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Caffè della Lupa: quando l’amore per il caffè e per l’Italia è servito al bar

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SALENTO – In un panorama piuttosto scoraggiante, che racconta spesso storie di chiusure che colpiscono anche i locali più antichi, è rincuorante riportare degli esempi di persone che, invece, ce l’hanno fatto. Aprire un locale in questo periodo in Italia, non è mai una scelta da fare a cuor leggero.

Anzi: è necessario dotarsi di coraggio e un pizzico di follia. Due ingredienti che non sono certo mancati ai tre ragazzi che hanno avviato il Caffè della Lupa.

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Un’allegra brigata di giovani che hanno innanzitutto scelto di opporsi alla tendenza della fuga all’estero per rimboccarsi le maniche e fare la differenza a casa propria. Leggiamo quindi più nel dettaglio la loro storia, pubblicata su quotidianodipuglia.it, di Leda Cesari.

Caffè della Lupa, il richiamo delle origini

Dalla Svizzera, da Ferrara, da Caserta. Il primo cameriere, la seconda tecnica radiologa, il terzo agente immobiliare. Tra loro, vincoli parentali e sentimentali che hanno funzionato come una calamita. Portandoli qui, dove sono oggi, cioè a Lecce, in corso Vittorio Emanuele II, al civico 60.

Caffè della Lupa: a presidio e servizio il buon caffè

Affidati alle cure amorevoli di colei che spicca nello stemma di Lecce – la Lupa, appunto. E sotto l’occhio vigile di Sant’Oronzo benedicente a pochi passi da lì.

L’Amore, insomma, non è un dardo, come diceva Baricco, ma un imbuto. La storia la racconta per tutti e tre Carlo Scardino, 29 anni. Nato a San Cesario ma presto veleggiato verso la Svizzera, al seguito di suo padre. Il quale lavorava in un’azienda come ragioniere e che nel 2000 aveva solo un part-time, i figli piccoli e un mutuo da pagare.

Sicché la decisione era stata presa: tutti a Ginevra, a lavorare nel ristorante degli zii

E Carlo si era iscritto all’Alberghiero di Stresa, in quel luogo di bellezza divina che è il Lago Maggiore. Alloggiando durante la settimana al Collegio Rosmini – nelle immediate vicinanze dell’istituto – e riunendosi alla famiglia nel weekend.

“A scuola con giacca, cravatta e tesserino, rifarsi il letto, studiare fino a sera. Ecco la vita di quegli anni”. E l’inizio del corso da esperto degustatore presso l’Associazione Italiana Sommelier di Novara.

“Mi preparavo per andare a fare il cameriere nel ristorante dello zio”, racconta ancora l’interessato, “invece, a un certo punto, cominciai a sentire la nostalgia del Salento. Me ne tornai a San Cesario a casa della nonna. Lasciando così la mia famiglia a Ginevra, e terminai il corso per diventare sommelier con AIS Lecce, nel 2013”.

Inizia dunque per Carlo la stagione dei lavoretti

Villa Madama a Lizzanello, poi all’Hotel Risorgimento di Lecce, sempre come cameriere, per tre anni. Ma la voce del sangue e il desiderio di un futuro più stabile mordono, così nel 2015 il ritorno a Ginevra, a casa con i suoi. Per lavorare nel campo ancora una volta con lo zio.

“La Svizzera è un altro mondo. La vita costa molto, ma ciò che paghi per i servizi ti viene restituito al cento per cento. Se hai un problema puoi risolverlo, e comunque è come vivere al centro dell’universo. Su un pullman puoi anche trovare venti persone di altrettante nazionalità”.  Due anni di lavoro, poi – per incomprensioni familiari – l’ennesima svolta.

Carlo lascia il ristorante, e con lui suo padre. “Ci sarebbe piaciuto prenderlo in gestione da soli, ma non se ne fece nulla.  Cominciai quindi la trafila dei curriculum lasciati negli hotel migliori di Ginevra; andavo in giro tutto il giorno per farmi conoscere, perché di persona è un’altra cosa”.

