mercoledì 10 Aprile 2024
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Quante cose da scoprire in un sorso di caffè

Come ci aiuta e ci condiziona, perché è meglio non abusarne. Oltre gli stereotipi, le verità sulla bevanda più amata dagli italiani

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di Claudia Carucci*
“E ora un bel caffè”.
Sorseggiato bollente, al mattino, appena svegli; ordinato al
termine di un pranzo o di una cena al ristorante; assaporato come benefico ristoro nelle pause di lavoro.

Il caffè segna in modo netto e preciso i diversi momenti della giornata e influenza il nostro stato fisico.

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Si potrebbe dire che è una bevanda con personalità: colore nero, odore intenso, gusto vigoroso; che lo si consumi caldo o ghiacciato, rappresenta sempre una sorta di spartiacque tra qualcosa che è avvenuto prima e quel che ci sarà dopo.

A qualcuno regala energia, per altri è un rito irrinunciabile; alcuni lo considerano un rimedio contro disturbi come il mal di testa e c’è chi invece non riesce a tollerarlo perché troppo pesante per lo stomaco.

Per gli Italiani il caffé è quasi un culto, così come la pastasciutta o la pizza.

Siamo conosciuti in tutto il mondo per il nostro «espresso» e molto difficilmente tolleriamo le varianti annacquate di questa bevanda proposte all’estero.

Alcune nostre tradizioni popolari parlano addirittura di regole da seguire se si vuole bere la “tazzulella” come si deve.

I Napoletani applicano quella delle “tre C” in base alla quale “o cafè” deve essere gustato rigorosamente «comodo», «caldo» e «carico».

Ma quali sono, al di là di miti e abitudini culturali, le caratteristiche specifiche di questo alimento? Quanto ne possiamo bere e in che modo potrebbe incidere sulla nostra salute? Perché su alcune persone non ha alcun effetto, mentre ad altre provoca insonnia e nervosismo?

Abbiamo approfondito il tema con l’aiuto di Elga Baviera e Sabina Rubini, biologhe, esperte in Sicurezza degli Alimenti e membri della Commissione Permanente di Studio “Igiene Sicurezza e Qualità” dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

Dove e in che modo viene coltivato il caffè?
Il caffè è un arbusto sempre verde appartenente alla famiglia delle Rubiacee coltivato nei paesi della fascia subtropicale e tropicale dell’America, in Asia e Africa. Il nome è di origine incerta, potrebbe derivare dall’arabo “quahouch” o da Coffa, città dell’Abissinia, da cui proviene la specie maggiormente conosciuta: la C. Arabica.Vengono coltivate in campo aperto e il periodo di raccolta varia a seconda dell’area geografica e del clima del paese. La maggiore produzione mondiale proviene prevalentemente dall’America Centrale e Meridionale e dalla costa orientale dell’Africa.

Quali sono le condizioni climatiche necessarie perché si possa coltivare?
Le piantine hanno bisogno di un clima caldo umido, con frequenti piogge e temperature intorno ai 20°C per crescere e svilupparsi. Dopo circa tre anni iniziano a produrre i frutti, le drupe, la cui maturazione è identificata da un intenso colore rosso. La raccolta avviene manualmente o meccanicamente, dopo di che avviene la separazione del chicco dal frutto. I paesi importatori effettuano la tostatura eliminando con apposito meccanismo di scarto i chicchi fermentati, rovinati o non maturi.

Quanti tipi di caffè esistono?
Tra le più conosciute vi sono la Coffea arabica e la Coffea robusta note ed apprezzate per il loro gusto e adattabilità di coltivazione e di cui esistono molte varietà. Il seme dell’arabica è leggermente più allungato ed è quello maggiormente prodotto. Meno popolare la Coffea Liberica coltivata soprattutto in Africa e Malesia, produce bacche di maggiori dimensioni e di gusto intenso.
Alla fine sono le diverse miscelazioni di prodotti provenienti da paesi diversi a determinare il gusto e l’aroma della bevanda.

Il caffè americano ha una diversa qualità o è semplicemente preparato con più acqua?
Il caffè americano viene preparato generalmente per infusione della polvere del caffè in acqua bollente e si prepara tramite una macchina apposita dotata di serbatoio e portafiltro. L’aroma e il gusto sono meno intensi dovuti anche alle diverse miscele utilizzate rispetto a quello italiano.

Una alternativa di gran moda in alcune località è quella di preparare infusi con i fiori di caffè essiccati, che dicono sprigionino tutto il caldo e aromatico sentore della pianta del caffé.

