lunedì 15 Aprile 2024
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Assaggio e marketing sensoriale sempre più importanti anche per il caffè

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MILANO – L’analisi sensoriale diventa ancor più parte integrante del marketing del food. Perché in un mondo globalizzato qualsiasi azienda alimentare che intenda commercializzare i propri prodotti in un mercato nuovo, oggi più che mai, deve tenere conto della storia e dello specifico culturale del pubblico al quale si rivolge.

Abitudini e tradizioni di consumo in campo alimentare, infatti, rimangono tuttora molto diverse da un angolo all’altro della terra. E condizionano la percezione stessa del gusto.

Per questo, affidarsi a degli specialisti dell’analisi sensoriale per valutare a priori il potenziale di un prodotto in un certo mercato rispetto a un determinato target diventa fondamentale.

Repubblica.it, in un articolo di Caterina Maconi, definisce, a tale proposito, un concetto nuovo: quello del marketing della percezione. E racconta la storia di Sensory value, un’azienda spagnola che si avvale di una metodologia innovativa focalizzata sul food&beverage.

Ma ecco cosa scrive l’articolo

Per un competitor italiano del food, posizionare un proprio prodotto all’estero non è mai un’operazione semplice. Tra le molteplici variabili da tenere in considerazione, c’è l’accoglienza che può ricevere da parte dei consumatori. Tarati spesso su parametri di gusto differenti da quelli nostrani.

Un esempio:

In Europa una birra si beve servita fredda, a circa 4-7 gradi. In Cina è tutto diverso, si passa agli 8-12 gradi. A queste temperature, cambiano addirittura le percezioni organolettiche e le note amare funzionano. Mentre, a basse temperature, si perdono. Un’azienda deve esserne a conoscenza, se vuole entrare in quel mercato. E agire di conseguenza, per esempio modificando ad hoc la propria ricetta, adattandola ai gusti locali senza snaturarla.

Lo stesso genere di problematiche viene affrontato da tempo anche dal settore del caffè

Basti pensare alle difficoltà che ha incontrato inizialmente l’espresso italiano nell’affermarsi nei mercati esteri, in ragione delle diverse caratteristiche organolettiche della bevanda, della diversa temperatura e del diverso concetto di caffè tradizionalemente prevalente in altre culture.

Sensory Value

In Italia sono sempre di più le imprese di medio-grandi dimensioni (fatturato superiore ai 500 milioni di euro) che cercano un supporto che le indirizzi nel compiere questa operazione. Una società spagnola fondata nel 2010, Sensory value, ha intercettato la domanda italiana e nel 2013 ha aperto un ufficio a Roma.

Specializzata in food&beverage, offre un servizio di consulenza alle imprese che vogliono innovare o lanciare all’estero i propri prodotti. In 18 anni ne ha testati oltre 8mila, dal pane al cioccolato, dalla birra, al caffè, le bevande analcoliche, sughi, pasta.

Il sistema Sensory Spectrum

E negli ultimi 5 anni oltre 120 progetti sono stati portati avanti con obiettivo esportazione. Si distingue dagli altri player che utilizzano metodologie standard per un approccio che sfrutta un sistema statunitense chiamato Sensory Spectrum.

Le attività di consulenza di Sensory value si articolano in due momenti, che avvengono spesso in parallelo. Uno viene affidato a un pool di esperti, i giudici sensoriali, l’altro ai consumatori finali.

I giudici sensoriali sono 20 in tutto, operativi a Barcellona divisi in due panel. Seguono il metodo Spectrum “di analisi sensoriale descrittiva  – spiega il direttore commerciale Italia di Senosory value, Eleonora Albanese – che permette la valutazione organolettica oggettiva dei prodotti, sfruttando punti di riferimento uguali per tutti i nostri giudici”.

Come un’analisi del sangue

Per rendere l’idea di quello che fanno questi super esperti del gusto, si potrebbe fare un parallelo con le analisi del sangue, cartina di tornasole dello stato di salute di un individuo.

“Lavorano quattro ore al giorno perché è un impiego molto stressante dal punto di vista della concentrazione. Fanno test in blind, ovvero senza conoscere quello che stanno assaggiando, il brand che c’è dietro e la storia che ha. Sono in una cabina e ogni 20 minuti assaggiano qualcosa”. E lo descrivono.

Una fotografia organolettica

Tornando all’esempio della birra, definiranno quindi note tostate, di malto, luppolo, floreali. Poi compilano una parte quantitativa di attribuzione di un valore numerico – da 0 a 15 per attributi di sapore, consistenza e aspetto, da 0 a 5 per la parte olfattiva – per scattare la fotografia organolettica, da restituire all’azienda.

“Tutto viene provato in duplicato da più esperti – prosegue Albanese – e vengono fatte analisi anche con pack diversi proposti dall’azienda”; perché veicolano il sapore in modo differente.

I giudici sono formati per essere allineati sulle stesse scale di intensità e il loro responso viene anche analizzato da software statistici per verificarne l’affidabilità. Passano da una stretta selezione e da un percorso di formazione e allenamento che dura più di un anno e mezzo. Come per i nasi nella profumeria, la loro è una dote naturale che va scoperta. Tra i rari articoli che non sono chiamati a testare c’è il vino: “se ne occupano i sommelier, attenti a valorizzare anche i difetti”, racconta Albanese.

La parola ai consumatori

I difetti dei prodotti nel circuito di Sensory Value invece li scoprono i consumatori: è con loro che viene portata avanti la seconda parte di consulenza. Un campione di almeno 75 persone è selezionato con vari criteri tra il target di riferimento e nel Paese dove l’azienda vuole investire. Assaggiano il prodotto e lo valutano seguendo il proprio gusto personale. In questo modo Sensory value capisce se è di gradimento e le possibilità di successo che ha.

A questo punto l’analisi è terminata e sta all’azienda capire come fare per aggredire un nuovo mercato. Se risulta dallo studio dei giudici che un prodotto è amaro e si punta a un mercato tarato su sapori dolci, è bene modificare la ricetta per commerciarlo. “È un passaggio importante – conclude Albanese – perché spesso è decisivo in un determinato Paese per permettere lo spostamento di un articolo dallo scaffale del cibo etnico allo scaffale premium”.

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