sabato 13 Aprile 2024
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La professoressa Carla Severini, la ricercatrice del caffè: “Non solo piace ma fa anche bene”

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MILANO – Il caffè è una bevanda complessa che può esser analizzata da diversi punti di vista. Tra questi, uno tra i più affascinanti e la ricerca dal punto di vista scientifico, alla ricerca delle ragioni intrinseche dietro la qualità della materia prima. Un’indagine sempre in evoluzione, condotta da alcuni ricercatori. Prima tra questi, la donna del caffè di questa settimana, Carla Severini. La docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente dell’Università di Foggia che, in dieci anni, ha sperimentato la tazzina in 688 bar del Nord e del Centro Italia.

Qui, ha valutato le modalità di preparazione dell’espresso, un vero simbolo dell’Italia.

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Non è stata sola in questa impresa. Con lei, hanno condotto l’indagine Romani, Cevoli e Derossi. Del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Dipartimento di Economia e Ingegneria Agraria dell’Università di Bologna. Accompagnati dagli esperti della Essse Caffè. L’azienda di torrefazione dell’Emilia Romagna che ha sponsorizzato la ricerca.

Severini, che cos’è per lei il caffè?

“Come per tanti è il modo per iniziare la giornata, ma con la consapevolezza di più di trenta anni di studio sulle proprietà salutari del caffè. E’ importante pensare che qualcosa che piace fa anche bene.”

Potrebbe descrivere il suo mestiere?

“Il “mestiere” del docente universitario è molto particolare e molto affascinante. Noi passiamo la vita a fare ricerca e, a differenza di chi lavora in un istituto di ricerca non
universitario, mettiamo la nostra esperienza al servizio degli studenti. La ricerca è indispensabile per la didattica.

Ed è attraverso la ricerca che la didattica si rinnova e si aggiorna continuamente. Il rapporto con gli studenti è per me fondamentale. Spesso mi cambia l’umore della giornata, magari partita un po’ così e così.

Quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale?

“Non l’ho deciso io. Ma è accaduto quando, appena laureata all’Università di Bologna, la Unilever, che ha Algida tra i suoi marchi, commissionò al gruppo del professore con cui lavoravo, una ricerca sull’uso del caffè nel gelato. Fu la mia prima sfida lavorativa (vinta) e così sono rimasta legata, sentimentalmente e professionalmente, al caffè.

Un prodotto così complesso che dopo più di trenta anni di sperimentazioni mostra ancora tanti aspetti da scoprire. Ovviamente, i miei interessi si sono ampliati e ora coprono soprattutto le tecnologie innovative (vedi stampa 3D di alimenti) e le formulazioni alimentari. Ma il caffè rimane una linea di ricerca sempre aperta e viva nel nostro gruppo.

Da molti anni abbiamo una convenzione di ricerca con la Essse Caffè. Un’azienda di torrefazione emiliana, con cui lavoriamo costantemente per lo studio e il miglioramento della qualità del caffè espresso.”

E’ stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?

Soprattutto lavorativa. Ma mi capita sempre di cercare qualcosa che riguarda il caffè anche quando sono in vacanza, magari dall’altra parte del mondo.

C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?

“Domanda impegnativa. Forse di non farcela no, ma di non essere abbastanza forte da contrastare le difficoltà che qualcuno mi poneva di fronte e di cambiarne la rotta sì. La difficoltà più grande è stata sentirsi sola di fronte a dei competitor molto aggressivi e a volte non altrettanto competenti.”

Che cosa direbbe a quella se stessa del passato, in difficoltà?

“Di non mollare mai, di essere brava a resistere senza perdere umanità, passione, voglia di studiare e di lavorare. Di ricordarsi che la forza viene soprattutto dagli studenti, che hanno di fronte una vita intera di aspettative e non vanno deluse.”

E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?