Comunque quello americano è più leggero e digeribile?
Nella preparazione del caffè americano la quantità di caffeina, cui concorrono temperatura e tempi di infusione, è inferiore rispetto a quella tipica della preparazione italiana ed è oltretutto diluita. Certo è che l’uso e spesso l’abuso che si fa di questa bevanda smorzano notevolmente gli effetti di questa diluizione.
La bevanda viene consumata nelle tipiche “mug” di forma cilindrica, grandi protagoniste della vita sociale e culturale di questo paese. Al MOMA di New York ne sono esposte di iconiche.

Come viene realizzato il caffè privo di caffeina?
Esistono diversi metodi per estrarre la caffeina dal caffè. Quello più naturale è la cosiddetto estrazione ad acqua e filtrazione in carboni attivi; in questo caso il chicco viene “stressato” in quanto bisogna ripetere il processo diverse volte e ciò causa perdita di altre sostanze. Vi è anche l’estrazione con CO2 che agisce da solvente estraendo la caffeina, oppure il metodo che utilizza diclorometano o acetato di etile. I chicchi vengono poi trattati con il vapore per eliminare i residui di solvente, asciugati e tostati.

Quando prendiamo il decaffeinato al bar possiamo essere sicuri che davvero non contenga caffeina?
Il processo di estrazione non elimina totalmente la caffeina, ne rimane sempre una minima percentuale. Secondo la Direttiva 1999/4/CE la dicitura «decaffeinato» è definita per quei prodotti il cui tenore di caffeina anidra non sia superiore, in peso, allo 0,30 % della sostanza secca ottenuta dal caffè, oppure secondo il DPR 16 febbraio 1973 n.470 si parla di «caffè decaffeinato» quando la caffeina non è superiore allo 0,10 % per il caffè crudo o torrefatto.

Come precisato, quindi, il processo di estrazione non sarà mai del 100%, tanto è vero che la legislazione nazionale e comunitaria ha normato la quantità massima che può essere presente nel decaffeinato. Sono in atto studi rivolti alla produzione di piante prive dell’alcaloide caffeina, prendendo spunto da alcuni arbusti che crescerebbero allo stato selvaggio in Madagascar.

I bambini possono ingerire caffè? E se sì in quali quantità?
Se per ingestione di caffè intendiamo dire che i bambini possano ingerire caffeina, allora si può affermare citando gli stessi dati scientifici dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che: “Le dosi singole di caffeina considerate non preoccupanti per gli adulti (3mg/kg pc al giorno) possono essere applicate anche ai bambini, in quanto la velocità alla quale bambini e adolescenti metabolizzano la caffeina è per lo meno pari a quella degli adulti”.

È difficile che un bambino consumi una bevanda quale il caffè, sotto ogni qualsiasi delle sue forme (espresso, moca, solubile), ma l’attenzione da parte dei genitori in questo specifico caso deve essere rivolta al consumo di tutte quelle bevande (come tè, bevande gasate a base di cola) o a quegli alimenti come la cioccolata (quella fondente contiene più caffeina di quella al latte) apparentemente innocue che però se consumate con un certo abuso possono far sforare facilmente il livello di sicurezza della caffeina da ingerire, indicato dalla stessa EFSA.

Quali patologie organiche portano a sconsigliare il consumo di caffè?
Come si sa il caffè contiene tra le altre sostanze anche la caffeina, un alcaloide molto simile a quello contenuto nel cacao (teobromina) e a quello contenuto nel tè (teofillina). Essa agisce a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC), gastrico e cardiovascolare stimolandoli.

Ovviamente in piccole dosi può migliorare la concentrazione e l’efficienza così come dosi eccessive, al contrario, possono procurare effetti collaterali quali nausea, irrequietezza, insonnia, etc.

In soggetti predisposti o con patologie l’azione cardiostimolante del caffè può procurare aritmie, tachicardie oppure influenzare la pressione arteriosa ovvero stimolando la secrezione acida, motivo per il quale ne andrebbe evitata l’assunzione in pazienti con patologie a carico dell’apparato gastrico.

Perché alcune persone dormono anche se prendono il caffè prima di coricarsi mentre altre sono condizionate dalla caffeina?
Alcune persone sostengono di non poter dormire dopo aver bevuto caffè e ciò è dovuto al fatto che non tutti i soggetti riescono a metabolizzare il caffè che normalmente viene eliminato attraverso il sistema epatico oltre che con le urine.

Si parla in questo caso di “emivita”, ossia la capacità di ridurre del 50% la quantità di una sostanza nel corpo, che nel caso specifico sarebbe di circa 4 ore. Chi ha un metabolismo della caffeina più lento subisce naturalmente gli effetti di questo alcaloide in maniera più prolungata.

Ricordiamo però che l’uso abituale del caffè determina una certa tolleranza nei confronti di questa bevanda e ciò spiega come mai, nei soggetti che ne fanno scarso uso, l’assunzione sia spesso sufficiente a scatenare alcuni disturbi quali l’insonnia, l’ansia o le cefalee.

