui mercati globali. Ma anche le loro debolezze e i loro deficit. Come valuta l’agroalimentare?
I punti di forza sono rappresentati da una qualità straordinaria. Non solo dei prodotti, che naturalmente costituiscono eccellenze uniche al mondo e per nostra fortuna non riproducibili – nonostante i mille tentativi di falso – vista la compresenza in essi di materie prime e tradizione, segreti nella trasformazione e capacità di marketing. Ma anche per la qualità dei processi industriali. Di recente sono stato in una impresa, nostra cliente, che produce salami. È stata una esperienza molto utile. Il rigore delle procedure, gli standard, la pulizia. Mi sembrava di essere in un ospedale o in un laboratorio di alta tecnologia. Sono stato molto orgoglioso di essere italiano.

E i punti di debolezza?
Il primo è l’assenza di una grande distribuzione italiana in grado di coprire i mercati globali. Cosa di cui invece beneficia l’agroalimentare tedesco e quello francese. Per questa ragione, occorre aiutare le imprese italiane nel processo di internazionalizzazione, come per esempio stiamo facendo con Food Hospitality World, una manifestazione itinerante che sta riscuotendo buoni successi in India, Brasile, Cina e Sud Africa. Un ausilio, per il quale è anche necessario che il sistema fieristico italiano divenga più forte, che consenta alle nostre imprese di superare gli svantaggi di una dimensione media inferiore rispetto a quella dei concorrenti stranieri, in particolare francesi e tedeschi.

Il nodo dimensionale riguarda, però, tutto il capitalismo italiano.
È così. Ma, nel caso dell’agroalimentare, serve davvero un salto dimensionale. Sono, in prospettiva, necessarie più imprese che – come Barilla o Ferrero – provochino un effetto trascinamento, all’estero, per le Pmi del comparto. La condizione di sub-ottimalità delle nostre aziende su una dimensione medio piccola, se va bene oggi, rischia di non andare più bene domani.

A proposito di marketing e di internazionalizzazione, il salone internazionale dell’alimentazione Cibus di Parma ha intenzione di entrare in Expo 2015 con un padiglione corporate. Che cosa ne pensa?
Non so con precisione che cosa stiano facendo. Certo non potranno fare una fiera, perché Expo 2015 non è una fiera. Potranno fare rappresentare a delle aziende le loro storie alimentari e di impresa. Non so quale vantaggio economico possano trarre le aziende che vi parteciperanno con questo intento. Oggi le imprese italiane devono fare business. Ma fare business non è la missione di Expo 2015.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-03-14/sinergia-tuttofood-ed-expo-064216.shtml?uuid=ABl77y2

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