mercoledì 10 Aprile 2024
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MOKA, SCRIVE CARUBELLI – «Sì, anche la caffettiera si deve pulire, come una pentola!»

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di Gianfranco Carubelli, CEO responsabile qualità e sicurezza Asachimici Group

Come ogni giorno, martedì 4 febbraio ho ricevuto e letto l’email di Comunicaffè, al cui interno ha attirato la mia attenzione l’articolo “ Moka – Il caffè è un simbolo italiano e la caffettiera, oltre a esaltarne il gusto, ne mantiene inalterate le proprietà organolettiche”. L’ho letto con piacere fino alle due ultime righe: “E la moka deve essere quella usata, annerita ai bordi, unica caratteristica garante di bontà oltre alla qualità del caffè”.

Nella mano che ha scritto quelle parole non ho avvertito alcun dubbio, alcun timore di dire qualcosa di errato, ma un grande falso mito che si tramanda di padre in figlio: la moka non si lava!

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Se invitassi l’autore a cena, in un bel ristorante, con un servizio effettuato utilizzando piatti sporchi, magari da giorni? Con cibi cucinati in pentole mai pulite?

La smorfia di disgusto che senza dubbio leggerei sul suo viso, si deve evidenziare anche davanti a una moka “annerita”, che tutto potrà trasmettere tranne la bontà del caffè che, al contrario, sarà sovrastata da sentori di rancido, di bruciato, alla faccia degli aromi che tanti torrefattori si sforzano di portare in tazza!

Mi ripeto, lo so, ma lo sottolineo di nuovo (gli affezionati di Comunicaffè hanno già letto queste mie parole due anni fa): La moka è la “padella” del caffè, e come tale deve essere lavata!

Altrimenti dalla caffettiera (come pure dalla macchina espresso) uscirà solo una ciofeca.

Alfonso Bialetti mise a punto il suo brevetto con il materiale che allora era il più lavorabile; oggi l’industria usa per lo stesso scopo altri tipi di materiale come l’acciaio inox oppure trattando le fusioni con processi di nichelatura il tutto per rendere le superfici a diretto contatto con gli alimenti meno porose e quindi più igieniche.

Gli oli e i grassi che si depositano sulle pereti delle attrezzature per caffetteria con il passare del tempo si ossidano dando origine a una trasformazione organolettica che tutti riconosciamo con il nome di irrancidimento.

Preciso che, in termini tecnici, l’irrancidimento ossidativo consiste in una serie di reazioni a catena, scatenate dal distacco di un atomo di idrogeno dalla catena di un acido grasso, e la conseguente formazione di un radicale libero.

Questa reazione di auto ossidazione è tanto più prolungata quanto più ossigeno è disponibile. L’irrancidimento ossidativo produce una varietà di composti, detti prodotti secondari: idrocarburi, esteri, aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, polimeri, ecc., che sono responsabili dell’odore di rancido degli alimenti grassi ossidati.

E allora, iniziamo a dire che la moka si lava! Ecco come.

Dopo 3-4 giorni di utilizzo (il tempo necessario affinché l’olfatto umano riesca a percepire l’odore di rancido), è bene lavarla con un prodotto sgrassante preferibilmente non profumato e a pH neutro (e smettiamola di consigliare prodotti acidi come limone o aceto, che corrodono le superfici).

Quindi va “avvinata”, utilizzando un termine enologico, effettuando un’estrazione con un decimo del caffè usato normalmente (da buttare). Solo a questo punto saremo in grado di gustare per altri 3-4 giorni (forse anche meno) una buona bevanda di caffè (va ricordato che il caffè è un chicco e in base a come verrà cucinato ci darà dei prodotti molto diversi tra loro).

Cortese Direttore, La ringrazio per la sua disponibilità.

Spero di non doverla disturbare di nuovo, anche se mi rendo conto che la cultura del caffè – tra cui ha un posto importante la pulizia di macchine e attrezzature – ha ancora molta strada da fare. Quando interventi come questo non saranno più necessari, sarà un grande successo, per entrambi e, più in generale, per il mondo del caffè.

Info: www.pulicaff.com

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