MILANO – “Come ogni mattina, volevo fare colazione con il caffè e latte ma mi resi conto che il latte era scaduto. E allora mi chiesi: ma perché, invece di buttarlo, non trasformarlo in altro, magari in un tessuto naturale?”.

Così Antonella Bellina, esperta di merceologia, racconta a StartupItalia! come è nato, nel 2013, il brand DueDiLatte, che identifica magliette e abbigliamento per bambini realizzati con tessuti ricavati dagli scarti del latte, nello specifico dalla caseina (principale proteina del latte).

Originaria di Pisa, grazie al contatto con la storica filiera tessile in Toscana, Antonella ha costruito un circuito virtuoso di collaborazioni per sviluppare in Italia l’intero processo produttivo dei capi DueDiLatte, ottenendo anche la certificazione Oeko-Tex, garanzia di un prodotto e processo, nel settore tessile, privo di sostanze nocive per la salute dell’uomo.

Dalla realizzazione del primo ciuffetto di fibra al latte ad oggi, c’è stato un lungo lavoro di sperimentazione del prodotto sul campo ma nel 2018 l’attenzione sarà rivolta al consolidamento della rete di vendita, partendo da Milano, per poi passare all’apertura di un e-commerce.

Intanto, tra gli ultimi riconoscimenti assegnati ad Antonella Bellina e a DueDiLatte, il premio Qvc Next Award per il prodotto più innovativo, vinto all’interno dell’edizione 2017 di Gamma Forum, evento nazionale dedicato all’imprenditoria femminile e giovanile.

L’intervista

Quali sono le origini della fibra al latte?

«La prima fibra di latte è nata in Italia negli anni ’30, nel periodo autarchico, grazie alla scoperta dell’ingegnere bresciano Antonio Ferretti. Il filato si chiamava Lanital e sostituì parzialmente la lana nella produzione dei tessuti, vista la sovra produzione di latte in Italia in quel periodo. Negli anni ‘60 le fibre sintetiche derivate dal petrolio decretarono la scomparsa del Lanital ma oggi, la crescente sensibilità verso la sostenibilità, l’innovazione, la creatività ma anche i problemi causati dallo smaltimento di alcuni scarti di produzione, ci portano e mi hanno portato a valutare delle alternative, come DueDiLatte».

Quali sono state le prime reazioni dei filatori e tessitori della Toscana quando gli hai parlato di un tessuto alla fibra di latte?

«Ricordo ancora il primo incontro che feci in un’azienda di filatura a conduzione familiare di terza generazione. Avevo con me un ciuffetto di fibra al latte e mi accolsero il padre, il figlio e il nonno. Ognuno ebbe una reazione diversa: il padre era perplesso, il figlio entusiasta all’idea di adottare questa innovazione e il nonno, in dialetto toscano, mi disse: “O bimba, filo anche l’erba del giardino!”. Da allora, c’è stata una discesa a catena per la realizzazione di questo progetto d’impresa, che ha visto il coinvolgimento delle migliori competenze del settore. È stata costruita una supply chain certificata che, a sua volta, ha permesso di sperimentare sul campo le soluzioni possibili, come: tessuti al latte intero (100% latte), latte parzialmente scremato (ottenuto dal latte e mescolato con un filato di cellulosa), e 100% latte di riso».

Come avviene la trasformazione della caseina in fibra tessile?

«Il punto di partenza sono i centri di raccolta degli esuberi di produzione, dove ci sono le eccedenze alimentari da smaltire. Qui viene recuperato il latte da cui è estratta la caseina che sarà trasformata da proteina alimentare a fibra tessile, grazie all’impiego di tecniche di bio-ingegneria e a un processo di riciclo sostenibile ed eco-friendly, che prevede un bassissimo livello di composti chimici e garantisce un notevole risparmio idrico (meno di due litri d’acqua per realizzare un chilo di fibra di latte).

Questo processo comporta un cambio di forma delle molecole della caseina: inizialmente sono come piccole sfere di una mora che poi si disaggregano e si dispongono su una linea. A questo punto vengono essiccate per diventare polvere da cui parte il processo di filatura a umido, che genera una nuvoletta simile allo zucchero a velo.

Segue la tessitura sui macchinari. Per ottenere il tessuto che viene poi spurgato dalla lavorazione grezza, attraverso un lavaggio senza detergenti. E poi rifinito per avere il suo aspetto più classico. Color bianco latte, leggero e molto morbido. La personalizzazione dei tessuti avviene utilizzando pigmenti naturali e delle temperature precise per l’asciugatura. Ogni fase del processo è affidato alle migliori maestranze e laboratori di confezionamento della Toscana. Ed è monitorato in ogni minimo dettaglio. Perché deve lasciare la caseina viva e attiva, per dare al tessuto proprietà idratanti per la pelle e un potere termoregolatore».

Quando e dove sarà possibile acquistare i capi DueDiLatte?

«Fino ad oggi è stata dedicata la massima attenzione allo sviluppo del prodotto. Che ho avuto la possibilità di presentare all’interno di diversi eventi dedicati al settore moda e alle startup. Ogni volta che qualcuno ha toccato una t-shirt DueDiLatte, è rimasto colpito dalla morbidezza ed è stato istintivamente portato ad annusarla. Un capo DueDiLatte non odora di latte ma sa di buono. Perché privo di trattamenti chimici o di candeggianti per la sbiancatura e perché nutre la pelle. Di recente, sono entrata in contatto con uno showroom a Milano. Ora stiamo valutando i migliori canali per portare sul mercato la collezione del prossimo anno. Dobbiamo consolidare la rete di vendita. Lo step successivo sarà vendere DueDiLatte anche su un portale di e-commerce».