domenica 24 Marzo 2024
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Bar: pagare il caffè con il bancomat è ancora un miraggio

L’emendamento alla legge di stabilità proposto dal PD che introduceva i micropagamenti elettronici sotto i 30 euro è ancora in attesa dei decreti attuativi: senza obblighi né sanzioni, “è lettera morta” dicono gli esperti. In Europa la legge che stabilisce i tetti alle commissioni interbancarie per favorire l’utilizzo delle carte è realtà, e l’Italia dovrà adeguarsi entro il 2018

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ROMA – Abolizione della soglia dei 30 euro sotto cui gli esercenti possono negare i pagamenti con carta di credito o bancomat; tagli alle commissioni per le piccole transazioni e sanzioni per chi non accetta i pagamenti elettronici.(sopra la tabella riassuntiva pubblicata sul sito del Corriere della Sera)

L’annunciato emendamento alla legge di stabilità per consentire tutto questo c’è, in effetti. Il problema è che mancano i decreti attuativi che il governo si era impegnato a promulgare entro il 1° febbraio 2016.

In sostanza: non è cambiato nulla.

Non solo: ad oggi anche chi rifiuta un pagamento con il bancomat per un importo superiore ai 30 euro rimane impunito, visto che non sono previste multe per i trasgressori.

La legge di Stabilità 2016, varata a dicembre 2015, aveva effettivamente dato la speranza di poter “pagare un caffè con bancomat e, da luglio, i parcheggi nelle striscie blu”. Sei mesi dopo la data che avrebbe dovuto segnare l’effettiva entrata in vigore della norma, però, tutto è ancora fermo.

Negli stessi giorni in cui si apprende che i termini di applicazione della riforma Madia (sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione) sono slittati da agosto a dicembre , anche della rivoluzione sui pagamenti digitali – che doveva essere “la risposta del Pd all’aumento della soglia per il contante a 3.000euro” – non c’è dunque traccia.

“Al fine di promuovere l’effettuazione di operazioni di pagamento basate su carta di debito o di credito e in particolare per i pagamenti d’importo contenuto, ovvero quelli di importo inferiore a cinque euro”, si legge nell’emendamento in questione, “entro il 1 febbraio 2016, il Ministero dell’Economia e delle Finanze […] prevede mediante decreto ad assicurare la corretta ed integrale applicazione del Regolamento UE n. 751/2015”.

“Se scrivi una norma, ma poi non gli dai la giusta applicazione, essa rimane lettera morta”, commenta l’avvocato Fulvio Sarzana, esperto di diritto dell’economia digitale . “Non puoi dire che entro febbraio lo fai e poi non lo fai: è ridicolo. Questo continuo rimandare vuol dire che non c’è la volontà di risolvere il problema, altrimenti si sarebbe scritta una norma autoapplicativa”.

L’eliminazione del tetto dei 30 euro si inseriva sulla scia della legge del 30 giugno 2014. La nuova legislazione prevede la possibilità di rifiutare il pagamento elettronico nei casi di oggettiva impossibilità tecnica (si pensi a un guasto della linea). Ma quali siano i casi di “oggettiva impossibilità tecnica” è ancora tutto da stabilire. Naturalmente, con un decreto attuativo.

L’anno scorso i pagamenti digitali con carta – di poco superiori al 20 per cento (164 miliardi di euro stimati) – hanno rallentato la loro crescita rispetto al 2014 (anno “drogato” dal provvedimento legislativo), scrive in un report l’ Osservatorio Mobile Payment & Commerce . Nonostante il vuoto normativo attuale, i pagamenti eletronici in Italia sono in costante aumento.

I MOTIVI DELL’ ARRETRATEZZA SUI PAGAMENTI DIGITALI

L’assenza di sanzioni per chi non consente i pagamenti con carta di credito e bancomat è uno dei due elementi fondamentali che stanno rallentando il processo di modernizzazione del Paese, secondo l’avvocato Sarzana. Il secondo è “la fissazione del tetto alle commissioni bancarie”, che avrebbe dovuto essere introdotto a febbraio.

