mercoledì 10 Aprile 2024
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Autogrill– Parla l’amministratore delegato Tondato: “Dal cibo ai servizi, così cambiamo”.

Viaggio verso la qualità, il Bistrot che Autogrill ha aperto alla Stazione centrale di Milano. “Reti senza fili e diverso uso degli spazi per offrire a chi viaggia nuove ragioni per la sosta”

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MILANO – Reinventare gli autogrill. Gianmario Tondato usa proprio quel verbo – reinventare – per spiegare quanto profonda sia la trasformazione che ritiene si debba avviare nella ristorazione autostradale.

Un cambio di rotta che poggia su pochi, ma cruciali, numeri. Autogrill è oggi il principale operatore al mondo nei servizi food e retail al viaggiatore. Raggiunti infatti i 6 miliardi di fatturato, quasi 63 mila dipendenti; 5300 punti vendita in 38 Paesi.

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di LUCA UBALDESCHI*

Tondato: l’intervista

La parte retail e duty free (le vendite che valgono il 31% del fatturato) è in crescita con ottime prospettive. Mentre il settore food and beverage (pari al 69% del giro d’affari) fa buoni risultati negli aeroport. Tuttavia soffre un calo preoccupante lungo le autostrade. 

La risposta di Tondato

Ha 53 anni, da 10 amministratore delegato e artefice dell’espansione del gruppo. Per lui, si gioca su due piani: meno di un mesefa ha avviato la separazione delle attività travelretail e duty free. Questi confluiranno in una nuova società, da quelle food and beverage.

Quindi ha deciso di accelerare il rinnovamento degli Autogrill. Sia come organizzazione aziendale che come offerta ai clienti. Una mossa che potrebbe anche portare all’uscita da alcune aree di servizio in Italia, dal momento che il nostro Paese – sostiene – è prigioniero di una sorta di peccato originale.

Qual è, dottor Tondato?

«C’è un problema di sistema che provoca una grave distruzione di valore. Manca una presa di coscienza collettiva fra gli operatori, parlo dei concessionari autostradali. Di chi si occupa della ristorazione e degli operatori di carburanti.

Il punto è che non si lavora insieme a una soluzione, diversamente da quanto avviene all’estero».

Che cosa intende con «problema di sistema»?

«Che abbiamo un calo del traffico unito a una rete inefficiente. Negli ultimi tre anni le autostrade italiane hanno perso circa il 13% del traffico. Colpa della crisi, del prezzo della benzina, della concorrenza di alta velocità e voli low cost».

L’inefficienza delle rete, invece, in che consiste?

«Nell’avere troppe aree di servizio in un mercato che si contrae. Abbiamo un’area ogni circa 25 km di autostrada. Mentre la media europea è doppia».

Significa che abbandonerete alcuni Autogrill? 

«Se ci limitassimo a una valutazione economica dovrei arrivare al 30%. Il punto è che i costi continuano a salire. In Italia paghiamo affitti ai concessionari superiori al 20%. Mentre in Francia sono intorno all’8%».

Si stanno preparando le gare per il rinnovo della concessione in alcune aree di servizio. Voi ci sarete?

«Potremmo decidere di non presentarci. Se non cambia la struttura dei costi, ad esempio indicizzando gli affitti al volume del traffico. Considereremo tutti gli aspetti economici e anche le alternative di investimento all’estero».

Messa così, non suona come un ricatto?

«No, è nostra responsabilità, siamo un’azienda globale. Abbiamo ottime occasioni di crescita in India, in Turchia, ma anche negli Usa.

Qui realizziamo circa il 30% del fatturato di gruppo e oggi cresciamo del 2,5%. Ma di fronte ad altre condizioni, adeguate ai tempi di crisi, siamo pronti a rilanciare anche in Italia. Lo abbiamo appena dimostrato con Villoresi Est».

Villoresi Est è l’area sulla Milano-Laghi dove nel 1958 nacque uno dei primi Autogrill

Avete realizzato una struttura dall’architettura innovativa e con alta efficienza energetica. E’ il prototipo del nuovo modello di Autogrill?

«E’ un investimento da più di 10 milioni di euro. Lo abbiamo potuto fare perché la concessione dura trent’anni ed è su una tratta molto trafficata. Con 2 milioni di visitatori annui.

Non possiamo quindi replicarlo integralmente dappertutto. Ma contiene alcuni principi che, sì, sono parte dell’idea di Autogrill del futuro».

Quali sono questi principi?

«Per dirla con uno slogan, puntare sui servizi che mirano alla “gestione del tempo” dei clienti. Mi spiego: non diminuisce solo il traffico. Scendono anche i consumi di chi si ferma in autogrill e, per esempio, il pranzo completo e la cena sono meno frequenti.

Ecco allora che a chi viaggia devi offrire di più, dando un’ulteriore motivazione alla sosta. Mettere a disposizione spazi adeguati, la rete wireless, dei tablet; possibilità di vedere i notiziari tv.

O sistemare telecamere nel parcheggio per dare tranquillità. Insomma, vogliamo andare maggiormente incontro alle esigenze complessive del cliente. Non solo quella di bere un caffé o mangiare un panino».

Ma anche la parte alimentare è importante in questa trasformazione, vero?

«Fondamentale, frutto di un lavoro sulla qualità. Le cito un altro esempio, il Bistrot che abbiamo aperto alla Stazione Centrale di Milano.

Lavoriamo con l’Università di Pollenzo per cercare prodotti del territorio, garantiti. Prepariamo la pasta in loco e il pane con lievito madre».

Dobbiamo dire addio ai panini Fattoria o Rustichella?

«Le proposte tradizionali restano. Ma si affiancano a piatti tipici dell’area in cui ci si trova. Se lei si ferma in Autogrill a Piacenza, faccio un esempio, trova il meglio delle ricette gastronomiche locali.

Abbiamo studiato 16 giacimenti del gusto in Italia per altrettante proposte legate ai territori. Così controlli meglio i fornitori, riesci a trasmettere dei valori; a creare un rapporto diverso con il consumatore».

Locale e globale, è questa la filosofia da seguire?

«E’ anche la formula della riorganizzazione societaria. La nuova realtà di Autogrill è quella di un gruppo globale articolato su tre maxi aree. Europa, America, Resto del Mondo.

Ma con una struttura centralizzata per quanto riguarda strategie, marketing, controllo di gestione, risorse umane. Serve per ottimizzare i costi. All’impostazione generale, si affianca poi la declinazione nell’offerta al cliente legata ai diversi Paesi».

*Fonte: La Stampa

 

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