“A loro direi non aver paura di pensarsi imprenditrici. Il mondo del caffè offre ancora tante possibilità. Nonostante in Italia ci siano già oltre 700 torrefazioni. Il caffè può essere pensato in un modo nuovo, come ingrediente di pasticceria. Come prodotto innovativo “funzionale”; arricchito con vitamine e minerali, come stiamo ora tentando di fare nell’ambito di una tesi di laurea.

Si sta affermando una nuova modalità di concepire i prodotti e il loro ciclo di vita; compreso il riutilizzo e la valorizzazione degli scarti, nel caso del caffè i panelli esausti. E poi, c’è l’enorme problema dello smaltimento delle capsule, che non sono riciclabili. Ci sarebbero ancora tante soluzioni da cercare e altrettante
opportunità lavorative per i giovani.”

Descriverebbe la sua giornata tipo?

“L’attività didattica è centrale e impegna molto, anche psicologicamente, ma il rapporto con gli studenti dà sempre stimoli nuovi. L’inizio della giornata è spesso dedicato alla lettura della posta elettronica per selezionarla e “smaltirla”. Molto tempo viene speso nel correggere testi, tesi di laurea; lavori scientifici da inviare, proposte per progetti; lavori che mi vengono inviati da riviste scientifiche del settore perché dia un parere sulla loro pubblicabilità.

Tra didattica e ricerca, l’impegno non consente molte soste. Ora che ho raggiunto un certo grado di esperienza, il mio compito è soprattutto quello di indirizzare le attività del team di ricerca, di valutare le proposte dei miei collaboratori. Di dare suggerimenti e, soprattutto, di stimolarli sempre a migliorare la loro preparazione.”

Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?

“Senza alcun dubbio. Quando ho cominciato la mia carriera non credevo affatto che essere donna mi avrebbe ostacolato, anche se ho dovuto subito affrontare le eccessive “attenzioni” di qualcuno. Pensavo fossero tutte esagerazioni. Poi, purtroppo, ho dovuto ricredermi. Una donna deve sempre dimostrare molto di più di un uomo per “meritarsi” la carriera ed è difficile essere riconosciute per la propria esperienza e competenza.

E’ emblematico il fatto che nel primo approccio con il mondo esterno (imprese, media, etc.) gli uomini sono naturalmente “professori”, anche se giovani. Mentre le donne sono sempre “dottoresse”, anche se di una certa età.”

Lo sguardo di Carla Severini, sul settore del caffè

“E’ stato molto interessante seguire l’evoluzione del caffè espresso, che ha puntato a una sempre maggiore qualità. Così come è accaduto in Italia nel settore del vino o dell’olio,
anche nel settore del caffè c’è stata una forte evoluzione per la valorizzazione del caffè espresso di qualità. Dal punto di vista della ricerca devo purtroppo osservare che a livello
internazionale gli studi sono ancora troppo concentrati sugli aspetti chimici e troppo poco su quelli tecnologici, che potrebbero invece offrire nuove soluzioni sia in termini di qualità che di sostenibilità ambientale della produzione.”

Come Carla Severini ha passato la giornata internazionale del caffè

“Ero in volo di ritorno da un Convegno internazionale proprio sul caffè, che si è svolto in Oregon. E’ un appuntamento che si rinnova ogni due anni in una città diversa del mondo. Ovviamente nei paesi più interessati alla produzione di caffè, sia come materia prima che come prodotto torrefatto ed estratto.

La giornata internazionale del caffè è un bellissimo appuntamento che richiama l’attenzione su un prodotto affascinante. A partire dalla sua coltivazione fino ai molteplici modi di utilizzare il prodotto finito. Il caffè è davvero un prodotto “globale”, che ogni paese del mondo ha declinato a suo modo; che è consumato ad ogni età ed in ogni condizione sociale.

Per fortuna oggi è scientificamente dimostrato che anche per le donne non ci sono limitazioni e che, anche in gravidanza, possono consumarlo senza temere alcun danno per il feto.”

Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?

“Quel tanto di irrazionale che permette di fare ricerca con un pizzico di fantasia in più.”

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