Sono infatti alti i costi di attivazione e di servizio che gli esercenti sostengono per effettuare transazioni elettroniche. Pagare con bancomat o carta costa molto al barista o al negoziante: per attivare un POS ci vogliono in media oltre i 2 mila euro l’anno, scrive il Corriere, per un peso medio del 2% sui ricavi. L’esercente poi sostiene una percentuale o una cifra fissa per ogni transazione elettronica effettuata dal cliente.

“Permettiamo ai clienti di pagare con bancomat anche il caffè per non perderli, ma sta al buon senso di ognuno capire che noi ci così non ci guadagniamo”, confessa il gestore di un bar di Roma che preferisce non essere identificato.

Nel giugno 2015, l’Unione Europea ha introdotto una regolamentazione sulle interchange fees . Ogni volta che usiamo una carta di credito, debito o prepagata, la banca del negoziante paga una commissione chiamata interchange fee alla banca che ha emesso la carta. Questi balzelli non fanno altro che aumentare i costi della transazione. Sono stabilite dai circuiti (Visa o Mastercard, per esempio) e dalle banche stesse, senza possibilità per l’esercente di avere voce in capitolo.

Con la normativa europea si stabilisce un tetto unico alle commissioni interbancarie: 0,3% del valore dell’operazione per le transazioni con carta di credito, 0,2% per i pagamenti con bancomat, allo scopo di far risparmiare i commercianti (e quindi anche i cittadini). Commissioni, quindi, molto più basse dello 0,5%-1% per le operazioni con Bancomat e dell’1- 2,5% per le operazioni con carta di credito attuali.

L’italia è obbligata a recepire questa norma entro il 31 gennaio 2018. “Molto spesso l’esercente non è preparato o non è bene a conoscenza di questo quadro, e quindi non contratta con le banche delle commissioni più convenienti” spiega Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio mobile Payment&Commerce.

“Il lavoro che fanno gli istituti con le confederazioni di esercenti diventa quindi uno strumento fondamentale per istruire gli stessi commercianti. C’è poca cultura dei pagamenti elettronici e bisogna quindi lavorare congiuntamente (banche, istituzioni, governo e scuole) per fare capire che pagamento elettronico è un beneficio”.

“Non è semplicissimo capire quanto e come spendiamo con il POS neanche dagli stessi siti delle banche”, conferma Micaela Sollazzo, che ha aperto da un anno un negozio di abbigliamento a Torino in società con un’amica. “Noi abbiamo optato per uno dei bancomat elettronici nuovi , che costa fisicamente molto meno, ma che ti obbliga a disporre di una connessione Internet in negozio”.

“Le banche dovrebbero incentivare esercenti e cittadini ad usare i pagamenti elettronici”, commenta Valeria Portale. “Il costo POS è molto variabile, e non ci sono massimali o minimi per le commissioni (le forchette sono molto ampie), ma ciò che è sicuro è che dovrebbe essere anche percepito come una comodità e una semplificazione della vita”.

IL CONTANTE COSTA 9.5 MILIARDI ALL’ITALIA OGNI ANNO

Secondo recenti stime dell’Osservatorio sopracitato, la gestione del contante costa all’Italia circa 9,5 miliardi di euro ogni anno, tra trasporto, gestione, sicurezza, prelievo, deposito, furti e smarrimenti.

“È nella logica delle cose che la moneta elettronica soppianti la moneta tradizionale”, commenta l’avv. Sarzana. “Al momento, realisticamente dovremo aspettare almeno 3 anni per vedere qualche risultato: almeno fino al 2018, quando la legge di delegazione comunitaria dovrà essere applicata pena una procedura di infrazione”.

