giovedì 11 Aprile 2024
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CAFFE’ IMPOSTO – La Camorra dei Casalesi costringeva i bar del Casertano a usare un solo caffè

il racket denunciato dai commercianti. Profitti di 15 mila euro al mese

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NAPOLI – Adesso puntano sul caffè. Cambiano i tempi, ma il clan dei Casalesi, a dispetto degli arresti e dei sequestri, continua a imporre i prodotti distribuiti dai «propri» imprenditori agli altri operatori del Casertano. Consolidando a un tempo il potere del clan sul territorio. Alterando la normale concorrenza con ricadute sull’intera economia della provincia.

Casalesi: la mafia del caffè

Lo hanno scoperto i carabinieri di Casal di Principe. L’indagine è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Hanno arrestato su ordine del gip del capoluogo campano Daniele Costagliola, 35 anni, e Pietro Paolo Venosa, 42 anni. Già arrestato (e poi scarcerato) nel giugno del 2012. Insieme ad altri esponenti della famiglia Venosa, cosiddetta dei «Cocchieri», dal soprannome del fondatore Luigi Venosa. Lo storico boss dei Casalesi. Per loro l’accusa è di estorsione continuata e illecita concorrenza; aggravati dal metodo mafioso.

Cosa è emerso dalle intercettazioni e dalle denunce

I due imponevano ai titolari dei bar dell’agro aversano una sola marca di caffè; gli esercenti venivano così costretti ad acquistare almeno una confezione da 50 cialde al mese. Al prezzo di 50 euro ciascuna mentre la macchina del caffè veniva imposta a 600 euro. I profitti, circa 15mila euro al mese, finivano nella cassa comune del clan dei Casalesi.

«Da oggi dobbiamo portare noi il caffè e voi dovete prendere il nostro. Quello di prima non lo porterà più. Questa cosa l’abbiamo già detta a tutti i bar».

Così in un’intercettazione allegata all’ordinanza d’arresto Pietro Paolo Venosa imponeva il proprio prodotto a un barista. Venosa viene intercettato anche mentre parla con l’imprenditore estromesso dal settore. «Devi andare via e le macchinette per il caffè che hai installato le devi lasciare nei bar», ordina.

Sono state anche eseguite delle perquisizioni nell’azienda di torrefazione del caffè imposto dal clan

Per accertarne il coinvolgimento nel reato di illecita concorrenza.
«I commercianti non ce la fanno più a pagare la camorra anche a causa della crisi economica così, rispetto al passato, denunciano più spesso gli estorsori», ha spiegato il capitano dell’Arma di Casal di Principe Michele Centola.

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