Come mai il caffè in certi casi fa passare il mal di testa?
La caffeina viene utilizzata per ridurre l’emicrania in quanto induce una vasocostrizione con effetto analgesico. In più se assunto in contemporanea con farmaci anti-infiammatori ne potenzia l’efficacia. Anche in questo caso “in medio stat virtus” quindi ricordiamoci che un eccesso di consumo può procurare una vasodilatazione con conseguente rischio di emicrania!

Caffè misto a latte, una bevanda molto amata. Chimicamente è una combinazione poco digeribile o innocua?
L’associazione tra il latte ed il caffè tende già di per sé a formare sostanze che necessitano di molto tempo per essere digerite, ma nel caso del cappuccino la schiuma di latte potenzia questa caratteristica rendendo quest’ultimo meno digeribile rispetto ad un semplice caffelatte.

In termini scientifici con l’alta temperatura l’azione dei tannini (sostanze presenti nel caffè torrefatto) ed in particolare l’acido tannico tende a legarsi alla caseina del latte, dando luogo ad un composto il tannato di caseina, difficile da digerire.

Più un caffè è costoso e più è buono?
Definire un caffè “buono” è sicuramente una percezione soggettiva legata al senso del gusto che può variare da palato a palato. Certo è che esistono tipi di caffè “molto gustosi” che possono arrivare a costare anche migliaia di euro, per le modalità particolari con cui vengono lavorati.

Qualche esempio.
a)Il Kopi Luwak una tipologia di caffè coltivata principalmente in Indonesia che può arrivare a costare circa 700 euro al chilo. La sua particolarità consiste nel fatto che i chicchi vengono estrapolati dagli escrementi dello zibetto, un animale notturno che si aggira nelle coltivazioni di caffè del sud est asiatico, il quale seleziona le bacche di caffè più mature e dopo averle mangiate, ne espelle la parte più indigesta, ossia i chicchi. Dalla lavorazione di questi chicchi si ottiene una bevanda priva di qualsiasi retrogusto amaro, grazie alla parziale fermentazione da parte degli acidi e dagli enzimi presenti nello stomaco dell’animale, una bevanda dal gusto talmente vellutato da ricordare il cioccolato.
b)Il Black Ivory Coffee, prodotto nel nord della Thailandia, che però superando il primo può arrivare a costare fino a 900 euro al Kg. In questo secondo caso ci riferiamo a chicchi di qualità Arabica che, in modo simile al caso precedente, vengono ingeriti dagli elefanti e poi raccolti dalle loro feci. Anche in questo caso il gusto viene influenzato dall’azione degli enzimi digestivi degli elefanti (processo che può durare dalle 15 alle 70 ore), che rompendo le proteine del caffè, permettono di ottenere una bevanda meno amara e quindi più gustosa.

Che cos’è l’orzo?
Definita dagli antichi Greci la “tisana di Ippocrate” è una bevanda analcolica che viene consumata al posto del caffè espresso, ma che viene ottenuta dal cereale, appunto l’Orzo (dal latino hordeum), dopo essere stato raccolto, essiccato e tostato.

Il caffè d’orzo, a differenza del caffè, non contiene alcuna sostanza stimolante, né tanto meno la caffeina, al contrario risulta una bevanda dalle proprietà digestive ed antinfiammatorie indicata come dopo pasto, soprattutto alla sera, quando non si vuole assumere caffeina prima di andare a dormire.

Molto utilizzata, quindi, da tutte quelle persone che per motivi di salute, soggetti anziani o che soffrono di ipertensione, non potendo assumere sostanze stimolanti, gradiscono comunque consumare una bevanda dal gusto amarognolo e dall’aspetto che ricorda molto il caffè vero e proprio.

Caffè caldo e caffè freddo, hanno le stesse caratteristiche?
Se si considera un caffè caldo ed un caffè in ghiaccio, utilizzando un classico esempio possiamo dire che, se un caffè freddo senza zucchero è amaro, lo stesso caffè preparato e bevuto caldo risulterà ancora più amaro, in quanto il calore ha il potere di amplificare la sensazione dell’amaro e del dolce, mentre riduce quella del salato. Quindi il tutto è riconducibile alla percezione delle nostre papille gustative.

Cosa cambia tra il caffè preparato con la moka e quello espresso del bar o delle moderne macchinette per casa?
Molto è dato dalla macinatura, il caffè utilizzato per preparare la moka, infatti, è macinato in modo meno fine rispetto a quello utilizzato per fare l’ espresso, quest’ultimo ottenuto facendo passare un getto di acqua calda sotto pressione attraverso uno strato di caffè macinato sottile (procedimento di infusione sotto alta pressione di vapore acqueo), mediante le apposite macchine che vediamo nei bar.

