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COLOMBIA – Produzione segna il passo, export in crescita

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MILANO – Dopo mesi di costanti incrementi, la produzione colombiana segna il passo. Secondo i dati diffusi la settimana scorsa dalla Federazione dei produttori della Colombia (Fedecafé), il mese passato sono stati raccolti 832.000 sacchi di caffè, contro 970.000 nell’aprile del 2013, pari a una flessione del 14%.

Il bilancio dall’inizio dell’anno rimane comunque positivo. Nei primi 4 mesi dell’anno solare 2014, i cafeteros hanno raccolto 3.545.000 sacchi di caffè: il 15% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno passato.

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Tra maggio 2013 e aprile 2014, la produzione è stata complessivamente di 11.342.000 sacchi, con un incremento del 32% rispetto ai 12 mesi precedenti.

Nei primi 7 mesi dell’annata caffearia corrente (ottobre 2013-aprile 2014), infine, la produzione è stata di 6.831.000 sacchi, ossia il 26% in più in rapporto allo stesso periodo del 2012/13.

Le note più positive vengono dall’export, che ha raggiunto, nel periodo maggio 2013-aprile 2014, quota 10.558.000 sacchi, pari a un +35% sui 12 mesi precedenti.

Dall’inizio dell’annata caffearia, la Colombia ha esportato 6.639.000 sacchi, contro 4.928.000 sacchi nei primi 7 mesi del 2012/13.

Gli imbarchi nei primi 4 mesi dell’anno solare 2014 sono stati di 3.709.000 sacchi, ossia un volume superiore del 31% a quello registrato nello stesso periodo del 2013. Mostra il segno più anche il dato di aprile, con 824.000 sacchi esportati, contro i 686.000 dell’anno scorso.

La ripresa delle quotazioni sui mercati internazionali porta nuova linfa nelle casse colombiane. Tra dicembre e aprile, il prezzo interno è aumentato del 110%. Sempre ad aprile, il valore delle esportazioni è cresciuto del 51% raggiungendo i 244 milioni di dollari.

Secondo Fedecafé, la ripresa produttiva ha consentito, negli ultimi 12 mesi, la creazione di 188 mila nuovi posti di lavoro nel settore caffeario.

Nonostante il migliorato quadro produttivo, il Movimento nazionale per la difesa e la dignità del settore del caffè è ridisceso sul sentiero di guerra dalla fine del mese scorso aderendo alla mobilitazione promossa da produttori agricoli e minatori contro il governo di Juan Manuel Santos, a poche settimane dalle elezioni presidenziali del 25 maggio.

I piccoli produttori che aderiscono alla protesta accusano l’esecutivo di avere disatteso molti degli impegni assunti in materia di sostegno ai prezzi, sussidi ai coltivatori, prezzi agevolati per combustibili e fertilizzanti, riscadenziamento dei debiti. Il governo obietta che le riforme strutturali messe in cantiere richiedono tempi lunghi per poter essere attuate e produrre risultati.

Le manifestazioni sono state perlopiù pacifiche, ma in alcune zone del paese (in particolare nella regione produttrice di caffè di Huila), la protesta è degenerata (soprattutto quando sono stati attuati blocchi stradali) in scontri violenti tra le frange più estremiste e la polizia, che hanno causato decine di feriti sia tra gli attivisti che tra le forze dell’ordine.

Le autorità di pubblica sicurezza affermano di avere rinvenuto armi da fuoco, esplosivo e biglie di vetro nei luoghi presidiati dai manifestanti. La polizia riferisce inoltre di attacchi con acido ai danni delle forze dell’ordine.

Il ministro degli interni Aurelio Iragorri sostiene di avere le prove che dietro a questi attacchi vi sarebbe anche la longa manus delle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, in lotta da cinquant’anni contro il governo di Bogotá.

I leader dei movimenti respingono le accuse e ribadiscono la legittimità della loro protesta.

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