venerdì 12 Aprile 2024
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Borghese lancia l’appello virale: “Fatico a trovare profili per cucina e sala”

Svela lo chef: "Non credo che la figura del cuoco sia in crisi, ma ci si è accorti che non è un lavoro tutto televisione e luccichii. Si è capito che è faticoso e logorante. E mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità"

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MILANO – Il problema della mancanza di personale qualificato e motivato per lavorare nel mondo della ristorazione e ospitalità resta ancora un punto critico per tutto il settore. Sono tanti i gestori che si sono espressi per commentare questo fenomeno che contribuisce a ostacolare una ripresa già faticosa e ora, a portare in luce ancora una volta la questione, è niente meno che lo chef rockstar della televisione, Alessandro Borghese, che noi abbiamo intervistato in esclusiva ad HostMilano, qui. Scopriamo il suo punto di vista da imprenditore e cuoco di livello, dall’intervista di Alessandra dal monte su corriere.it.

Borghese wants u (ma la risposta scarseggia)

Racconta alla giornalista de Il Corriere: «Sono alla perenne ricerca di collaboratori: vorrei tenere aperto un giorno in più, il martedì, e aggiungere il pranzo anche in settimana. Ma fatico a trovare nuovi profili, sia per la cucina che per la sala». Alessandro Borghese, quasi 45 anni, cuoco e personaggio televisivo (ora impegnato su Tv8 con il nuovo show Game of talents), ha lo stesso problema di tanti suoi colleghi anche meno noti: la fuga del personale dai ristoranti. Quei 120 mila lavoratori a tempo indeterminato che durante la pandemia hanno deciso di cambiare mestiere, stanchi degli orari logoranti e degli stipendi bassi, non sono ancora stati rimpiazzati (dati Fipe). E se l’estate è stata affrontata con gli stagionali, ora il problema si ripropone: la Federazione italiana pubblici esercizi parla di 40 mila professionisti che mancano all’appello nel mese di ottobre, divisi tra camerieri di sala, cuochi e aiuto cuochi, pizzaioli, baristi.

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Fare lo chef non va più di moda?

Continua su Il Corriere: «Non credo che la figura del cuoco sia in crisi, ma ci si è accorti che non è un lavoro tutto televisione e luccichii. Si è capito che è faticoso e logorante. E mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità: chi si affaccia a questa professione vuole garanzie. Stipendi più alti, turni regolamentati, percorsi di crescita. In cambio del sacrificio di tempo, i giovani chiedono certezze e gratificazioni. In effetti prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano».

Per leggere l’intervista completa, cliccare qui.

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