giovedì 11 Aprile 2024
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Andrea Illy, l’intervista: “L’anno Covid non ha impattato sui bilanci”

Illy: “Maggiore budget in marketing per aumentare la consapevolezza del marchio, investimenti sul modello operativo accogliendo la trasformazione digitale che ci permette di abbracciare il ciclo del cliente aumentando le vendite ecommerce, il lancio della capsula compatibile per altri sistemi concorrenti, la rivisitazione del canale della distribuzione”

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MILANO – Il Coronavirus è arrivato e ha cambiato molte delle abitudini più consolidate nelle società di tutto il mondo: basta solo pensare a baci e abbracci, per non parlare dell’indossare continuamente la mascherina sul volto. Alcune hanno detto addio al rossetto (si fa per ridere), ma qualcosa ancora resta nonostante la pandemia, ovvero, il caffè. Un rito che certo si è modificato e che ha trovato le sue vie per continuare ad esistere quotidianamente nella routine degli italiani, commentato da Andrea Illy. L’imprenditore ha analizzato il contesto alterato dal Covid, e noi leggiamo l’intervista di Fabio Savelli sul corriere.it.

Andrea Illy analizza il cambio di consumi

Qualunque cosa succeda il caffè continuiamo a berlo. L’anno Covid appena andato in soffitta ci dice che si sta soltanto riequilibrando il mix di consumo spostandosi maggiormente tra le mura domestiche. “Due tazze a casa, una fuori – dice Andrea Illy al timone dell’azienda di famiglia in cui è appena entrato, con una partecipazione di minoranza, il fondo di private equity Rhone Capital già protagonista della crescita di Unieuro –. Siamo davanti ad una trasformazione dei modi di consumo che rimarrà anche dopo la fine dell’emergenza per il maggiore utilizzo dello smart working.

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Diminuirà quindi il consumo in ufficio, ma aumenterà altrove. Cresceranno gli acquisti online di capsule, proprietarie o compatibili. Ma anche le piattaforme evolveranno col tempo. Perché cresceranno etailer specialisti di certi segmenti di mercato. Noi siamo pronti anche col nostro canale ecommerce”.

Però abbiamo appena assistito al tracollo dei punti vendita fisici. Occorre ripensare completamente le strategie?

“Ovvio. Con l’ingresso di Rhone Capital vogliamo finanziare la crescita nel mercato nord-americano che già pesa per il 20% del fatturato. A tendere deve quanto meno pareggiare o superare il mercato italiano che incide per il 35% dei volumi. Nel piano che avevamo pensato solo un anno fa affidando a Goldman Sachs per la ricerca di un partner internazionale immaginavamo un’apertura capillare di punti vendita esperienziali e monomarca negli Stati Uniti. Non accadrà. Ci focalizzeremo solo sulle grandi città e nei luoghi di passaggio come stazioni ed aeroporti. Con maggiori costi di gestione ma anche maggiori marginalità. Vede l’Italia è un mercato asfittico ormai. Dobbiamo diversificare all’estero”.

Perché gli Usa dove il consumo di caffè non è certamente tarato sul formato espresso?

“Per questo dobbiamo costruire un’offerta diversa, anche con le capsule per il caffè lungo americano, per intercettare le abitudini del consumatore. Negli Usa c’è il mercato di caffè più grande al mondo. Presenta marginalità importanti per le possibilità di spesa dei cittadini, è posizionato sull’alto di gamma. Era inevitabile cercare un partner come Rhone Capital, perché in tutti i mercati serve una guida locale altrimenti gli esiti diventano imprevedibili. Ha una strategia operativa paragonabile ad un family office con una struttura manageriale corta con cui dialogare costantemente. Si è specializzata su investimenti trans-atlantici e con partecipazioni di minoranza. Con una logica di medio-lungo termine”.

Andrea Illy, si può avere qualche dettaglio in più sulla quota e sulla valutazione dell’azienda?

Andrea Illy: “Sono dati coperti ancora da riservatezza, ma posso commentare sul fatto che le indiscrezioni uscite sulla stampa non sono corrette (il 20% per una valutazione di Illycaffè di circa 1 miliardo, ndr.). Attendiamo l’approvazione dell’operazione da parte delle autorità Antitrust. Quel che posso dirle è che l’anno Covid non ha impattato sui bilanci grazie a quattro direttrici di intervento, pertanto siamo orgogliosi della nostra capacità di resilienza anche a marzo ed aprile quando il canale Horeca, tra ristorazione, bar ed alberghi, è andato giù dell’80% e siamo dovuti correre ai ripari”.

Quali azioni avete intrapreso?

Andrea Illy: “Maggiore budget in marketing per aumentare la consapevolezza del marchio, investimenti sul modello operativo accogliendo la trasformazione digitale che ci permette di abbracciare il ciclo del cliente aumentando le vendite ecommerce, il lancio della capsula compatibile per altri sistemi concorrenti, la rivisitazione del canale della distribuzione”

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“Certo. Abbiamo già una società a Shanghai, siamo presenti in 16 città, con un tasso di cresciuta a doppia cifra, siamo presenti sia nel fuori casa che in casa. Ma dobbiamo individuare delle priorità, allocare le risorse sul marchio nel miglior modo possibile. La penetrazione di consumo pro-capite è ancora marginale, un decimo di quello dei Paesi europei, ma ci sono già adesso 200 milioni di cinesi che consumano caffè”.

E sul riassetto nella holding di famiglia? Andre Illy, suo fratello Francesco vuole uscire dal capitale…

“Sì gli altri tre rami della famiglia compreranno in parti uguali la sua quota”.

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