lunedì 25 Marzo 2024
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ACRILAMIDE NEL CAFFÈ – E’ inutile provocare allarmismi che, in assenza di doverosa informazione, portano a reazioni non giustificate

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Dalla Corte
Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè

di Diego Favale*

Grave allarme ha suscitato l’inchiesta di Report di lunedì 7 aprile sul caffè, bevanda per eccellenza degli italiani. Sorvoliamo sulle modalità errate con le quali alcuni baristi preparano l’espresso col risultato di utilizzare acqua sporca e piena di residui.

Qui occorrerebbe fare l’elogio della moka che non presenta tali inconvenienti.

E’ autolesionistico demonizzare una delle nostre eccellenze, soprattutto in prossimità della stagione turistica.

Robusta o arabica, lasciamo che siano i torrefattori a formulare le miscele più appropriate e tali da incontrare il favore dei consumatori.

E’ a tutti noto che il caffè contiene proteine, grassi, minerali e carboidrati.

E’ ricco di sostanze naturali con proprietà antiossidanti, sviluppa una protezione nei confronti di varie patologie come il morbo di Parkinson, il declino cerebrale dovuto all’età avanzata e i rischi cardiovascolari.
Tutto ciò è vero se assunto con moderazione.

Ciò che ha richiamato l’attenzione nella trasmissione è l’accenno che è stato fatto a possibili rischi, sullo sviluppo dell’acrilammide, il nuovo fantasma che si aggira sulle tavole dei consumatori europei. Il professor Matteo Russo, responsabile ricerca del San Raffaele Pisana di Roma, dice che i residui sottoposti ad alta temperatura liberano sostanze pericolose quali composti furanici e acrilammide.

Vediamo di capire di cosa si tratta.

Tutto è cominciato nel 2002 quando un gruppo di ricercatori svedesi fece la sorprendente scoperta della formazione di acrilammide negli alimenti trattati ad alte temperature.

Si tratta di una sostanza chimica che si forma nei prodotti alimentari, a base di amido, fritti, tostati e al forno cotti a temperature che superano i 120°C.

Inizialmente l’acrilammide era conosciuta per il suo impiego nella produzione di materie plastiche, colle, carta, cosmetici.

Tale sostanza, se ingerita a lungo, danneggia il patrimonio genetico provocando tumore al colon o al retto come dimostrato da test effettuati sui ratti.

Uno studio francese indica che un ragazzo di 20 kg di peso che mangia un sacchetto di patatine fritte assume una quantità di acrilammide di gran lunga superiore alla dose giornaliera consentita (secondo i dati OMS).

La soglia è di 0,5 microgrammi per kg di peso corporeo: un individuo di 70 kg può assumere non oltre 35 microgrammi al giorno.

La Comunità Europea ha diramato una raccomandazione (647/2013) richiamando l’attenzione degli stati membri sull’argomento e pubblicato una tabella con i valori indicativi sui principali prodotti alimentari che sono (in microgrammi su kg di prodotto) 600-1.000 per le patatine, 1.000per pain d’èpices, 900 caffè (solubile) istantaneo, 2.000-4.000 per succedanei di caffè a base di cereali ed oltre e a scendere 500 per biscotti e crackers…

Quindi l’acrilammide rappresenta una potenziale preoccupazione sanitaria e gli Stati Membri sono stati invitati, con detta raccomandazione, a monitorare i livelli per un periodo di tre anni.

Per ritornare al caffè, la raccomandazione della Commissione Europea india in 450 microgrammi per chilogrammo il valore indicativo del contenuto sul caffè torrefatto.

Indagini da me personalmente svolte sul caffè maggiormente consumato in zona, di una nota e diffusa torrefazione locale, ha portato a valori addirittura inferiori di oltre la metà a quanto indicato.

Per cui per assumere 35 microgrammi al giorno, un consumatore dovrebbe consumare almeno 300 grammi di caffè, quantità indubbiamente enorme come dose giornaliera, atteso che per fare un buon espresso occorrono appena sette grammi di caffè.

Quindi tranquilli, anche per le modeste quantità di caffè ingerite giornalmente.

La conclusione è che è inutile provocare allarmismi che, in assenza di doverosa informazione, portano a reazioni non giustificate.

Non v’è prova che l’ingestione di acrilammide porti l’insorgenza di tumori nell’uomo.

Poiché attualmente non si può valutare con precisione il rischio per i consumatori, in un ottica di prevenzione e di tutela della salute è senz’altro consigliabile ridurre l’assunzione di determinati alimenti.

Le industrie alimentari vanno adottando misure per ridurre la formazione di acrilammide negli alimenti, attraverso controlli di qualità avvalendosi di tecnologie appropriate.

I consumatori, per parte loro, evitino una eccessiva cottura per evitare imbrunimento esagerato degli alimenti (dorare non carbonizzare) limitando ai bambini il consumo eccessivo di patatine fritte, chips e pane tostato.
Allora concludiamo con il professor Matteo Russo: chi beve caffè campa di più.

*Diego Favale è docente universitario e consulente Quarta Caffè SpA

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