Arriva dicembre 2016, e Carlo riceve una telefonata dalla sua ragazza, Alessandra Moramarco

Ventisettenne che nel frattempo si è laureata in Tecniche di radiologia medica a Ferrara e se n’è tornata a Lecce anche perché è rientrato Carlo, che poi però è ripartito alla volta di Ginevra. A Lecce Alessandra cerca il lavoro per cui ha studiato e si è laureata, ma – naturalmente – invano.

Ha fatto uno stage al Fazzi, vari concorsi. Poi ha lavorato come babysitter, immaginato di trasferirsi anche lei in Svizzera, ma senza costrutto. Perché è difficile approdare in certi Paesi se non hai già un lavoro e un’azienda che ti reclami. Quindi, un anno e mezzo di prova, poi se ne torna a Lecce.

“Aveva insomma cercato di sistemarsi anche lei, ma senza risultati. Era sconfortata. Poi, a dicembre 2016, aveva appunto trovato quell’annuncio di vendita attività in pieno centro a Lecce. Ne aveva ragionato con sua madre e aveva cominciato l’iter burocratico di approccio all’acquisto. E mi aveva chiesto: “Ti interessa?”.

Io ero titubante: situazione incerta a Ginevra, situazione incerta a Lecce

Un punto interrogativo grande come una casa”, racconta ancora Carlo, “ci ho messo due mesi a decidere”.

Riapprodato a Lecce a gennaio 2017, ma con molti dubbi, “visto che lavorare in Svizzera è molto gratificante e ti apre gli orizzonti, perché interagisci con gente fantastica.” Carlo è appunto estremamente combattuto: le possibilità professionali e sociali di Ginevra o la sfida nel cuore di Lecce, accanto ad Alessandra?

Si sa, l’amore vince ogni cosa

Anche le perplessità, anche la ragionevolezza. Così Carlo torna a Lecce per la seconda volta e si butta a capofitto nella nuova gestione del Caffè della Lupa, nel frattempo rilevato dalla sua ragazza. Un’avventura, nel vero senso della parola.

Lui cameriere e sommelier (“Ma un bar è una cosa assai diversa”), Alessandra ex tecnica radiologa. Poi, a completare il terzetto, Claudio, fratello di Alessandra, che, dopo essersi diplomato allo scientifico Banzi di Lecce e iscritto all’Istituto di Lingue Orientali a Napoli, lascia il suo lavoro a Caserta come agente immobiliare e trascina con sé nel Salento anche la sua ragazza. La quale oggi lavora poche vetrine più in là.

I genitori e la sorella di Carlo sono rimasti a Ginevra, “e mi dispiace essere tornato per la seconda volta nel Salento. Perché dopo i miei anni di collegio era la prima volta che si ricreava la nostra intimità familiare”. Ma che fare se lavoro e cuore ti portano lontano?

E’ la legge della vita: “Tu, uomo, lascerai tuo padre e tua madre etc. etc.”

Il Caffè della Lupa gestione Moramarco-Scardino è stato inaugurato il 5 maggio 2017, e va che è una bellezza, potendo contare su una posizione oggettivamente strategica e un’atmosfera giovane e frizzante come i suoi occupanti.

“Nessuno di noi aveva mai pensato di poter gestire un bar, un giorno, ma poi siamo stati catapultati in questo mondo e oggi siamo molto contenti. Tra noi c’è grande sinergia: dove non arriva uno, c’è l’altro. Sempre col sorriso, perché per gestire un bar bisogna essere anche un po’ psicologi”.

Non che la vita sia ogni giorno rose e fiori, beninteso

“Vita dura, quella del barista. Apriamo alle sette del mattino, facciamo i turni e d’estate si chiude solo quando decidono i turisti. Però ci divertiamo, abbiamo un bel rapporto tra noi – ho potuto approfondire grazie a questo lavoro la conoscenza con mio cognato – e con i nostri clienti.

I miei sono lontani, e divisi su questo: tornare nel Salento o no? Mio padre vorrebbe”, conclude Carlo, “mia madre e mia sorella stanno bene a Ginevra. Ed è giusto, non si può lasciare il certo per l’incerto, soprattutto a una certa età. Noi, però, siamo più giovani e l’abbiamo fatto. E ci è andata bene”.

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