In questa direzione, scrive Repubblica , “va letta la decisione assunta a maggio dalla Banca Centrale Europea, in base alla quale dal 2018 cesserà l’emissione di nuove banconote dal taglio di 500 euro. Nel frattempo l’Olanda, l’Irlanda e la Finlandia hanno invece deciso di intervenire sui tagli più piccoli, con lo stop al conio delle monetine da 1 e 2 centesimi. La Svezia si avvia a diventare nel giro di pochi anni sostanzialmente una cashless society (sette volte il dato italiano dei pagamenti elettronici annuali) e nel Regno Unito già lo scorso anno le transazioni elettroniche hanno superato quelle in contanti, con l’obiettivo di arrivare a due terzi del totale nel giro di un lustro o poco più”.

Secondo Sarzana, in Italia, al momento, “il difetto legislativo si associa ad una mancanza di coraggio nel fare determinate scelte che inciderebbero sulle commissioni bancarie”.

Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino, parte dell’Italian E-Payment Coalition, esemplifica l’attuale situazione parlando dei taxi che in molti casi sono sprovvisti di Pos anche per corse da 48€ per l’aeroporto di Fiumicino. “Abbiamo lanciato una piccola provocazione, dicendo ai romani di rifiutarsi di pagare in questi casi”. (attenzione però: bisogna farlo prima o poi, n.d.r.)
“Siamo in un limbo”, aggiunge, “per cui chi ha il diritto di pagare in maniera elettronica, non ha gli strumenti per esigerne il rispetto”.

IL CASO VIRTUOSO

C’è da dire che laddove associazioni di categoria hanno fatto azione di lobby positiva, si sono ottenuti dei miglioramenti per abbattere i costi a carico dei commercianti, come spiega lo stesso Longo.

Nell’empolese, per esempio , Confesercenti ha siglato un accordo con Deutsche Bank che permetterà ai negozi che utilizzeranno strumenti elettronici per i pagamenti di avere forti sconti, in grado di far risparmiare mediamente 83 euro al mese, e quasi 1000 euro in un anno per esercizio.

“Sono vantaggi importanti dal punto di vista economico ma anche sotto l’aspetto della sicurezza. Chi utilizza il Pos ha meno contanti in cassa e spesso è meno soggetto a furti e rapine”, affermano i responsabili dell’istituto bancario.

LE STRADE PERCORRIBILI

L’infrastruttura contactless è ormai pronta: i Pos sono raddoppiati nell’ultimo anno e le carte abilitate sono passate nello stesso periodo da 12 a 20 milioni. Crescono anche i Mobile POS attivi, che dai 45.000 a fine 2014 sono diventati 70.000 unità a fine 2015 (+56%) e transano circa 500 milioni di euro (erano 100 milioni nel 2014).

Necessario è però, secondo gli esperti, creare una vera e propria cultura digitale che coinvolga tutti gli attori in gioco. “La politica adotttata finora è sbagliata”, afferma Valeria Portale. “Lavorare solo per sanzioni senza prevedere incentivi non spinge all’adozione dei pagamenti elettronici. All’estero si incentiva pagando il costo del POS o lo stesso consumatore”.

Un fronte seguito da alcuni Paesi riguarda infatti gli sconti su acquisti con pagamenti elettronici per i consumatori. Parliamo per esempio di Colombia e Uruguay, dove sono previste riduzioni dell’Iva.

In Corea del Sud sono state attivate detrazioni fiscali del 20% per le spese effettuate con carta. “In tutti questi casi i minori introiti per lo Stato conseguenti alle agevolazioni sono stati più che compensati dall’emersione del nero e dai minori costi per la gestione del contante”, scrive il giornalista Luigi dell’Olio.

“Sono tanti gli strumenti che il mondo politico potrebbe attuare se realmente credesse nei pagamenti elettronici”, conclude il Direttore dell’Osservatorio mobile Payment&Commerce. “Se andiamo avanti senza incentivi forti da parte dello stato o delle banche, ci vorranno anche più di dieci anni per pagare il famoso caffè col bancomat”.

Lillo Montalto Monella

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