giovedì 11 Aprile 2024
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Andrea Illy non ha dubbi: “Nel futuro di illy c’è la produzione carbon free”

Illy: «Sono ottimista per il futuro: viviamo in un’epoca geologica, l’antropocene, in cui l’azione umana e i suoi effetti sull’ambiente sono centrali. I 150 anni dell’antropocene, confrontati con la vita della Terra, sono come 5 millisecondi: il battito d’ali di un’ape. Ecco quanto breve è il tempo in cui abbiamo provocato questo squilibrio. Abbiamo lo stesso tempo per porre rimedio: un altro battito d’ali»

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MILANO – Torna a parlare il presidente illycaffè, Andrea Illy, che interrogato da Ilaria Donatio per ilriformista.it, ha risposto ad alcune questioni importanti sul futuro carbon free dell’azienda di famiglia. La sostenibilità e il rispetto per l’ambiente sono temi essenziali per il futuro non solo dell’impresa triestina, ma più in generale del mondo e questo non è certo sfuggito all’intervistato.

Carbon free nel futuro illycaffè

L’intervista ad Andrea Illy, presidente di Illycaffè, dura quasi un’ora. Per tutto questo tempo, Illy non fa il minimo cenno alla quantità di riconoscimenti e certificazioni internazionali in tema di responsabilità socio-ambientale che l’azienda di famiglia, fondata nel 1933, ha raccolto sotto la sua presidenza. La ragione per cui li ha meritati, però, resta al centro di tutto il discorso. Saranno le origini ungheresi, oppure, più probabilmente, è l’imprinting della sua formazione di chimico. Fatto sta che a guidarlo, nel suo percorso di imprenditore come nel modo in cui lo comunica, è il metodo: rigoroso e scientifico.

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«Illycaffè nasce da un sogno: quello di offrire il miglior caffè al mondo. Un sogno filosofico: perché l’idea era che fosse migliore non solo per il suo gusto, ma anche per il modo in cui veniva prodotto». Lo dice dopo aver parlato diffusamente di tutto: dalla fotosintesi clorofilliana, all’arricchimento del suolo con carbonio organico, alla biomassa e alla rizosfera. E, dunque, della necessità di passare da un modello di sviluppo di tipo estrattivo a uno rigenerativo: «Le emissioni di gas serra – ricorda – sono dovute per il 90% alla combustione di combustibili fossili e l’agricoltura convenzionale, ad altissima produttività, è responsabile per circa il 30% di quelle emissioni. Lo dico senza biasimo, perché non si sapeva, ma è avvenuto».

Queste osservazioni – oggi ormai patrimonio comune – hanno fatto da ponte per l’avvio di Regeneration 2020-2030 (https://www.regeneration2030.eco/event/newhome) il programma lanciato a Parma lo scorso ottobre e che vede un largo gruppo di imprese, istituzioni e individui, collaborare per un triplice impegno – economico, sociale e ambientale – in vista del 2030.

Le tre direttrici del programma sono: economia rigenerativa, azione sul clima e benessere mondiale. Con la raccomandazione del doppio beneficio per l’ambiente e per la salute umana (lo stesso del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico – Ipcc).

«Abbiamo voluto fare un lavoro di strategia, definendo cosa è la regeneration – un processo biologico che si applica alla cellula: dai microorganismi ai sistemi biologici complessi – stabilendo quali scopi ha – e infine abbiamo fatto una road map».

La governance a medio termine del programma è in mano alla Regenerative Society Foundation, la fondazione neonata di cui Illy è copresidente insieme all’economista Jeffrey D. Sachs.

«Il focus della Regenerative Society Foundation è conservare il capitale naturale (vegetale e geologico) minacciato o danneggiato in passato e conservare la vita in buona salute», spiega Illy. «Ci siamo detti: in agricoltura tutto questo processo è già avviato e si può accelerare».

Da qui la convinzione di poter realizzare un modello di “virtuous agriculture”, un’agricoltura virtuosa che persegua il doppio beneficio per l’ambiente e per la salute umana. Si tratta di dimostrare scientificamente che «coltivando in un certo modo si hanno dei cibi più salutari, dunque, non solo salubri (ndr che non fanno male alla salute) ma che fanno bene alla salute».

Nel 2015, la Illycaffè vara un programma su vasta scala

E’ partner ufficiale dell’Expo di Milano, la prima esposizione universale dedicata al cibo. Ma il 2015 è anche l’anno della conferenza di Parigi sul clima (Cop21) che fissa l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 e di diventare carbon free entro il 2050.

«Abbiamo condotto uno studio approfondito sull’impatto del clima sulle produzioni nei prossimi venti anni e scoperto che si investe troppo poco: non più di 350 milioni di investimenti in progetti per l’adattamento climatico nei paesi produttori. Ma per investire di più serve un modello finanziario grazie al quale i paesi consumatori di caffè, quelli occidentali, possano finanziare questi progetti di investimento».

Così Illy prende un anno sabatico in cui inizia a studiare alla ricerca di un modello con il quale il caffè possa diventare carbon free:

«Entro la data del 2033, l’anno del nostro centesimo anniversario, l’obiettivo sarà nostro e per quanto possibile avverrà in maniera circolare». Come? Con l’agricoltura “virtuosa”. Spiega Illy: «La stiamo sperimentando: abbiamo due piantagioni di caffè che hanno l’obiettivo di essere carbon neutral (un’azienda è definita ‘carbon neutral’ o ‘carbon free’ quando rimuove la stessa quantità di anidride carbonica che emette nell’atmosfera per raggiungere l’obiettivo Net-Zero emissions, emissioni nette zero, ndr). Una in Guatemala e una in Etiopia. Stiamo perfezionando i programmi didattici per preparare i membri della comunità locale, gli stessi agricoltori, per sperimentare a tutto campo queste pratiche agricole virtuose».

Dallo scorso anno, Illycaffè è diventato “benefit corporation”: “un’azienda sociale”, spiega Illy, «che persegue il miglioramento della qualità della vita per tutti i portatori di interesse. Come? Attraverso la sostenibilità economica, sociale e ambientale».

Un’idea perseguita a partire dagli inizi del Duemila, quando il settore del caffè è entrato in una crisi profonda che ha fatto piombare i paesi produttori in uno stato di povertà e malnutrizione. Negli anni 90, l’azienda ha scelto, pionieristicamente, l’approvvigionamento diretto: «Solo così avremmo potuto scegliere i lotti migliori, avere una tracciabilità dei processi e dare il giusto compenso ai produttori senza costi di intermediazione».

Dice Illy:

«Sono ottimista per il futuro: viviamo in un’epoca geologica, l’antropocene, in cui l’azione umana e i suoi effetti sull’ambiente sono centrali. I 150 anni dell’antropocene, confrontati con la vita della Terra, sono come 5 millisecondi: il battito d’ali di un’ape. Ecco quanto breve è il tempo in cui abbiamo provocato questo squilibrio. Abbiamo lo stesso tempo per porre rimedio: un altro battito d’ali». Altri 150 anni per convertire il modello di produzione da estrattivo a rigenerativo.

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