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Cioccolato di Modica da Lidl: lo sconto divide i produttori

Fondamentale risorsa economica per la città, finora è stata venduta in circuiti elitari. Un'operazione di mercato ha generato una intensa discussione. Per il presidente del consorzio «è funzionale all'affermazione del prodotto nel mondo». Ma c'è chi la considera una minaccia alla produzione artigianale

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di Andrea Gentile*

MODICA (Ragusa)  – Tra le minute vie e gli ornamenti in pietra chiara degli iblei non era difficile inebriarsi dell’odore del cioccolato. Proveniva dai piani su cui lavoravano i mastri artigiani, al servizio dei notabili, a, quando questa era Contea dominata dagli iberici. Accade tutt’ora, dopo oltre cinque secoli, di ritrovarsi tra i laboratori odierni che mantengono un laborioso legame con il passato. Modica è la città in cui viene prodotto un cioccolato fragrante e antico, grumoso e ricco di aromi.

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Ma che ultimamente è finito anche sugli scaffali del supermercato Lidl, al prezzo speciale di un euro e 49 centesimi. Offerta che ha diviso i produttori tra chi vede un’opportunità di aprirsi al mondo e chi la considera una minaccia, per il costo troppo basso, alla produzione artigianale.

Nella cittadina iblea vengono organizzati eventi turistici e promozionali, producono diverse decine di produttori (alcuni da generazioni) ed esiste inoltre un consorzio di tutela del cioccolato modicano, il Ctcm.

Quest’ultimo opera dal 2003 per l’ottenimento del marchio di certificazione di qualità del prodotto, l’Indicazione Geografica Protetta. Le pratiche per vedere riconosciute con un simbolo le peculiarità del cioccolato modicano vanno avanti da più di dieci anni, ma non hanno ancora ottenuto l’agognato risultato.

Negli anni il cioccolato di Modica è riuscito ad occupare una solida posizione sul mercato nazionale; è solitamente venduto in circuiti elitari, come enoteche, aeroporti e boutique, a prezzi non proprio popolari. È profondamente apprezzato per le innegabili qualità organolettiche e ha persino innescato un circuito di turismo gastronomico che lo vede protagonista.

Nei giorni appena trascorsi un’operazione di commercializzazione è stata sulla bocca di tutti in città. Una barretta di cioccolato modicano da cento grammi venduta da Lidl a un euro e 49 centesimi. Si trattava di un’offerta speciale, considerato il costo abituale del prodotto, che oscilla dai circa 2 euro e 50 nella città di Modica a persino 5 euro nei negozi in aeroporto o in prestigiose enoteche del continente.

La catena tedesca ha comprato il prodotto dalla Antica Dolceria Rizza, famosa cioccolateria della città della Contea, la quale ha deciso di commercializzarlo senza esprimere il proprio marchio originale, ma etichettandolo semplicemente come «cioccolato modicano».

Un interrogativo è quindi finito sul banco (di lavorazione): si è trattato di una funzionale strategia di marketing o di un clamoroso danno all’immagine del prodotto? La risposta ha creato, come nei secoli di dominazione spagnola, vivaci scambi (di parole, non di spada) e opposte fazioni.

Favorevole alla scelta il direttore del Ctcm, Nino Scivoletto, che ritiene «l’operazione commerciale funzionale alla possibile affermazione del prodotto nel mondo». Scivoletto sostiene la tesi della totale libertà da parte dei singoli imprenditori del consorzio di agire in regime di libero mercato. «Il cda del consorzio inoltre ha potuto appurare che non è stata effettuata alcuna vendita sottocosto, ma una legittima operazione di sconto in un ridotto periodo di tempo, soli otto giorni. Per altro in compagnia di altri 23 prodotti a marchio Dop e Igp, sotto la cura de Il gambero rosso. E acquisisce inoltre la possibilità, attraverso gli spazi pubblicitari acquistati da Lidl, di venire a contatto con circa sei milioni di persone».

Di diverso avviso è il comunicato congiunto di una dozzina di produttori non appartenenti al consorzio. La svendita, così viene definita l’operazione, «non aiuta la tutela né la valorizzazione di un prodotto di alta qualità», e gli stessi paventano il rischio concreto di «una pericolosa corsa al ribasso».

Tra i firmatari, anche Franco Ruta, responsabile dell’Antica Dolceria Bonajuto, «la più antica fabbrica di cioccolato in Sicilia», fermamente contrario: «Riteniamo che il prodotto sia conosciuto già in tutta Italia e che non abbia bisogno di un lancio di questo tipo».

Ruta sostiene poi le difficoltà nelle trattative: «Adesso riscontriamo problemi con i diversi rivenditori; quella vendita, a un prezzo eccessivamente al di sotto della media, induce i consumatori a considerare possibile un prezzo basso che non tiene conto di costi provenienti da un laboratorio artigianale, tecniche antiche, dipendenti».

Con la conseguenza di «mettere a rischio il posizionamento sul mercato che era stato costruito». A protestare anche Carmelo Gintoli, della cooperativa Laboratorio Don Puglisi, che bolla l’azione come «un danno enorme a tutti i produttori di cioccolato modicano». Gintoli sostiene che «il consorzio non tutela la tavoletta, il prodotto; così si arriva ad un principio pericoloso: l’artigianato non ha motivo di esistere».

Mentre infiamma la polemica sulla singola operazione, l’intero tessuto produttivo modicano ancora attende la certificazione Igp, che potrebbe davvero rilanciare la commercializzazione del cioccolato.

Il direttore del Ctcm ha annunciato che il «comitato tecnico per la redazione del dossier che porta alla presentazione della domanda è composto da figure di rilievo, e si è già riunito nel novembre dello scorso anno e nel mese di febbraio potrebbe essere pronto per l’invio della documentazione utile al riconoscimento». È necessario non fallire stavolta; già alla prima occasione, nel 2009, il cioccolato modicano era stato bocciato.

C’è chi non nutre particolare fiducia sull’operato del consorzio. Come Ruta, della Antica Dolceria Bonajuto: «Già nel 2005 manifestammo il nostro disaccordo con le linee del Ctcm, e ci tirammo fuori; è sempre mancata la chiarezza e, nei fatti, non si è mai arrivati al riconoscimento del marchio».

Una risposta ancora più amara giunge da Gintoli, del Laboratorio Don Puglisi: «L’iter prima scorre, poi si arena di nuovo, così in continuazione; con il consorzio non si otterrà mai il marchio. Una soluzione sarebbe quella di andare avanti noi produttori in autonomia».

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