giovedì 11 Aprile 2024
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DOPO REPORT, IL CONFRONTO – Scrive Andrej Godina: Caffè Gambrinus – Napoli (Italia) vs. caffetteria Coffee Planet – Santa Rosa (Honduras)

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di ANDREJ GODINA (FOTO)

20 settembre 2014: durante il viaggio per l’organizzazione della prossima edizione del coffee talent show Barista &Farmer in

godina caffè cattivoHonduras ci siamo fermati, durante la seconda tappa di trasferimento da Copan Ruinas a Las Capucas, a Santa Rosa dove ha sede il Beneficio Santa Rosa che raccoglie e processa il caffè di questa regione.

Di fronte all’impianto c’è una piccola caffetteria, 50 mq quadri, dove viene servito il caffè in espresso, filtro e chemex assieme a granite, succhi di frutta e una modesta scelta di pasticceria tipica honduregna.

Quando viaggio sono sempre curioso di assaggiare i caffè proposti nel mercato locale per un confronto, quindi mi sono avvicinato al banco e, devo essere sincero con un po’ di pregiudizio, ho ordinato un espresso e un caffè preparato con la caffettiera chemex.

La barista che mi ha preparato l’espresso ha eseguito tutte le operazioni correttamente: ha sganciato il porta filtro eliminando il caffè esausto, ha pulito il filtro con un pennello, ha erogato la polvere di caffè con un macinacaffè on demand senza sprechi – la pressatura è stata effettuata con un pressino manuale esercitando una buona pressione – e prima di agganciare il portafiltro ha erogato acqua dal gruppo al fine di pulire la doccetta.

Anche se la macchina espresso è di basso livello qualitativo, l’erogazione dai beccucci, dopo la preinfusione, ha lasciato prevedere che la percolazione sarebbe avvenuta correttamente e che nei canonici 25 secondi la quantità in tazza sarebbe stata quella corretta.

Immediatamente dopo l’erogazione la tazzina mi viene servita con un sorriso.

Dopo questa premessa riporto in sintesi le valutazioni della tazzina appena degustata in Honduras e quella che ho avuto modo di assaggiare quando fui invitato dalla redazione di Report a Napoli al rinomato caffè Gambrinus di piazza del Blebiscito.

La tazzina del caffè Gambrinus in occasione della trasmissione Report di Rai 3:

crema: evanescente di colore scuro, sottile e non consistente, s’intravede il liquido nero sottostante; aroma: rancido, terroso, paglia, latte di mandorla, cacao amaro, nocciola tostata; gusto: molto amaro, non è acido, non è dolce; corpo intenso ma ruvido e astringente; retrogusto intenso e persistente con note aromatiche prevalentemente legnose, leggermente bruciate e di cacao amaro.
Voto: 4
Prezzo: 1,10 euro

La tazzina della caffetteria Coffee Planet assaggiata durante il viaggio organizzativo di Barista & Farmer 2015: crema: colore nocciola, tessitura fine con lievi note striate di colore marrone/rossiccio; aroma: intenso e gradevole con note di biscotto, frutta secca (uva sultanina, sciroppo di lampone), pan tostato e nocciola, cioccolato al latte; gusto: straordinariamente dolce con una leggera nota acidula, non è amaro; corpo discreto e morbido; retrogusto piacevole e persistente con note di biscotto, frutta secca e cioccolato.
Voto: 8
Prezzo: 0,70 Usd  circa 0,54 euro

Le conclusioni che si possono trarre ed evidenziare da questo episodio possono essere molte: io personalmente vorrei porre l’accento ad un evidente “corto circuito” del sistema italiano del caffè espresso che ha prodotto l’originale fenomeno per il quale un paese produttore di caffè che fino a qualche anno fa era conosciuto per offrire sul mercato interno un caffè di pessima qualità e preparato solamente con i metodi tradizionali, ora è riuscito ad esprimere un caso in cui ha nettamente sorpassato l’antica e obsoleta tradizione del caffè espresso italiano, espressa in questo mio intervento dall’antico e blasonato gran caffè Gambrinus di Napoli.

In questi ultimi anni c’è stato – e c’è ancora, un certo fermento degli operatori della filiera per riuscire in qualche modo, e direi che questo “modo” risulta essere goffo e grottesco, a salvaguardare la primogenitura dell’espresso vantando una sorta di “Denominazione d’Origine” di cui l’unico risultato visibile agli occhi del consumatore è quello di rimanere radicati e chiusi in una vecchia tradizione che porta ogni giorno nelle milioni di tazze consumate nel Bel Paese un caffè di scarsa qualità, preparato con miscele ricche di robusta e in media tostato male.

Lo scenario futuro è quindi tragico: l’Italia viene già relegata dagli operatori internazionali di caffè specialty come un paese dove bere il caffè non è immaginabile, dove i torrefattori sono aziende che finanziano i locali piuttosto che essere produttori di caffè, dove in media il torrefattore non assaggia e non controlla la qualità del caffè che compra e dove il tostatore non ha alcuna professionalizzazione e ha imparato a tostare attraverso la tradizione orale che si è tramandata in azienda durante il susseguirsi delle generazioni.

Il corto circuito di cui accennavo prima – che è già realtà, consiste nel fatto che a breve la detenzione del know how del caffè di qualità si sta spostando dall’Italia agli altri paesi, e non inendo solamente alcuni paesi consumatori dove ciò è già realtà come Svezia, Danimarca, UK, Sud Corea ma anche paesi produttori di caffè!

Quale possibile cura? Sicuramente la formazione sul caffè e l’aggiornamento professionale degli operatori attraverso corsi e consulenze specifiche che possano riportare l’Italia ad avere le conoscenze in merito al caffè di qualità.

Diviene perciò vitale la creazione di centri formativi d’eccellenza e di scuole baristi che siano in grado di formare gli operatori in tutti i campi della filiera. Ritengo di fondamentale importanza la formazione del barista che ha il delicato compito di scegliere la materia prima per la preparazione del caffè e gestirla tazzina dopo tazzina nel migliore dei modi al fine di offrire una tazza di qualità e trasferire al su cliente la cultura del prodotto.

In secondo luogo il termine “viaggiare”: in media il torrefattore italiano per approvvigionarsi della materia prima percorre qualche centinaio di chilometri, una volta l’anno, per visitare la fiera di settore di riferimento per quell’annata e mi riferisco a HOST di Milano e la Triestespresso Expo: nei restanti 11 mesi attende la puntuale visita dell’agente di caffè verde che gli propone i caffè disponibili al momento in magazzino.

All’estero non è così: l’operatore che vuole distinguersi e fare un prodotto di qualità percorre migliaia di chilometri andando a visitare i produttori di caffè nei paesi d’origine al fine di scegliere la materia prima di suo gradimento e per conoscere il produttore e vedere i metodi di lavorazione applicati.

Solamente in questo modo è in grado di conoscere la materia prima, le sue peculiarità e capire come poterla trattare al meglio durante il processo di tostatura.

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