venerdì 19 Aprile 2024
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La caffeina dà la forza per superare i parenti, a Starbucks dicono che salverà l’America dall’abisso fiscale

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MILANO – Un caffè può risolvere situazioni impossibili, tipo quella in cui l’organismo dopo l’ennesimo pranzo post natalizio reclama soltanto di perdere i sensi sul divano ma c’è ancora tutto un giro di parenti da fare e tutta una serie di luoghi comuni ai quali sopravvivere.

Il caffè è sempre lì, “niger fortis dulcisque”, a offrire il suo salvifico conforto anche quando alla raffinata miscela colombiana comprata per l’occasione dalla zia equosolidale si preferirebbe la brodaglia industriale della macchinetta dell’ufficio, con quel retrogusto fangoso che sa a suo modo di libertà.

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Non serve dire delle qualità sociali, psicologiche, liturgiche e forse persino morali dell’infuso eccitante che aggrega e conforta. In America, il paese in cui c’è un istituto, un centro studi, un advocacy group o un think tank per qualsiasi cosa, il dottor Peter Martin e il suo Institute for Coffee Studies consigliano vivamente di “bere quanto più caffè potete e volete”, e se poi passate la notte incollati alla televisione con gli occhi in modalità “arancia meccanica” basta “eliminare l’ultima tazza di caffè del giorno” e l’effetto collaterale svanisce.

Ma il caffè è innanzitutto il regno incontrastato dell’abitudine, del macchiato caldo ma non troppo, del “io lo prendo amaro e non riesco più a berlo con lo zucchero”, di quelli che mescolano soltanto in senso antiorario e degli igienisti che lo bevono al bar con la mano sinistra per non posare le labbra sul lato dove statisticamente i più le hanno posate.

Anche Howard Schultz, che ha costruito l’impero di Starbucks, ha le sue abitudini, ad esempio quella di travestirsi da coscienza morale della politica quando il palazzo è troppo litigioso per prendere decisioni coraggiose e inderogabili.

La natura di Howard Schultz

E’ nella natura di questo imprenditore cresciuto in una casa popolare di Brooklyn e folgorato sulla via di Milano dall’osservazione che il caffè non era soltanto un prodotto da consumare ma anche un collante sociale, fare campagne nel nome dell’unità nazionale, invocare soluzioni pragmatiche in stile bloomberghiano e chi prende un caffè in questi giorni a Washington troverà una scritta sul bicchiere: “Come together”.

Schultz non poteva esimersi da un intervento sul “fiscal cliff” e mentre il leader del Senato, Harry Reid, al Congresso diceva che un accordo sul budget entro la fine dell’anno è “improbabile” e che lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, ha instaurato una “dittatura”, la popolazione del distretto di Columbia suggeva caffè bipartisan con quell’aria cinica che si addice agli abitanti della capitale.

Il debito pubblico Usa secondo Schultz

Basta con le mezze misure “I nostri rappresentanti non sono stati in grado di mettersi insieme e trovare un compromesso per risolvere la questione del debito pubblico, che è tremendamente importante e urgente”, ha scritto Schultz in un comunicato.

A parte gli sfottò tecnici – se il problema è ridurre il debito la soluzione più efficace è cadere giù dal “fiscal cliff”, altro che compromesso – l’appello caffeinico è stato accolto con un grido sintetizzato in una parola dal magazine New York: “Enough”.

Ne abbiamo abbastanza. Basta con il microblogging e gli hashtag sul governo di unità nazionale, basta con le campagne a pennarello per essere più tolleranti, con i caffè solidali e sorridenti: “Se davvero ti interessa così tanto la disfunzionalità e la più generale ‘shittiness’ (ci siamo capiti, ndr) del governo, è ora di smetterla con le mezze misure, devi correre per la presidenza”.

Un caffè risolve impicci privati, per evitare una nuova recessione bisogna calarsi giù dal cliff e magari planare in politica.

Fonte Foglio quotidiano

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