Ricordiamo, inoltre, che esiste una sostanziale differenza tra caffè espresso corto o ristretto ed un caffè espresso lungo. A differenza di ciò che si possa pensare, nel primo caso il caffè esprime non solo al massimo il suo aroma, ma ha un contenuto di caffeina molto basso, a differenza del caffè espresso lungo che anche se meno denso, grazie al fatto che nelle macchine viene fatta defluire più acqua, presenterà al contrario una percentuale di caffeina maggiore data dal fatto che la stessa quantità di posa di caffè viene, per così dire, “utilizzata” in misura maggiore.

Per una persona perfettamente sana quanti caffè sono consigliati in un giorno?
L’EFSA indica negli adulti un quantitativo di caffeina da consumarsi, pari a 300 mg per peso corporeo per un individuo adulto e sano, che sarebbe grosso modo l’equivalente di tre tazzine di caffè espresso, di 6 tazze di tè, nonché di 10 lattine di coca cola, 8 tazze di cioccolata calda e circa 400 gr di cioccolata extrafondente. Se a questi aggiungiamo in alcuni casi l’utilizzo di farmaci (analgesici e anoressizzanti) o creme brucia grassi che contengono la nostra sostanza stimolante, rischiamo di sforare la dose giornaliera.

Pertanto quello che va sempre considerato, come regola generale, è l’effetto cumulativo che i diversi alimenti e le sostanze possono avere come effetto finale sul nostro organismo.

Caffè corretto? In quali termini può essere dannoso e in quali benefico.
Per caffè corretto si intende quella bevanda in cui al caffè espresso viene aggiunta una sostanza di origine alcolica o superalcolica (grappa, brandy aromatizzato, sambuca, etc.) che generalmente viene consumata a seguito di lauti pasti, poiché considerata ad azione digestiva.

L’azione digestiva non è proprio dimostrata, ma sicuramente la componente alcolica grazie alla sua azione vasodilatatoria stimolando la secrezione salivare, gastrica ed intestinale potrebbe facilitare in un certo qual modo la digestione.

Nel caffè corretto, non va trascurato l’aspetto calorico della bevanda. Se normalmente una tazzina di caffè amaro e senza latte contiene circa 2 calorie, l’aggiunta dell’alcol ne comporterà molte di più. Elemento da valutare nel caso di regimi ipocalorici.

Il caffè solubile ha le stesse caratteristiche di quello da usare per la moka e ha solo una diversa preparazione?
La differenza tra il caffè solubile e la moka può essere ricondotto al suo metodo di preparazione, che ci dà come risultato finale un differente quantitativo di caffeina nella bevanda.

La caffeina risulta inferiore nel caffè solubile e più elevata nella moka tradizionale. Il quantitativo di caffeina aumenta ulteriormente nel caffè che si ottiene con percolazione gravimetrica, come accade utilizzando la caffettiera napoletana.

Esiste il caffè migliore del mondo?
Non si può parlare di miglior caffè, ma di caffè più pregiato. Oltre a quelli già citati ricordiamo

Il caffè dell’Hacienda La Esmeralda uno dei caffè più rari che esistano al mondo e che cresce nelle piantagioni di Panama.

Il Jamaica Blue Mountain coltivato su una catena che si erge per più di 2500 metri sul livello del mare, famoso in tutto il mondo per la sua altissima qualità e perché si usa come base per la preparazione di un noto liquore al caffè.

Infine ricordiamo il caffè Fazenda Santa Ines la cui varietà è la Yellow Bourbon prodotto in Brasile, pregiato in quanto la sua raccolta viene da sempre fatta a mano.

Una curiosità: esiste una prestigiosa competizione legata al caffè, la Cup of Excellence, che ogni anno assegna gli “Oscar del caffè”, in base alla valutazione di alcuni parametri ritenuti fondamentali tra i quali: l’aroma, la dolcezza, il sapore, l’acidità, la mancanza di difetti ed il retrogusto.

Esiste il caffè peggiore del mondo?
La non bontà del caffè la possiamo ricondurre a diversi livelli, sotto l’aspetto igienico sanitario in un caffè per il quale non venendo rispettate le condizioni igienico sanitarie si ha lo sviluppo durante il raccolto, la fermentazione, lo stoccaggio ed il trasporto delle micotossine causate dalla presenza di muffe contaminanti il prodotto.

Oppure nel caso delle frodi alimentari parlando di adulterazione, una azione fraudolenta in cui si effettua la sostituzione di una parte del prodotto con un altro scadente o diverso o di basso costo, che nel caso del caffè corrisponde all’aggiunta di caffè d’orzo torrefatto al caffè macinato.

Come regola generale dobbiamo diffidare di quelle marche che sponsorizzano prodotti a costi troppo bassi.

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